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«O si legalizzano i flussi migratori, o continueremo a contare i morti»

Nel suo libro "Il secolo mobile" Gabriele Del Grande traccia la storia della migrazione illegale e fa una proposta controcorrente
Nel suo libro "Il secolo mobile" Gabriele Del Grande traccia la storia della migrazione illegale e fa una proposta controcorrente

Il fenomeno migratorio è un tema complesso da affrontare, sia per gli attori direttamente coinvolti che per i governi. Il «chiudere tutto» è un'invocazione che viene pronunciata sempre più spesso, non solo da una parte dell'opinione pubblica ma da un numero sempre maggiore di cancellerie.

C'è invece chi, da osservatore di quello che sta accadendo in tutto il Vecchio Continente e non solo, suggerisce una lettura differente del fenomeno e, soprattutto, una risposta alternativa e che qualcuno potrebbe giudicare provocatoria. Si tratta di Gabriele Del Grande, autore di "Il secolo mobile". Edito da Mondadori, racconta la storia dell'immigrazione illegale in Europa a partire dall'Ottocento e fino a oggi. Lo abbiamo intervistato.

A fasi alterne Lampedusa sembra tornare al centro dell'intero discorso sulla migrazione, anche in Svizzera. È accaduto ancora tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno.
«Per quanto riguarda l'Italia, esiste la realtà ed esiste la comunicazione. Fino a poche settimane prima della serie di sbarchi la strategia del governo era silenzio. Quest'anno abbiamo avuto un numero record di arrivi via mare e nessuno ne parlava. Compresi i campioni della comunicazione anti-immigrati, come Salvini e Meloni».

Cosa è successo?
«A Lampedusa c'è stata una crisi operativa, non una crisi di sistema. Nel 2016 (c'era il governo Renzi) ci sono stati gli stessi sbarchi di quest'anno, ma con un dispositivo di salvataggio in mare, con le navi della Marina militare e la distribuzione nei vari porti d'Italia. Quest'anno non c'è stata questa gestione. In più si sono create dinamiche interne alla maggioranza di governo, che hanno fatto sì che Salvini si portasse Le Pen a Pontida e Meloni fosse a Lampedusa con von der Leyen».

Il caso Lampedusa giustifica l'enorme attenzione mediatica che ha avuto?
«I numeri dell'anno scorso sono abbastanza oggettivi: 300mila arrivi senza visto in tutto il bacino del Mediterraneo (Italia, Grecia, Spagna e rotta balcanica) contro tre milioni di ingressi regolari. L'immigrazione via mare dei senza visto fa molto rumore e sopra ci si costruiscono campagne di comunicazione politica, ma si parla più o meno del 10% dei flussi regolari in entrata, che sono soprattutto ricongiungimenti familiari o visti turistici che vengono lasciati scadere e ci si regolarizza con le domande d'asilo. Questo per dire che l'immigrazione è destinata a raddoppiare nel prossimo ventennio, ma succederebbe comunque, anche senza gli arrivi di chi è privo di visto».

Quello dell'asilo è un tema sensibile anche a queste latitudini.
«Nel 2022, a livello europeo, abbiamo un milione di richieste di asilo politico a fronte dei 300mila ingressi menzionati prima. Quindi i conti non tornano. Quei 700mila che mancano sono arrivati con un visto turistico e parliamo quindi di persone del ceto medio-alto. Giungono in silenzio negli aeroporti e li troviamo su ogni aereo che arriva in Europa dal sud del globo. Lo dico per spiegare che c'è un pezzo di mondo che di fatto non ha accesso a canali legali per spostarsi. È così che spesso l'asilo diventa una sorta di ultima sanatoria per mettersi in regola, oltre che una fabbrica di clandestinità».

In che senso?
«Oltre metà delle domande di asilo vengono bocciate perché i soggetti non rientrano nella definizione di rifugiato. Sono tutte persone che si trovano senza documenti, senza poter affittare una casa. Una dinamica assurda che si vede in tutta Europa è questa: ci sono paesi che hanno necessità d'importare lavoratori, ma non li vogliono da certe parti del mondo. Il problema vero secondo me è proprio questo: c'è un tentativo della politica, sostenuto da una bella fetta della società, di far coincidere la linea del confine con la linea del colore».

Si fa quindi una distinzione tra un'immigrazione "accettabile" oppure no?
«Si vorrebbe che l'immigrazione arrivasse soltanto da certe parti, vedi l'Est europeo o l'America latina. L'immigrazione nera fa paura, quella islamica fa paura, l'immigrazione asiatica fa paura. C'è gente che ancora pensa che esista l'opzione di vietare alle persone di uscire dalle "riserve". Uso provocatoriamente questo termine, ma è l'idea alla base dei visti: vietare i viaggi ai poveri del Sud globale. Solo che viviamo in un mondo globalizzato, dove alla fine un modo per viaggiare lo si trova».

Come andrebbe quindi affrontato il fenomeno migratorio?
«O lo si governa legalizzandolo, riconoscendo il diritto di tutti a spostarsi. Oppure continueremo a contare i morti».

Quella di regolare i flussi "scegliendo" chi può entrare, come ha accennato Ursula von der Leyen, è una ricetta che funziona? De Gaulle non aveva provato a fare qualcosa di simile nel secondo dopoguerra?
«Non funzionò all'epoca di De Gaulle e non funzionerà nemmeno adesso. Ma il pensiero di von der Leyen è più sottile e abbastanza condiviso e bipartisan: è l'idea che da certe parti del mondo si debba selezionare, da altre no. Ricordiamolo: in quasi tutta l'America latina, nei Balcani e nell'Europa orientale ci sono accordi di liberalizzazione dei visti. Dopo quello che è successo in Ucraina sono arrivati quattro milioni di rifugiati: nessuno se li è andati a scegliere».

Come valuta l'idea dei corridoi umanitari dall'Africa?
«Da un lato è un'idea nobile, dall'altro suona come il voler andare lì a scegliere i meritevoli, i "perfetti" profughi da portare nel mondo libero per tenere in vita il mito della democrazia che va a salvare i rifugiati dalle dittature. Un po' come si faceva, con tanta retorica, ai tempi della Guerra fredda. Dimenticandosi che, oggi, si spostano di più all'estero i giovani dei paesi ricchi rispetto a quelli delle nazioni più povere. Viaggiare è un valore aggiunto, non un'eccezione per i disperati».

Ha senso militarizzare il confine, come ha brevemente fatto la Francia con l'Italia negli scorsi mesi?
«Ma no, anche lì sono provvedimenti spot. C'è una competizione interna fra i partiti che si gioca sulla pelle delle persone. In quel caso è Macron che rincorre Le Pen».

Nel libro ricorda che, per cinquant'anni, ci si poté spostare liberamente senza passaporti e visti.
«Una stagione che finì con la Prima guerra mondiale. La libera circolazione, in realtà, è il futuro. È il paradigma delle aree comuni e dei mercati in giro per il mondo. Già adesso ci sono diverse decine di paesi che hanno eliminato i visti da un paese all'altro. Ci sono trenta milioni di immigrati che si muovono in Africa. Il problema è capire quando avverrà una liberalizzazione, ma in futuro si andrà inevitabilmente in quella direzione: gli immigrati nel mondo diventeranno 400 milioni e non ci sarà barriera burocratica che tenga».

Nell'appendice del volume lei avanza una "modesta proposta": di che si tratta?
«Faccio quella che sembra una proposta shock: togliere tutte le restrizioni alla mobilità degli esseri umani. Che è poi il modello dell'Unione europea e di tutte le aree di libera circolazione del mondo. Proviamoci perché, numeri alla mano, all'inizio c'è un'impennata ma alla fine è il mercato del lavoro che regola effettivamente chi si ferma e chi rientra nel paese d'origine. L'altro ragionamento che faccio è questo: siamo sicuri che le frontiere sono chiuse? Siamo sicuri che chi sbarca a Lampedusa è l'avanguardia delle orde che arriveranno? O, invece, la verità è che quelli che arrivano a Lampedusa sono gli ultimi della fila, quelli che non hanno abbastanza risorse?».

Le leggi della domanda e dell'offerta di manodopera sarebbero davvero sufficienti per regolare il fenomeno?
«Spostare il proprio corpo nel mondo: è un diritto o un privilegio? Una volta chiarito questo, dobbiamo considerare che ci sono delle statistiche che riguardano il potenziale migratorio. Ovvero i dati di coloro che vorrebbero andarsene, in un futuro o anche subito se avessero i documenti, eccetera. In uno scenario di totale libertà di movimento i numeri, dopo la fiammata dei primi anni con un raddoppio degli ingressi, non sono affatto spaventosi. Ripeto: sarebbe il mercato a regolare autonomamente la richiesta. Poi i percorsi migratori sono sempre più brevi e circolari. Chi se ne andava, una volta, lo faceva per sempre. Ora non è più così».

Con la libera circolazione globale si andrebbero a distruggere i traffici criminali delle persone?
«Oggi una famiglia investe cinquemila dollari sul figlio per mandarlo nel deserto e poi in mare, per corrompere le guardie libiche dopo un viaggio di un anno. Traumatizzata, quella persona si trova poi in balìa dei servizi sociali, in attesa che arrivi l'esito della richiesta di asilo. Nell'altro caso si spende la stessa cifra, o anche meno, per un biglietto aereo verso la destinazione prescelta. Se trova un lavoro, rimane. Altrimenti ritorna in patria e lo va a cercare altrove».


Appendice 1

Gallery


REUTERSMigranti all'hotspot di Lampedusa.

AFPVon der Leyen e Meloni a Lampedusa.

AFPLa polizia francese presidia la frontiera con l'Italia.

AFPMigranti a Calais.

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