Cerca e trova immobili

Perchè israeliani e palestinesi si odiano? Tutto quello che c'è da sapere

Constrasti che hanno radici lontane. Due Stati che non riescono a darsi pace. Tutte le tappe di una storia fatta di guerre e sangue.
Constrasti che hanno radici lontane. Due Stati che non riescono a darsi pace. Tutte le tappe di una storia fatta di guerre e sangue.

“Israeliani e palestinesi non hanno bisogno di erigere un muro che li separi: hanno bisogno di abbattere il muro che li divide”. Lo ha scritto lo scrittore israeliano David Grossman e mai, come in queste settimane, il miraggio della pace tra questi due popoli appare lontano. Quanto accade in Medio Oriente è il frutto di tanti errori commessi in passato che, complice anche il disinteresse dei Paesi occidentali, si presentano nuovamente sotto la forma di massacri di civili inermi, di ospedali e scuole bombardati senza alcun rispetto del diritto internazionale.

 

Deposit

Il sogno di due Stati - Con riguardo a quanto sta accadendo in Medio Oriente, i leader della terra sono tornati a invocare la soluzione 'due Stati per due popoli', e c'è stato un momento in cui si è arrivati vicini a questa storica soluzione. Se è vero, infatti, che esiste lo Stato di Israele manca un elemento indispensabile per la pacificazione dell'area: la creazione di un legittimo Stato palestinese. Il perché ciò non sia avvenuto, e la popolazione palestinese viva ancora in condizioni inumane in campi profughi o terre indebitamente occupate, affonda le radici nel passato, e in un concatenarsi di eventi storici ed errori diplomatici che hanno portato direttamente alla situazione attuale.

Una terra di conquista - La Palestina è stata terra di conquista per Assiri, Babilonesi, Persiani, Greci e Romani. Intorno al V secolo entrò a far parte dell'Impero bizantino, per poi venir conquistata dagli Arabi, intorno al VII secolo. Teatro di crociate fino al XII secolo, venne assorbita dal vasto Impero Ottomano nel Cinquecento, facendone parte per quattrocento anni fino a quando, dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale, venne affidata in mandato alla Gran Bretagna, nel 1922, dalla Società delle Nazioni. Negli ultimi due decenni dell'Ottocento, si iniziarono a formare in Palestina delle nuove comunità di ebrei in fuga dall'Europa Orientale a causa delle persecuzioni razziali.

Imago

La terra promessa - Nel 1904, uno dei più famosi scrittori ebrei dell'epoca, Israel Zangwill, pronunciò, a New York, il suo storico discorso in cui proclamava la necessità, per il popolo ebraico, sparpagliato nei diversi paesi europei, di creare una propria nazione nella “terra promessa”, ossia la Palestina, che secondo lo scrittore si sarebbe dovuta conquistare con la forza. Per le sue posizioni belligeranti, Zanwill venne espulso dal movimento sionista che, fondato nel 1897 da Theodor Herzl e formato inizialmente da filantropi e intellettuali, auspicava a un ritorno in 'Patria' “senza espropriare gli abitanti della Palestina delle proprie terre”. Sponsorizzati da famiglie influenti, come i Rothschild, un numero sempre crescente di ebrei presero a emigrare in Palestina, anche per sfuggire le persecuzioni razziali nei loro confronti.

L'occhio della Gran Bretagna - Come detto, alla fine del Primo conflitto mondiale, fu dato il Mandato di Palestina alla Gran Bretagna che, favorevole alla costituzione di uno Stato ebraico, divise il territorio in due parti: nella parte est istituì la Transgiordania, successivamente chiamata Giordania, mentre a ovest permise la nascita di sempre maggiori insediamenti ebraici, pur promettendo tutela alla popolazione palestinese presente nella zona. La migrazione ebraica proveniente dal continente europeo andò a intensificarsi intorno agli anni Trenta del Novecento, soprattutto a seguito dell'ascesa del regime fascista e nazista, fino a subire una drammatica accelerazione a seguito dell'Olocausto del popolo ebraico durante la Seconda Guerra Mondiale. Il flusso migratorio crescente, e il malcontento della popolazione locale per l'espropriazione delle proprie terre, trasformò la questione palestinese in un problema gravoso per la Gran Bretagna che, incapace di mantenere l'ordine nel territorio, rassegnò il proprio mandato, affidando la risoluzione del problema all'Onu.

Due Stati divisi - Nel 1947, l'Organizzazione delle Nazioni Unite approvò la risoluzione 181, il Piano di partizione della Palestina, nella quale si stabiliva la costituzione di due Stati sulla stessa terra: uno Stato ebraico e uno arabo, con Gerusalemme posta sotto il controllo internazionale. Il territorio assegnato allo Stato ebraico, che si doveva estendere da Haifa e Rehovot fino al deserto del Negev, era decisamente più ampio di quello riconosciuto alla popolazione palestinese che si sarebbe dovuto estendere dall'ovest della Galilea, i monti della Cisgiordania e il tratto meridionale della costa con una parte del deserto lungo la frontiera egiziana.

Deposit

Il malcontento palestinese - Il fatto che il territorio assegnato alla comunità ebraica fosse sensibilmente più ampio, e comprendesse l'80% dei terreni cerealicoli e il 40% dell'industria della Palestina, suscitò un forte scontento tra la popolazione araba che respinse il Piano formulato dall'Onu. Un'altra critica mossa alla soluzione delle Nazioni Unite riguardava il tracciato di frontiera, che avrebbe portato a inglobare la maggior parte dei villaggi ebraici all'interno dello Stato ebraico mentre ciò non sarebbe successo con lo Stato arabo che, tra le altre cose, era stato privato di uno sbocco sia sul Mar Rosso che su Mar di Galilea, la principale risorsa idrica della zona. Le nazioni arabe si rivolsero, quindi, alla Corte internazionale di giustizia, sostenendo che le Nazioni Unite non avessero la competenza per decidere la ripartizione dei territori palestinesi, ma il ricorso fu respinto.

Il disastro arabo - Il 14 maggio del 1948, poco prima del ritiro britannico, David Ben Gurion, divenuto primo ministro, dichiarò l'indipendenza dello Stato ebraico con l'appoggio di diverse nazioni, tra le quali gli Stati Uniti e l'Unione sovietica. Il giorno seguente, quando le truppe britanniche abbandonarono il territorio, delle truppe provenienti dall' Egitto, Transgiordania, Siria, Libano e Iraq, entrarono in Palestina per affrontare l'esercito israeliano che uscì vincitore dallo scontro. Migliaia di civili palestinesi furono costretti a fuggire, o vennero cacciati dalle proprie terre, in quella che è passata alla storia come Nakba, in arabo 'disastro' o 'catastrofe', ossia un esodo forzato di oltre 700 mila persone che persero ogni diritto sulle proprie terre.

ImagoUn'immagine di distruzione : è la guerra del maggio del 1948

L'espansione ebraica - Israele, forte della vittoria militare, inglobò sempre maggiori parti di territorio e Giaffa, storica città araba, divenne un quartiere di Tel Aviv, mentre la città portuale araba di Haifa venne occupata da diversi insediamenti israeliani. Alla fine del 1948, l'Onu adottò una nuova risoluzione che garantiva ai palestinesi il diritto di far ritorno alle proprie case, ma tale decisione non venne accettata da Israele che voleva costringere la popolazione palestinese a trasferirsi negli Stati arabi limitrofi. Negli anni a seguire, la tensione nell'area mediorientale rimase alta, con migliaia di profughi palestinesi privati delle proprie terre e un incremento degli arrivi di ebrei in Israele, provenienti dall'Europa e dai vicini Paesi arabi, che andarono ad ampliare gli insediamenti ebraici del territorio.

La nascita dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina - Nel 1964, con il sostegno della Lega Araba venne istituita l'Olp, ossia L'Organizzazione per la Liberazione della Palestina che si prefiggeva lo scopo di creare uno Stato palestinese libero e autonomo. Nel suo Statuto, l'Olp dichiarava che “la Palestina all'interno dei confini che esistevano al momento del mandato britannico è una singola unità regionale”, e faceva esplicito riferimento al diritto al ritorno e all'autodeterminazione del popolo palestinese. Uno dei suoi leader più famosi fu sicuramente Yasser Arafat il quale, negli anni, riuscì a imporre la questione palestinese agli occhi dell'opinione pubblica mondiale.

ImagoPrigionieri arabi durante la guerra di giugno 1967

La guerra del 1967 - Nel giugno del 1967 scoppiò un nuovo conflitto arabo-israeliano, passato alla storia come 'la Guerra dei sei giorni', che vide contrapposti Israele e le nazioni confinanti, quali Egitto, Siria e Giordania. Al termine del conflitto, Israele aveva conquistato la penisola del Sinai e la Striscia di Gaza dall'Egitto, la Cisgiordania e Gerusalemme Est dalla Giordania e le alture del Golan dalla Siria. Il nuovo assetto politico del territorio non portò che ulteriori conseguenza negative per i palestinesi. Con la risoluzione 242, le Nazioni Unite cercarono di trovare un compromesso tra le due parti in causa subordinando il ritiro israeliano dai territori occupati allo stabilizzarsi di una pace “giusta e duratura” ma, anche in questo caso, non si addivenne ad una soluzione condivisa del conflitto.

La morte scorre lungo il canale di Suez - Il mancato ritiro delle truppe israeliane dai territori occupati, e l'intensificarsi dell' attività di resistenza da parte dei palestinesi, portò ad una lunga guerra di attrito lungo il Canale di Suez che, dalla crisi del 1956, vide scoppiare numerosi conflitti tra Israele e i Paesi arabi che culminarono con la guerra denominata dello Yom Kippur, nell'ottobre del 1973, durante il quale l'Egitto e la Siria attaccarono Israele oltrepassando il canale di Suez e penetrando nel Golan. Lo Stato ebraico respinse l'invasione, penetrando a sua volta in territorio egiziano, ma l'intervento di Henry Kissinger, allora Segretario di Stato degli Stati Uniti e di Leonid Breznev, all'epoca Segretario Generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, riuscì ad evitare il degenerare del conflitto, e ad imporre il cessate il fuoco alle parti in causa.

Imago

La prima pace tra Egitto e Israele - La crisi scoppiata nell'ottobre del 1973 ebbe una sua conclusione solo il 17 settembre del 1978, quando vennero siglati gli Accordi di Camp David, firmati dal presidente egiziano Anwar-al Sadat e dal Primo Ministro israeliano Menachem Begin, che sancirono la pace tra Egitto ed Israele. La prima parte degli Accordi prevedeva la piena attuazione della risoluzione 242 e la costituzione di una autorità autodeterminante in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Nel secondo accordo si prevedeva il ritiro di Israele dalla penisola del Sinai, sotto la vigilanza di una forza multinazionale, ottenendo, in cambio, il libero passaggio del canale di Suez e di altri corsi d'acqua nelle vicinanze.

Un attentato e una morte illustre - A seguito della firma di tali accordi, l'Egitto venne escluso dalla Lega Araba e il presidente Sadat fu ucciso in un attentato terroristico il 6 ottobre del 1981. Gli stessi, non furono comunque risolutivi per la pace in Medio Oriente dato che in essi non veniva riconosciuta una indipendenza nazionale al popolo palestinese, e ciò portò, negli anni a seguire, ad una nuova conflittualità tra questi due popoli. A partire dagli anni Settanta del Novecento, i governi israeliani approvarono e finanziarono la costruzione di insediamenti civili all'interno dei territori occupati, soprattutto nella Striscia di Gaza ed in Cisgiordania. In concomitanza con la costruzione di tali nuovi insediamenti crebbe anche la presenza delle Forze di difesa israeliane all'interno di tali territori.

La prima intifada - Nel 1979, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite condannò all'unanimità tali iniziative israeliane dichiarando, nella Risoluzione n 446, che “le azioni israeliane atte a stabilire degli insediamenti all'interno dei territori palestinesi occupati dal 1967 non hanno alcuna valenza legale”, ma la mancanza di una soluzione concreta per la questione palestinese portò, nel 1987, allo scoppio della Prima Intifada, parola araba che significa 'sommossa', una vera e propria rivolta popolare condotta tramite scioperi, gesti di disobbedienza civile, boicottaggio dei prodotti israeliani e scontri con le forze armate israeliane condotta con il lancio di pietre. Nello scontro persero la vita circa duecento israeliani e oltre due mila palestinesi, uccisi da soldati israeliani e coloni.

Il mondo condanna Israele - Il 22 dicembre del 1987, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite condannò Israele per aver violato la convenzione di Ginevra, a causa dell'altissimo numero di palestinesi morti nel corso delle prime settimane di Intifada. Dopo decenni di conflitti e lotte politiche, le due parti in causa si trovano arroccate sulle proprie posizioni che vedevano i Palestinesi chiedere il riconoscimento di un proprio Stato libero, e la fine dell'occupazione militare sui propri territori, e lo Stato di Israele deciso a difendere le proprie conquiste territoriali. In questo scenario così drammatico, riuscì comunque a farsi spazio la volontà di percorrere nuovamente la via diplomatica per una risoluzione del conflitto, ed il 13 settembre del 1993 vennero sottoscritti, dal capo dell'Olp Yasser Arafat e dal Primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, gli accordi di Oslo con lo scopo di porre fine all'Intifada e dare avvio ad un processo di pace israelo-palestinese.

Imago

Un cammino tortuoso verso la pace con gli accordi di Oslo - In sostanza, gli accordi prevedevano il ritiro delle forze israeliane da alcune aree della Striscia di Gaza e Cisgiordania, e ribadivano il diritto dei palestinesi ad avere un proprio autogoverno in tali aree attraverso la creazione dell'Autorità Nazionale Palestinese. I negoziati proseguirono fino al 1995 con gli accordi di Oslo II, che avrebbero dovuto ampliare l'autogoverno palestinese attraverso l'Autorità Nazionale Palestinese sui territori di Gaza e Cisgiordania. Tuttavia, delle questioni molto importanti, quali lo status di Gerusalemme, la situazione dei profughi palestinesi e la presenza degli insediamenti israeliani, vennero deliberatamente lasciati fuori dagli accordi e lasciati in sospeso in vista di una possibile risoluzione futura. Gli accordi di Oslo furono intesi come una base da cui partire per costruire, negli anni, una pacificazione dell'area e la costituzione di due entità politiche autonome, ma scontentarono le frange più radicali presenti in entrambi i fronti, tanto che lo stesso Rabin cadde vittima di un attentato da parte di un giovane nazionalista israeliano due mesi dopo la sottoscrizione degli accordi di Oslo II.

Il Muro del Pianto: simbolo religioso e ostacolo alla pace - Nel 1996, il leader del Likud, il partito di estrema destra israeliano, Benjamin Netanyahu, dopo esser stato eletto primo ministro decise, nonostante le critiche interno al partito e le proprie personali titubanze, di far ripartire il processo di pace concludendo, con Arafat, un accordo nel 1998. Perse le elezioni nel 1999, Netanyahu venne sostituito da Ehud Barak che si dimostrò più propenso a portare a compimento tale processo. Nel 2000, Arafat e Barak si recarono nuovamente a Camp David per siglare nuovi accordi di pace che, tuttavia, fallirono a causa dell'impossibilità di risolvere la complicata questione sullo status giuridico di Gerusalemme. Il leader palestinese era, infatti, deciso ad ottenere il riconoscimento di Gerusalemme Est, con al suo interno la moschea di Al-Aqsa, quale capitale dello Stato di Palestina, ma la richiesta venne rifiutata dal ministro israeliano che non volle rinunciare ad una zona di così alto significato religioso per il popolo ebraico a causa della presenza dei resti del cosiddetto Muro del Pianto.

Operazione 'Scudo protettivo': quando Israele circondò la Palestina - Nel 2000, si scatenò una seconda Intifada che si diffuse rapidamente a Gaza e in Cisgiordania, e fu oggetto di una feroce repressione militare israeliana, condannata anche a livello internazionale. Nel 2002, Israele lanciò l'operazione 'Scudo protettivo', e in pochi giorni circondò sei grandi centri abitati palestinesi, tra cui Jenin dove si svolse una drammatica battaglia. Nel 2005, il governo ebraico iniziò la costruzione di un muro di separazione tra Israele e la Cisgiordania, senza mai revocare l'embargo posto all'ingresso di merci e la forte limitazione al diritto di spostamento degli abitanti dei territori occupati.

Una pace impossibile - Negli ultimi decenni, come è noto, ci si è sempre più allontanati dalla possibilità di poter riprendere un processo di pace, e stringere degli accordi volti al ripristino dell'originario progetto 'Due popoli due Stati'. L'invasione di Gaza del 2014, ad opera delle forze militari israeliane con lo scopo di limitare il potere d'azione di Hamas, l'autorità politica di riferimento della Striscia, ha esacerbato ancora di più gli animi fino alle drammatiche conseguenze dei giorni nostri dove l'adozione di una soluzione che preveda l'esistenza di due Stati autonomi appare di drammatica urgenza.


Appendice 1

Gallery


Deposit

AFP

Deposit

Imago

Deposit

ImagoUn'immagine di distruzione : è la guerra del maggio del 1948

ImagoPrigionieri arabi durante la guerra di giugno 1967

Imago

Il presidente dell'Egitto, Muhammad Anwar al Sadat

Imago

ULTIME NOTIZIE FOCUS