Quasi un morto al giorno. Vengono chiamati i crimini invisibili. Storie di vita transgender tra violenze, omicidi e prostituzione.
«Ho paura che la gente la chiami mostro, la picchi e la maltratti. Mi sento fortunata ogni volta che torna a casa». In queste parole, vi è tutto lo strazio di Thamyris Nunes, la mamma di Agatha, una bambina transgender brasiliana. Una madre consapevole di dover allevare sua figlia nel Paese più pericoloso al mondo per le persone transgender e appartenenti alla comunità LGBTQ+.
Quasi un morto al giorno - In Brasile sono state uccise 321 persone trans tra il primo ottobre del 2022 e il 30 settembre del 2023. Secondo il rapporto annuale dell'Associazione nazionale travestiti e transessuali, Antra, consegnato al ministero dei Diritti Umani, in Brasile nel 2023 vi è stato un aumento del 10% rispetto all'anno precedente dei delitti commessi a danno delle persone transgender. Secondo tale rapporto, nel 94% dei casi sono state uccise persone che si identificavano nel genere femminile, nel 53% dei casi si trattava di persone di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, il 57% era coinvolta in attività di prostituzione, e nel 74% dei casi si trattava di persone afro-discendenti. L'aspettativa di vita dei transessuali in Brasile è di soli 35 anni, e la situazione, come mostrano i dati appena elencati, continua a peggiorare.
Un crimine invisibile - Secondo il rapporto Transgender Europe (Tgeu), il 70% di tutti gli omicidi registrati a danno di tale categoria di persone si sono verificati in America Latina, con il 33% di essi avvenuti principalmente in Brasile e Messico. Tali numeri, poi, sono solo orientativi perché mancano dei dati ufficiali sull'entità del problema, motivo per cui è quasi certo che le persone transgender uccise nel 2023 siano molte più di quanto si creda. Secondo Kaio de Souza Lemos, coordinatore della rivista Trans Studies e del Transmaculinities Brazilian Institute, il fatto che non esistano dei rapporti di polizia sugli omicidi compiuti a danno della persone transgender rende “questo crimine invisibile”.
Una politica machista - Per il quindicesimo anno consecutivo il Brasile si conferma come il Paese al mondo dove vengono uccise più persone transgender, e a ciò ha concorso notevolmente la politica machista, e per niente inclusiva, dell'ex presidente Bolsonaro che nulla ha fatto per poter fornire a tali persone delle strutture di sostegno medico e psicologico, o varato norme di protezione a fronte della situazione di grave pericolosità in cui esse si trovano a vivere. Sempre secondo de Souza “l'ambiente politico è stato segnato da un fondamentalismo di eteronormatività che si rende evidente nella mancanza di dati sulla violenza contro la popolazione queer”. Come dichiarato al Pulitzer Center da Helena Vieira, scrittrice e giornalista, “bisogna parlare di genocidio perché in Brasile la violenza contro le persone trans funziona così, mostrando i suoi numeri e, allo stesso tempo, nascondendoli come se ci fosse un tacito accordo per mettere a tacere su queste morti”.
Rifiutata dai taxisti - Come ricordato dalla stessa scrittrice, in una intervista pubblicata su Inside Over, la prima volta che ha indossato abiti femminili in strada “sono stata colpita da una banana e da bucce di mandarino lanciate dall'interno di un autobus, e un taxi ha rifiutato di prendermi a bordo. Sono stati i pochi metri più dolorosi della mia vita che ho dovuto percorrere, perché agli occhi degli altri è come se fossi stata un mostro. Ciò mi ha fatto vergognare di essere lì, in strada, nel modo in cui volevo essere”. Essere un transgender in Brasile “è come essere uno straniero in una terra che non ti vuole”, ha detto Vieira, consapevole che ogni passo in avanti nella lotta dei diritti delle persone transessuali sia il frutto di grandi sacrifici e dolore.
Sbattuti fuori di casa e costretti a prostituirsi - Nonostante, infatti, siano stati compiuti dei progressi, con l'elezione nel 2022 delle prime candidate transessuali al Congresso Federale, “molto rimane ancora da fare”, come affermato da Carolina Iara, politica e attivista afro-femminista.: “Vi sono ancora ragazzi trans che a 13 anni vengono sbattuti fuori di casa e sono costretti a prostituirsi per vivere”. A dispetto del fatto che, nel 2019, la Corte Suprema brasiliana abbia stabilito che l'omofobia, indirizzata però verso la comunità LGBTQ+ e non dei singoli individui, sia un crimine, e che i discorsi d'odio debbano essere puniti con il carcere, la protezione legale nei confronti della popolazione transgender continua ad esistere più dal punto di vista formale che sostanziale.
Dandara Dos Santos picchiata, torturata e uccisa - Nel 2017, il Paese era stato sconvolto dal barbaro omicidio di Dandara Dos Santos, una donna transgender uccisa, in pieno giorno a Fortaleza, da un gruppo di aguzzini che dopo averla picchiata e torturata, le hanno sparato due colpi di pistola in piena faccia, per poi accanirsi contro il suo cadavere con dei bastoni in legno. Gli assalitori hanno registrato l'aggressione con un cellulare, ed il video del pestaggio è stato pubblicato, poche ore dopo l'assassinio, su YouTube. Nel 2023, le cinque persone coinvolte sono state riconosciute colpevoli di crimine d'odio ma condannati a soli 16 anni di carcere, a conferma del fatto che le persone transgender siano di fatto privi di una protezione legale adeguata.
La paura di denunciare - La totale sfiducia nei confronti dell'operato delle forze dell'ordine, spinge tali persone a desistere dall'idea di denunciare gli atti di violenza a cui sono sottoposte, nella consapevolezza di essere trattate come cittadini di serie B. Ciò che viene denunciato dalle associazioni poste a tutela dei diritti delle persone transessuali, oltre al generalizzato atteggiamento ostile e razzista del personale di polizia, è la difficoltà di riempire i moduli di denuncia, e la mancanza di possibilità di poter indicare il proprio nome post transizione e il proprio orientamento sessuale. Queste lacune si ripercuotono anche sulla possibilità di acquisire dei dati certi sul numero dei casi di omicidio e violenza perpetuati a danno delle persone transessuali.
Famiglie senza alcun supporto - Le difficoltà per veder riconosciuti i propri diritti fondamentali, iniziano fin da quando, anche in età molto giovane, tali persone iniziano il proprio percorso di transizione. In un Paese di oltre 210 milioni di abitanti, esistono pochissimi centri pubblici per assistere bambini e adolescenti su questioni di genere e, come raccontato da Thamirys Nunes, fondatrice dell'associazione 'My trans child', a France24, “i transgender sono abbandonati a se stessi, senza politiche pubbliche di protezione o protezioni governative per combattere gli stupri e la violenza contro questi giovani. È assurdo”. Come ricordato ad Agencia Brasil dalla Nunes “nel mio stato nel Paranà ci sono state delle restrizioni che hanno impedito ai bambini trans di avere i loro nomi sociali annottati sulle loro carte d'identità. Quando ben cinque scuole diverse si sono rifiutate di accettare l'iscrizione di mia figlia, la polizia mi ha sconsigliato di sporgere denuncia dicendo che non si trattava di transfobia dato che mia figlia di otto anni non era transgender”. Le famiglie delle persone transessuali si sentono abbandonate a loro stesse, e si rivolgono alle poche associazioni che si battono per loro, come l'Ong fondata da Nunes. Come raccontato da Aline Melo, membro dell'associazione My child trans, “mio figlio quattordicenne Luiz è trans. E' orgoglioso di quello che è ma sa che non può essere sempre se stesso quando esce di casa”. In rischio c'è la vita.
L'attivista minacciata di morte, costretta a nascondersi - L'attivista transgender Fernanda Falcão ha dovuto lasciare il Brasile e rifugiarsi in Spagna a causa delle numerose minacce di morte ricevute a causa del suo impegno civile per i diritti LGBTQ+ . La donna è sfuggita ad un tentativo di rapimento ed ha avuto la casa crivellata di proiettili. Come transgender, Fernanda Falcão ha sperimentato anche la violenza fisica, la tortura, gli abusi sessuali ed un tentativo di omicidio che l'ha lasciata a terra tra la vita e la morte. “In Brasile-ha raccontato all'attivista su The Groundtruth project- viviamo un diverso tipo di guerra. Perché in una guerra almeno si ha il diritto di combattere mentre noi oggi veniamo sterminati senza alcun diritto di combattere o difenderci (…) La popolazione trans è sempre stata uccisa. La schiavitù dei nostri corpi ha solo cambiato il suo nome, distruggendo sempre più i nostri diritti e la nostra vita”.
“Resistere per esistere, esistere per reagire”, è il moto dell'associazione Antra, e di tutti coloro che vogliono che la società riconosca alle persone transessuali il pieno diritto di esistere. Cosa che in Brasile, come visto, non è per niente scontato.