Si chiamano "scam cities". Si trovano in Asia. Migliaia di lavoratori reclutati per giochi d'azzardo e vivono in condizioni di schiavitù.
«Nell'azienda in cui lavoro ci sono due tipi di attività: truffe online e gioco d'azzardo online.» ha dichiarato su Frontier Myanmar, Ko Htet, lavoratore a Shwe Kokko, città situata nella municipalità di Myawaddy, in Myanmar. Lavora tutti i giorni dalle 10 alle 22, inclusa una pausa pranzo di 45 minuti, e gli straordinari non sono mai conteggiati.
Fingersi amici: l'esperienza di Ko Htet - Ko Htet è una delle tante persone che, attirate da annunci di lavoro che promettono buone paghe a fronte di un lavoro nel settore tecnologico, si è trovato a lavorare in una delle tante scam cities, ossia le città fondate sulle truffe online, diffuse nel continente asiatico, dal Myanmar alla Thailandia, passando per la Cambogia e le Filippine. Attirare la clientela non è un compito facile. Si inizia con un messaggio amichevole su Whatsapp, e una volta conquistata la fiducia del potenziale giocatore lo si induce a scommettere somme di denaro sempre maggiori nei giochi online. «A volte devi far credere alla persona che sei un amico - racconta Ko Htet - dopo di che racconto alla persona di un'attività falsa creata dall'azienda per cui lavoro e la convinco a investire in essa». Una volta depositati i soldi, Ko Htet scompare velocemente, così come era comparso, garantendo introiti illeciti alle aziende che lucrano su tale tipo di truffe.
Scandali e ricchezze illecite - A Shwe Kokko, grazie agli investimenti miliardari di ricchi imprenditori cinesi sono sorte, in poco tempo, delle vere e proprie città del gioco d'azzardo: delle hub dove le truffe online e la schiavitù sessuale si mischiano in un cocktail esplosivo che va ad arricchire sempre più le tasche degli uomini d'affari e della criminalità locale. Il 13 agosto del 2022, dopo dieci anni di ricerche, è stato arrestato in Thailandia, su mandato internazionale, She Zhjiang, un ricco uomo d'affari cinese, accusato di aver guadagnato centinaia di milioni di dollari grazie a diverse operazioni illegali compiute attraverso dei casinò online di proprietà della società Yatai International Holdings Group, con sede a Bangkok, appartenente proprio a Zhjiang. La società incriminata avrebbe, negli ultimi anni, investito ingenti somme di denaro in progetti legati al gioco d'azzardo, sia nelle Filippine, Cambogia e Myanmar, movimentando, insieme ad altre società coinvolte in attività simili, un mercato da oltre 24 miliardi di dollari all'anno. Shwe Kokko si presenta, a tutti gli effetti, come una enclave cinese in terra birmana dove è possibile, per gli imprenditori cinesi di cittadinanza estera, in special modo cambogiana, veder crescere il proprio giro d'affari aggirando la legislazione cinese che vieta ai propri cittadini di gestire casinò online all'estero e promuovere casinò online in Cina.
Le condizioni di vita degradanti nei compound - Del fenomeno si è occupato anche il Post, in un suo recente articolo, nel quale si approfondiscono le condizioni di vita degradanti di questi nuovi schiavi informatici. Nell'articolo, a firma di Emanuele Giordana, viene raccontata l'epopea di Wei, giovane donna birmana, convinta ad accettare un lavoro di cui, neanche lei, conosce bene i dettagli. «Quando sono arrivata là - racconta Wei - mi hanno infilata in un compound dove dovevo passare ore al telefono. Il lavoro era pesante, ma quel che mi pesava di più era che non mi lasciavano uscire. Nel compound c'era tutto: ristoranti, parrucchiere, negozi, ma era vietato avere contatti con chi stava fuori». Il motivo di tanta riservatezza è presto spiegata: Wei era stata arruolata nelle fila dei nuovi schiavi che abitano le scam cities, le città delle truffe, e che, ogni giorno, con orari prolungati e paghe da fame, contattano i giocatori d'azzardo sparsi nel mondo per indurli a puntare dei soldi online promettendo guadagni che, ovviamente, non vedranno mai. Come riferito al giornalista del Post da Jason Tower, che lavora all'United States Institute of Peace, un centro di ricerca del Congresso americano che si occupa di questo recente fenomeno, «a Shwe Kokko, in Myanmar, c'è una popolazione di cyber schiavi che potrebbe contare circa tremila individui, reclutati su internet o in qualche agenzia a Bangkok». Come scritto dal South China Morning Post «nei compound la maggior parte delle vittime della tratta non ha idea di essere in Myanmar finché non è troppo tardi».
La testimonianza di Ly Thi Lan come cyber schiava - Di storie come quella di Wei o Ko Htet ce ne sono tantissime, e tutte raccontano di un disperato bisogno di lavorare e di sognare un futuro migliore rispetto a quello che possono offrire i propri Paesi d'origine. La storia di Ly Thi Lan, raccontata dal Guardian, è tristemente simile a quella di tanti altri cyber schiavi: in un annuncio su Facebook le viene offerto in Cambogia un lavoro il cui l'unico requisito richiesto è il possedere delle competenze informatiche. «Volevo solo andare lì per avere un lavoro migliore, guadagnare soldi per pagare una vita migliore» racconta la giovane che, nella speranza di potersi pagare le cure mediche di cui aveva bisogno, convince anche il marito a trasferirsi con lei. Una volta arrivata sul posto, però, Lan si rese conto di quale lavoro si trattasse in realtà: setacciare internet alla ricerca di potenziali vittime da ingannare, spingendole a investire dei soldi in delle truffe online. La verità è che Lan era stata venduta a una banda criminale che gestiva questi giri d'affari alla quale doveva fedeltà e obbedienza assoluta, tanto da essere minacciata «di essere portata all'ottavo piano dell'edificio, picchiata o fulminata» nel caso si fosse rifiutata di eseguire un lavoro. Trattenuta come una schiava, l'unica possibilità per la donna di riconquistare la propria libertà era quello di pagare un ingente riscatto.
Cambogia: un paradiso per il gioco d'azzardo e un inferno per i lavoratori - La situazione di questi lavoratori è così drammatica che gli Stati Uniti hanno classificato la Cambogia come un Paese ai massimi livelli di pericolosità per la tratta di esseri umani. Come riferito dal quotidiano inglese, le condizioni di queste persone, schiavizzate e in balia di bande criminali, è stata paragonata da Vitit Muntarbhorn, relatore speciale delle Nazioni Unite, come “un inferno in Terra”. Si parla di migliaia di casi, anche se le cifre reali, in mancanza di dati ufficiali, potrebbero essere ancora più elevate. È esemplificativo il caso di Sihanoukville, proprio in Cambogia, un tempo ambita meta turistica che, a seguito della crisi del settore dovuta alla pandemia da coronavirus, è stata trasformata in una enclave di casinò e alberghi di lusso per via degli ingenti investimenti cinesi. La modalità d'azione è sempre la stessa: si costruiscono dei compound dove vengono rinchiusi, nel vero senso della parola, i lavoratori che devono convincere il maggior numero possibile di giocatori a investire somme di denaro nei giochi d'azzardo online che promuovono.
L'inganno dei reclutatori - Come riferito dal Guardian, tra novembre 2021 e il marzo 2022, la polizia thailandese è riuscita a rimpatriare oltre mille cittadini thailandesi, pur non potendo contare sulla cooperazione delle autorità cambogiane essendo “la corruzione endemica” un ostacolo al lavoro delle forze dell'ordine, così come detto nel Trafficking in Persons Report statunitense. Nel rapporto pubblicato lo scorso anno, si evidenzia a chiare lettere come i siti web di annunci di lavoro siano utilizzati da “reclutatori e i trafficanti predatori” per individuare le fasce più deboli e bisognose della popolazione. «Questi reclutatori - è scritto nel report - possono impiegare anche tattiche ingannevoli prendendo di mira i lavoratori che non sono a conoscenza dei propri diritti (...) e sempre più spesso rappresentanti della criminalità organizzata con sede nella Repubblica Popolare Cinese si fingono intermediari per reclutare lavoratori in Africa orientale e Paesi asiatici con conoscenza della lingua inglese e background tecnico per promettenti lavori redditizi in Cambogia, Thailandia, Laos e altrove nella regione».
La prigionia delle "scam cities" - Al loro arrivo, così come visto nelle storie raccontate, i lavoratori vengono trasferiti in grandi complessi, noti come "scam cities", dove i loro passaporti vengono confiscati e subiscono violenza fisica e sessuale per costringerli a frodare i giocatori nelle truffe di criptovaluta online, in operazioni di gioco d'azzardo o proposte di investimento e siti di incontri amorosi. Questi lavoratori, che sono stati definiti "schiavi informatici", sono costretti a lavorare fino a 15 ore al giorno in condizioni di prigionia, dato che i loro documenti vengono sequestrati all'arrivo, e sono emersi anche casi in cui alcuni di loro sono stati uccisi nel tentativo di fuggire.
L'urgente necessità di intervento e collaborazione tra autorità e associazioni - Ciò che risulta essere urgente, quindi, per tentare di sconfiggere questo dilagante fenomeno è la presa di coscienza del problema da parte delle autorità locali, e la volontà di collaborare con le associazioni che si occupano del problema per allestire una campagna seria di informazione sui pericoli del reclutamento lavorativo online, e salvaguardare, in questo modo, le fasce più deboli della popolazione predisponendo dei percorsi sicuri per la ricerca di posti di lavoro regolari.