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Quelli che ... iniziano a vietare i social

Negli Stati Uniti approvata una legge per vietare l'uso di TikTok. I motivi? È in pericolo la nostra salute mentale.
Negli Stati Uniti approvata una legge per vietare l'uso di TikTok. I motivi? È in pericolo la nostra salute mentale.

I social fanno male, i social sono dannosi, i social compromettono la salute mentale dei giovani. Le critiche nei confronti dei social media si fanno sempre più aspre eppure, a differenza di ciò che si predica, si continua a razzolare molto male, facendone un uso quotidiano sempre più intensivo.

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Una trappola sociale di cui non si vuole fare a meno - Il giornalista Tim Harford si è interrogato sul fenomeno in un suo articolo, pubblicato di recente sulla rivista Internazionale, nel quale si chiede come mai, nonostante tutti parlino male dei social, sono in pochi coloro che vi rinunciano. Dove trova origine questo paradosso che caratterizza la nostra società? Secondo il giornalista, potrebbe trattarsi di una "trappola sociale", ossia uno strumento di comunicazione di cui non si vuole fare a meno semplicemente perché gli altri continuerebbero a usarlo comunque.

Come osservato da un gruppo di ricercatori statunitensi, i giovani universitari si dichiarano felici di poter vivere in un mondo senza social media, ma solo a patto che tutti siano pronti a rinunciarvi. Come dichiarato dall'economista Leonardo Bursztyn nel podcast Freakonomics, la trappola collettiva assomiglia al fumo passivo, solo che qui «l'unico modo per evitare il fumo passivo è fumare».

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Un pericolo per la salute mentale dei giovani - I social media sono fortemente criticati perché ritenuti responsabili dell'insorgere di una serie di problematiche che minano l'equilibrio mentale dei giovani, quali ansia, autolesionismo e disturbi alimentari. «È plausibile - scrive Harford - che i social stiano distruggendo il benessere di una generazione, e al tempo stesso che ciascun adolescente pensi che la sua vita sarebbe peggio se li abbandonasse».

Davanti a un tale stato di cose, molti Paesi stanno aprendo dei dibattiti sull'utilità di imporre delle limitazioni all'uso dei social network, mentre altri hanno già adottato delle politiche restrittive sul loro utilizzo. Negli Stati Uniti, ad esempio, lo scorso 13 marzo, la Camera ha approvato a larga maggioranza la legge che potrebbe vietare l'uso di TikTok.

Nel caso in cui tale legge venisse approvata anche dal Senato, tale proibizione diventerebbe vincolante a tutti gli effetti. La paura è quella che la piattaforma cinese possa essere sfruttata per fare propaganda politica e minare la sicurezza nazionale. Il dibattito sul pericolo rappresentato dai social per la salute mentale dei giovani è molto sentito negli Stati Uniti dove il 90% della popolazione è iscritta a un social media.

New York sul piede di guerra - Già lo scorso gennaio, il sindaco di New York Eric Adams aveva dichiarato guerra a tali piattaforme, dichiarando che «così come è stato fatto con il tabacco e le pistole, tratteremo i social come un altro pericolo per la salute pubblica».

Adams li ha anche definiti «una tossina ambientale» e «un pericolo per la salute pubblica», facendo così di New York la prima grande città americana a bollare chiaramente le piattaforme social come una cosa dannosa per la salute mentale, soprattutto dei giovanissimi.

In Florida una legge per vietarli - In attesa di definire delle linee guida vincolanti per la popolazione newyorkese, sono stati comunque pubblicati una serie di avvertimenti, come non consentire l'accesso agli smartphone ai minori di 14 anni o incentivare dei piani famigliari per l'utilizzo dei dispositivi elettronici. I rappresentanti della Camera della Florida, invece, hanno già approvato una legge, in attesa dell'approvazione del Senato, per vietare l'uso dei social media ai minori dei diciassette anni.

«La Florida - ha dichiarato lo Speaker della Camera Paul Renner - ha un interesse stringente e il dovere di proteggere i ragazzi, la loro salute mentale e la loro adolescenza», sottolineando che la nuova legge obbligherà le società proprietarie dei social network a cancellare in modo permanente i dati personali degli account che verranno chiusi.

Negli Stati Uniti, il primo Stato in assoluto ad aver adottato delle politiche restrittive nei confronti dei social media è stato lo Utah, dove è necessario il consenso dei genitori per iscriversi nel caso in cui non si sia maggiorenni, seguito poi dall'Arkansas, la Louisiana, l'Ohio e il Texas.

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TikTok il più bersagliato - Tra i social media quello preso maggiormente di mira è sicuramente TikTok, controllato dal gigante tecnologico cinese Bytedance, il cui potente algoritmo è ritenuto responsabile di mettere in pericolo la privacy dei propri utenti, e minare la sicurezza nazionale dei Paesi in cui è in uso.

Per tale motivo, il suo utilizzo è già stato proibito in diversi Paesi, almeno con riguardo ai dispositivi governativi e federali. Già dalla fine del 2022, infatti, l'uso di tale social media era stato vietato negli Stati Uniti ai membri del Governo. L'esempio dato è stato poi seguito da Taiwan che ha vietato l'uso di TikTok sui dispositivi governativi, dalla Gran Bretagna, Canada e Nuova Zelanda.

Misure simili sono state adottate anche da Francia, Belgio, Paesi Bassi, Norvegia e all'interno della Commissione europea, che ne ha vietato l'utilizzo ai propri dipendenti anche su dispositivi elettronici privati ma forniti di app o servizi email governativi. Stesso provvedimento è stato poi adottato dalla Danimarca, dopo che il rapporto del Danish Center sulla Cyber Security ha messo in evidenza come TikTok possa rappresentare «un rischio di spionaggio per il Paese».

Applicazioni "ricreative" che minano la sicurezza nazionale - Il governo francese ha vietato l'installazione e l'uso di applicazioni definite "ricreative", come TikTok, Netflix e Instagram, dai telefoni di lavoro dei dipendenti pubblici che si stimano essere oltre due milioni di persone. I motivi addotti sono, come già visto, la mancanza di sicurezza informatica di tali applicazione che «possono costituire un rischio per la protezione dei dati di queste amministrazioni e dei loro funzionari pubblici».

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I Paesi Bassi, invece, non hanno menzionato esplicitamente TikTok, ma hanno fatto riferimento, nel vietarle, a tutte le applicazioni provenienti da Cina, Russia, Corea del Nord e Iran. Dall'aprile del 2023, anche l'Australia ha messo al bando TikTok dai dispositivi governativi, su indicazione delle agenzie di intelligence, dichiarando che «l'installazione dell'applicazione sui dispositivi governativi pone un significativo rischio di sicurezza nazionale (…) a causa della raccolta estesa di dati degli utenti e dell'esposizione a istruzioni extragiudiziali da parte di un governo straniero che è in conflitto con la legge australiana».

Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Canada e Regno Unito, costituiscono la cosiddetta "Five Eyes", un'alleanza di sorveglianza volta a stringere una cooperazione in materia di attività d'intelligence, comprendente anche i pericoli provenienti dalla Rete. L'India ha già messo al bando TikTok, e altre app cinesi tra cui WeChat, a partire dal 2020, anno in cui si sono riaccese delle tensioni politiche con il governo di Pechino dopo uno scontro tra truppe cinesi e indiane sul contestato confine himalayano, mentre il Pakistan, fino a ora, ha tenuto un atteggiamento ondivago, vietando e poi ritrattando il divieto di usare tale applicazione per motivi di sicurezza.

La Nigeria, invece, lo scorso 13 gennaio ha revocato il divieto di accesso a Twitter, ora X, voluto tempo fa dal presidente Muhammadu Buhari dopo aver visto cancellato un proprio tweet per «incitamento alla violenza etnica».

Non solo restrizioni, ma anche divieti - Se da una parte, quindi, vi sono diversi Paesi che hanno adottato delle misure restrittive sull'utilizzo di TikTok fondamentalmente per ragioni di sicurezza nazionale, ve ne sono altri che, in linea con i regimi antidemocratici in vigore, hanno bandito i social media con motivazioni diverse.

È di pochi giorni fa, ad esempio, la proposta avanzata dal governo talebano di vietare in Afghanistan l'accesso a Facebook. Il Paese, in questo caso, si troverebbe a essere ancora di più isolato rispetto al resto del mondo, in considerazione del fatto che, dalla sua ascesa al potere, il governo talebano ha già arrestato e fatto chiudere siti web afghani e limitato l'accesso ai media di informazione stranieri.

L'estremismo di alcuni Paesi - In Iran molti social network, tra i quali Facebook e Twitter, sono stati banditi da diversi anni, anche se il loro utilizzo viene superato dalla popolazione grazie all'utilizzo di connessioni cifrate e sicure come le reti virtuali private chiamate Vpn, mentre la Corea del Nord ha ufficialmente bloccato Facebook e Twitter nel 2016, annunciando punizioni per chiunque avesse cercato di accedervi «in modo improprio per distribuire dati contrari alla Repubblica».

Stesso regime repressivo vige in Turkmenistan che, oltre a vietare i social media occidentali e le principali reti russe, ha introdotto l'obbligo, per i propri cittadini, di giurare sul Corano prima di iscriversi a una connessione internet domestica.

Strumento di controllo o protezione dei minori? - Come si è visto, il dibattito sull'utilizzo dei social network è estremamente ampio e può essere anche oggetto di strumentalizzazioni. Se, infatti, appare legittimo, aprire dei dibattiti sull'opportunità di concedere l'accesso a tali piattaforme a persone minori, diverso è invece bloccarne l'accesso anche ai cittadini maggiorenni per limitare la formazione di una coscienza critica.

Nei Paesi occidentali, oltre al discorso della tutela della privacy relativo all'utilizzo di TikTok, la maggiore fonte di preoccupazione è l'impatto che i social media possano avere nello sviluppo psico-fisico di persone molto giovani.

Come visto, la società civile e le classi politiche di molti Paesi al mondo si interrogano sull'opportunità di limitare l'accesso ai social media ai minorenni, ritenendo che vi sia una correlazione tra la quantità di ore che si passano davanti ai dispositivi elettronici e il peggioramento della qualità di vita e della salute mentale dei ragazzi molto giovani.

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Proibire serve a qualcosa? - Tuttavia, a fronte di coloro che pensano che tale correlazione esista, vi sono anche esperti del settore che ritengono non sia utile introdurre questa forma di proibizionismo. Come scritto dal professor Andrew Przybylski su Science Focus, «i dati ottenuti da un'indagine globale sulla salute mentale dei giovani condotta in centosessantotto Paesi per diciotto anni, suggeriscono che non esiste una relazione causale tra l'introduzione di internet e il benessere dei giovani».

Per Przybylski, se è vero che i ragazzi tra i dieci e i venti anni tendono ad aumentare l'utilizzo dei social media quando la soddisfazione per la propria qualità di vita diminuisce, «non è necessariamente vero il contrario». In mancanza di prove solide e certe, quindi, tale divieto sembra insensato oltre che infruttuoso mentre secondo gli esperti che sposano tale pensiero, è molto più utile che i genitori affianchino il figlio nell'utilizzo dei dispositivi elettronici, aiutandoli a autoregolarsi in maniera adeguata alla propria età.

Di diverso avviso sono coloro che ritengono che i social media inducono nelle persone molto giovani dei comportamenti insani. «Siamo nel bel mezzo di una crisi di salute mentale giovanile - ha dichiarato alla Cnn il dottor Vivek Muthy - e sono preoccupato che i social media stiano contribuendo al danno che i bambini stanno vivendo».

Tre ore sui social, a rischio depressione e ansia - Uno studio condotto negli Stati Uniti, su oltre sei mila adolescenti, di età compresa tra i dodici e i quindici anni, ha scoperto che coloro che trascorrono più di tre ore al giorno sui social corre il doppio del rischio di sviluppare sintomi d'ansia o depressione rispetto a chi non vi è iscritto.

Insomma, pur essendo ben lungi dall'avere una risposta univoca, si può comunque considerare una cosa molto positiva il fatto di interrogarsi su questi temi, al fine di garantire la migliore qualità di vita possibile alle nuove generazioni.


Appendice 1

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