Sia i nativi che gli immigrati digitali rimpiangono i tempi in cui la vita era meno dominata dalla tecnologia.
Ah, che nostalgia i bei tempi andati. Ogni generazione ha i propri: quando si era giovani e, inevitabilmente, più felici. Periodi della vita che appaiono, spesso, sotto la lente distorta del ricordo che tutto migliora, e ci fa rimpiangere le cose perdute. Ai nostri giorni, così frenetici ed iperconnessi, si sta facendo strada un nuovo rimpianto, un nuovo senso di nostalgia: quello per la vita analogica. Nostalgia per un'epoca in cui non si possedeva un cellulare, e per chiamare si doveva fare la fila al telefono pubblico. Di giorni passati a incontrarsi in piazza, e non in qualche mondo virtuale.
Un sentimento di rimpianto universale - Per i nativi digitali, ossia coloro che, secondo la definizione coniata nel 2001 dal ricercatore Marc Prensky, sono nati e cresciuti assieme alle tecnologie digitali, immaginare un mondo simile è quanto mai assurdo. Ma coloro che, invece, sono immigrati digitali, ossia coloro che hanno dovuto imparare il linguaggio tecnologico in età adulta, i ricordi di una vita precedente all'avvento di internet sono più che mai vivi.
Tale sentimento di rimpianto, anche se può apparire strano, è trasversale e coinvolge sia coloro che auspicano a un ritorno di una vita scevra dall'uso di dispositivi tecnologici, sia coloro che, pur non avendo conosciuto un tale stile di vita, lo invocano come una liberazione delle angosce e nevrosi dei tempi moderni. È in crescita il numero di appartenenti alla Generazione Z che si interroga su come fosse vivere in un epoca analogica, guardando, con un senso di romanticismo misto a curiosità, a quei tempi lontani in cui, per essere informati, bisognava comprare un giornale cartaceo e per orientarsi in una nuova città era necessario essere muniti di una mappa.
Una vita meno frenetica, meno stressante e più piacevole - Secondo un sondaggio della Harris Poll, pubblicato su Fast Company, la maggior parte degli americani vorrebbe poter tornare a vivere in un'epoca in cui non si era ossessionati dai social media, e questo sentimento è particolarmente sentito dalla Generazione X e i Millennial, anche se non mancano esponenti più giovani di questa tendenza.
Ciò dipende dal fatto che la vita allora, vista con gli occhi di oggi, appare meno caotica e più rilassata, così come confermato anche da Jennifer Kingson sul sito di notizie statunitense Axios, secondo la quale «c'è un fascino crescente tra i giovani per il modo in cui le persone socializzavano e svolgevano le proprie attività prima della metà degli anni Novanta». Tale stato di fatto è rimarcato anche da quanto scritto da Christopher McFadden sul sito Interesting Engineering, per il quale «molti di coloro che hanno vissuto questo "Medioevo" ti diranno come la vita sembrasse meno frenetica, meno stressante e più piacevole».
Vivere con poco più di un telefono e una pila di documenti - A testimonianza del fatto che questa tendenza sia presente nella società occidentale da diverso tempo, si può citare un articolo, a firma di Leah McLaren pubblicato sul Guardian nel 2019, nel quale la giornalista si interroga con meraviglia su come il padre, rivenditore di mobili, sia stato in grado «di guadagnare uno stipendio e sostenere la famiglia con poco più di un telefono e una pila di documenti. Solo pensare alla sua scrivania induce in me uno strano disorientamento e un senso di solitudine. Come ha fatto a sedersi lì tutto il giorno senza internet a fargli da compagnia?».
Un ricordo di un'esperienza che non ci sarà più - La giornalista sottolinea inoltre una realtà inconfutabile, ossia il fatto che «molto presto nessuna persona sulla terra ricorderà com'era il mondo prima di internet, come fosse pensare e sentire ed essere umani prima che dell'emergere dei big data». Anche la giornalista si interroga su come sia stato vivere la propria infanzia senza la possibilità di connettersi a un dispositivo digitale ma, se da una parte ammette «di aver pensato che ciò fosse un handicap», dall'altro ammette che «ci sia qualcosa di speciale nel ricordo del nostro passato analogico condiviso».
«Non è che gli immigrati digitali siano più intelligenti o più talentuosi dei nativi digitali che sono venuti dopo di noi - scrive la McLaren - ma la nostra unicità sta nel fatto che siamo gli ultimi di una razza morente, contenitori viventi di un'esperienza umana che non ci sarà più: ore e giorni di sbadigli a fare niente di niente».
Una esternalizzazione delle conoscenze che ci indebolisce - Nell'articolo del Guardian, viene citato uno studio internazionale del World Psychiatry secondo il quale vi sarebbero delle prove convincenti sul fatto che l'uso prolungato di internet possa produrre delle «alterazioni acute in aree specifiche del cervello umano dedicate alla conoscenza». In sostanza, secondo il neuroscienziato Joseph Firth, che ha guidato tale studio, «il cervello si adatta abbastanza rapidamente a trattare internet come una sorta ci banca di memoria esternalizzata», con un conseguente indebolimento della nostra memoria transattiva, ossia di quei processi mentali che il cervello esegue per individuare e cogliere un fatto o un oggetto.
Questo, a lungo andare, rivelerebbe la differenza tra chi ha avuto modo di vivere una vita analogica, almeno fino a una certa età, e chi, fin da piccolissimo, si confronta con i dispositivi digitali. Se da una parte, quindi, l'utilizzo intensivo della rete internet espone i più piccoli a una vera e propria modificazione dei processi mentali, dall'altra gli fa conoscere esclusivamente una realtà in cui, a qualsiasi ora del giorno e della notte, si può giocare, comunicare, parlare con qualcuno attraverso uno schermo, non vivendo però quei pomeriggi "di sbadigli a vuoto" evocati dalla giornalista inglese.
Si preclude l'immaginazione e la formazione di proprie idee - Secondo James Williams, ex stratega di Google, e autore del libro "Stand Out our Light", la perdita del senso di solitudine rappresenta un cambiamento in negativo delle nostre vite. Per lo scrittore, infatti, un aspetto molto preoccupante della nostra società così digitalizzata è «il confondere l'intrattenimento con il tempo libero, con conseguente perdita dell'opportunità di svolgere attività di riflessione e introspezione».
Ai nativi digitali, quindi, sono precluse «quelle ore vuote, irrequiete, vagamente malinconiche, trascorse a fissare le nuvole e a rilassarsi sugli alberi», così come descritte dalla McLaren, proprio a causa dei dispositivi digitali con i quali sono praticamente nati. «L'esperienza dello spazio vuoto consente la crescita dell'immaginazione e del pensiero indipendente, la capacità di formare idee senza essere influenzati dall'opinione di massa o dagli eserciti dei bot» ha scritto Michael Harris nel suo "End of Absence", analizzando il fatto che, in futuro, solo pochi privilegiati potranno permettersi di andare incontro a una "disintossicazione digitale".
Una novella babysitter a costo zero - Le esperienze offerte ai giovani nei quali siano inibiti l'uso dei dispositivi digitali sono solitamente molto care ed elitarie, mentre è facile osservare che, in senso contrario, sempre più spesso la Rete viene data in mano ai bambini come novella babysitter a costo zero. Offrire un'alternativa ai pomeriggi passati davanti al video di un computer è un privilegio che non tutte le famiglie possono permettersi, con conseguente acutizzarsi di quel fenomeno di dipendenza dai social media che già tante volte abbiamo analizzato e la crescita di un divario sociale molto preoccupante.
Un equilibrio tra i benefici sia analogici che digitali - Come è noto, non tutto ciò che è correlato all'uso dei dispositivi digitali può essere bollato come negativo e dannoso. Le nuove tecnologie, infatti, offrono anche molti aspetti positivi alla nostra vita, come la facilità di comunicazione o il poter effettuare una serie di attività, ludiche o lavorative, ovunque ci si trovi.
Il rovescio della medaglia, come visto, consiste nel vivere una vita troppo ricca di stimoli, dove ogni minuto della giornata si è impegnati a svolgere una qualche forma di attività, invece che concedersi il lusso di staccare la spina e godere di una sana forma di isolamento digitale. Di sicuro, per vivere meglio tutte queste contraddizioni del nostro tempo, bisognerebbe trovare una qualche forma di equilibrio che preveda di trarre il maggior beneficio possibile da entrambe le esperienze, analogiche o digitali che siano.
Concepire un uso strumentale delle nuove tecnologie, traendo da esse i vantaggi che possono darci senza consegnare loro in toto la nostra vita, sarebbe già un ottimo compromesso anche se, per come è strutturata la società odierna, molto difficile da raggiungere.