Grazie al test del DNA, storie di persone che hanno scoperto la verità sulla loro origine decenni dopo la loro nascita
Chi non ha mai immaginato, temuto, sognato di essere stato scambiato in culla da neonato, e che la famiglia che gli è capitata in sorte non sia quella vera? Può trattarsi di una fantasia infantile o di una frase infelice rivolta ad un figlio da genitori infuriati, ma in tanti si sono trovati a pensare, almeno una volta nella vita, a come sarebbe potuta essere la propria esistenza se vissuta in una famiglia diversa dalla propria, per estrazione sociale o provenienza geografica.
La storia di Claire e Jessica, due bambine scambiate nella culla - Di recente il podcast The Gift, prodotto dalla Bbc, ha raccontato il primo caso di scambio in culla, risalente al 1967, avvenuto in un ospedale pubblico britannico. Come raccontato dalla Bbc News, nel 2021, un uomo del West Midlands, nome di fantasia Tony, ricevette come scherzoso regalo di Natale un test del Dna che, per due mesi, lasciò inutilizzato nella credenza della propria cucina, fino a quando, in un pomeriggio di febbraio, un po' per noia e un po' per curiosità, decise di eseguirlo. I risultati dell'analisi, pervenuti alcune settimane dopo, rivelarono a Tony una realtà del tutto inaspettata: se da una parte, infatti, confermavano la provenienza irlandese del ramo materno della sua famiglia, d'altra parte gli rivelavano di non avere alcuna familiarità con colei che aveva sempre ritenuto essere sua sorella biologica, Jessica. Nel referto, infatti, come sorella naturale di Tony veniva indicata una signora di nome Claire, e non Jessica. Dopo essersi contattati telefonicamente, Tony e Claire decisero di approfondire la propria storia, scoprendo la donna era nata nello stesso periodo e nello stesso ospedale in cui era nata Jessica, colei che l'uomo aveva sempre considerato sua sorella minore. Si trattava indubbiamente di un caso di scambio di neonati in culla, e se Claire ha da subito assorbito l'incredibile notizia con un certo grado di felicità, avendo vissuto un'infanzia molto infelice a causa delle difficoltà economiche dei genitori, per Jessica la verità è stata più dura da assorbire. La donna, infatti, ha dovuto accettare il fatto che la colei che aveva chiamato mamma per cinquantaquattro anni, indicata con il nome fittizio di Joan nel podcast, non lo era dal punto di vista biologico, e da allora i loro rapporti non sono stati più gli stessi. “Per me non ha nessuna importanza che Jessica non sia mia figlia biologica - ha detto Joan alla Bbc - è ancora mia figlia e lo sarà per sempre”. Per Claire, come detto, la scoperta di avere una famiglia naturale diversa da quella nella quale era cresciuta l'ha aiutata a trovare delle risposte alle tante domande che si era posta fin da piccola, quando la mancanza di una somiglianza fisica con i propri genitori l'aveva convinta di essere stata adottata. Joan e Claire, invece, si assomigliano molto, tanto che la madre ha affermato di aver rivisto se stessa giovane nella figlia naturale appena ritrovata. A due anni dall'inizio di questa incredibile vicenda, il Servizio sanitario nazionale britannico, Nhs, che gestisce l'ospedale presso cui sono nate Claire e Jessica ha ammesso la propria responsabilità legale per quanto accaduto, e sta valutando il riconoscimento di un risarcimento economico alle famiglie coinvolte.
Non accadeva quando si partoriva in casa - Nonostante non si tratti di casi molto frequenti, la vicenda di Tony e Claire non è un caso isolato e, in ogni parte del mondo, si registrano incidenti simili. L'intensificarsi di questi casi è dovuto dal fatto che dagli anni Cinquanta del secolo scorso andò progressivamente a ridursi l'abitudine di partorire in casa, e nei reparti di maternità i bambini, identificati solo da una targhetta scritta a mano, venivano condotti nelle nursery per permettere alle madri di riposare per alcune ore. La sempre maggiore diffusione dei test del Dna ha permesso, in tempi recenti, di scoprire molti nuovi casi di bambini scambiati nelle prime ore di vita, facendo luce su errori che altrimenti non sarebbero mai stati scoperti.
Un'esperienza che arricchisce - Molti di questi episodi risalgono alla seconda metà del secolo scorso, come nel caso raccontato dalla Cbs News di John William Carr III e Jackie Lee Spencer, nati il 29 agosto del 1942, che solo nel 2019, anche in questo caso grazie al test del Dna, hanno scoperto di essere stati scambiati in culla nell'ospedale di St.Joseph a Buckhannon, nel West Virginia, o di DeeAnn Angell e Kay Rene Reed, nate il 3 maggio del 1953 al Pioneer Memorial Hospital Heppner nell'Oregon, che hanno scoperto, nel 2009, di non essere figlie naturali dei propri genitori a causa di uno scambio in culla. La madre di una delle bambine, Majourie, aveva da subito denunciato il fatto di non riconoscere nella neonata affidatele la propria figlia, ma le sue proteste erano state ignorate dal personale medico presente al momento delle dimissioni. Nonostante i genitori naturali delle due donne coinvolte nella vicenda siano deceduti da tempo, entrambe hanno dichiarato al Guardian che aver scoperto la verità “è stata un'esperienza estremamente arricchente”.
400.000 euro di danni - Nel 2015, il tribunale di Grasse, nel sud della Francia, ha condannato una clinica di Cannes a pagare 400 mila euro a due ragazze che si è scoperto essere state scambiate in culla. La vicenda è accaduta nel luglio del 1994, quando la figlia di Sophie Serrano, chiamata Manon, è stata messa in incubatrice, appena nata, a causa dell'ittero, e successivamente scambiata per sbaglio con un'altra neonata, di nome Mathilde, posta nella stessa incubatrice. Nonostante entrambe le madri coinvolte nella vicenda avessero espresso fin da subito dei dubbi sull'aspetto fisico dei neonati loro assegnati, erano state dimesse e mandate a casa senza ulteriori spiegazioni. La signora Serrano, infatti, aveva chiesto spiegazioni sull'incredibile velocità con cui i capelli sembravano essere cresciuti sulla testa della figlia Manon, ma si era sentita rispondere che era “un effetto collaterale delle luci dell'incubatrice”. Con il tempo, i genitori hanno continuato ad interrogarsi sul fatto che la loro figlia Manon avesse una carnagione e dei capelli molto più scuri rispetto ai loro e, dopo dieci anni, anche per mettere a tacere le malignità di chi indicava la bambina come figlia di una possibile avventura extraconiugale di Sophie, si sono sottoposti al test del Dna scoprendo l'amara verità.
Una verità che lascia i segni - La famiglia biologica di Manon, proveniente dall'isola francese di Rèunion, nell'Oceano Indiano, ha accettato di conoscere la ragazza che descrive l'incontro come molto straniante. “Ti trovi di fronte a una donna che è biologicamente tua madre-ha raccontato Manon - ma che è una estranea”. Le due famiglie, inoltre, pur avendo tentato di costruire una sorta di rapporto amichevole e di collaborazione reciproca, hanno con il tempo desistito, e si sono definitivamente divise, continuando a vivere ciascuna con la ragazza che avevano considerato come propria figlia per vent'anni.
L'eccessiva leggerezza del personale infermieristico - Una vicenda simile è accaduta a due madri indonesiane, ricoverate all'Ospedale Sentosa di Bogor, che, nel 2022, al momento delle dimissioni si sono viste consegnare dei bambini non loro. Mentre una, di nome Dian Hartono, non si era accorta dello scambio, l'altra mamma, di nome Siti Mauliah aveva da subito denunciato il fatto che il bambino datole non fosse il suo, sia per la differenza di tratti somatici con quello che aveva allattato nei giorni precedenti, sia perché portava, cosa di cui si sarebbe accorta alcuni giorni dopo, un braccialetto con indicato il nome di Dian. La vicenda è giunta ad una soluzione nel 2023 solo grazie all'intervento dell'avvocato Rusdi Ridho che, venuto a conoscenza del caso, è riuscito a convincere le persone coinvolte a sottoporsi al test del Dna, il cui esito ha confermato le convinzioni di Siti circa lo scambio di persona. Quelle raccontate, sono solo alcune delle storie di persone che hanno scoperto la verità sulla loro origine molto tempo dopo la loro nascita; si tratta di vicende complesse, e che di sicuro sollevano tante domande sul perché i dubbi, troppo spesso fondati, dei genitori vengano messi a tacere con eccessiva leggerezza e faciloneria dal personale medico coinvolto nella vicenda.