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A Milano poco fumo e niente arrosto?

Oggi scatta il divieto di fumare all'aperto, tra molto scetticismo e alcune certezze
Oggi scatta il divieto di fumare all'aperto, tra molto scetticismo e alcune certezze

«Il tabacco è la passione delle genti oneste, e chi vive senza non è degno di vivere», affermava Sganarello nel "Don Giovanni" di Molière. Esaltato da molti artisti del passato, nel giro di qualche decennio l'atto di fumare è passato dall'essere un piacere condiviso a un vizio da combattere con ogni mezzo possibile. Inutile dire che le evidenze scientifiche sono tutte a favore del suo contrasto: non è in alcun modo contestabile il fatto che il tabacco sia responsabile del decesso di oltre otto milioni di persone all'anno, secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.

Milano vieta - Se un tempo, quindi, Tabacco andava a braccetto con Bacco e Venere, ora è criticato e combattuto a suon di divieti e limitazioni. L'ultimo (e più eclatante) provvedimento in ordine di tempo è il bando al fumo all'aperto introdotto dal comune di Milano a partire da oggi, mercoledì 1° gennaio 2025. Il divieto è in vigore in tutte le aree pubbliche, a eccezione dei luoghi in cui le persone possano mantenere una distanza di dieci metri l'una dall'altra.

Depositphotos (VitalikRadko)

Occorre precisare che a Milano il divieto di fumare all'aperto era già stato introdotto fin dal 1° gennaio del 2021, dall'articolo 9 del Regolamento comunale per la qualità dell'aria e riguardava le fermate dei mezzi pubblici, le aree gioco per bambini, le strutture sportive o i cimiteri. Il medesimo articolo già prevedeva l'estensione del divieto, a partire dal gennaio 2025, «a tutte le aree pubbliche, o a uso pubblico, ivi incluse le aree stradali», esclusi i luoghi in cui è possibile mantenere, come detto, una sorta di distanza di sicurezza di dieci metri tra le persone. Tale divieto comprende anche i dehors dei locali o dei ristoranti che vengono considerati a tutti gli effetti delle aree a uso pubblico. Il divieto di fumare all'aperto, è utile sottolinearlo, riguarda solo i fruitori di tabacco e non coloro che utilizzano delle sigarette elettroniche, e per i trasgressori è prevista una multa che può variare dai quaranta ai duecentoquaranta euro.

Misura anti-inquinamento - Per il comune di Milano si tratta di una misura necessaria «per ridurre il Pm10, ossia le particelle inquinanti nocive per i polmoni, e quindi migliorare la qualità dell'aria della città, a tutela della salute dei cittadini e delle cittadine, comprendendo altresì la protezione dal fumo passivo nei luoghi pubblici, frequentati anche dai più piccoli». Come riferito da La Repubblica, per l'assessora all'Ambiente e il verde Elena Grandi, tale divieto «è volto a scoraggiare stili di vita che sappiamo dannosi per la salute di tutte le persone». Secondo i dati diffusi da Arpa Lombardia, l'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente, il fumo di sigaretta è responsabile del 7% delle emissioni di polveri sottili responsabili di numerose malattie, anche mortali, del sistema circolatorio e respiratorio.

Secondo Grandi, il comportamento responsabile delle persone fumatrici può attivamente contribuire a migliorare la qualità dell'aria della città di Milano a beneficio di tutti i cittadini che potranno vedere, in tal modo, maggiormente tutelata la propria salute. I danni prodotti dal fumo passivo sono paragonabili a quelli prodotti dal fumo attivo, e uno studio condotto alcuni anni fa dal professor Roberto Boffi dell'Istituto dei Tumori, riportato da Open, ha dimostrato che l'inquinamento provocato dal fumo di sigaretta in zone molto frequentate e di passaggio «è pressoché identico a quello causato da un camion posto nelle vicinanze».

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Le critiche al provvedimento - Nonostante il provvedimento in questione abbia come fine quello della tutela della salute pubblica, sono in tanti a ritenerlo mal formulato, se non dannoso per gli esercizi commerciali. La categoria dei tabaccai, ad esempio, ha fatto appello al Tar, il Tribunale Amministrativo Regionale, ritenendo la materia di competenza del legislatore nazionale, ma il ricorso è stato respinto. Inoltre, la richiesta che per poter fumare non debbano esserci altre persone nel raggio di dieci metri è sembrata alla medesima categoria «un'ipotesi mal congegnata sotto ogni profilo». Più o meno dello stesso avviso è Marco Barbieri, segretario generale della Confcommercio di Milano, che ritiene si tratti di «una scelta ideologica». Secondo Barbieri, infatti, «le battaglie civili devono essere adottate avendo il coraggio di prendere provvedimenti decisi e concreti» e, nel caso di questione, sarebbe stato più opportuno «adottare un approccio educativo piuttosto che limitarsi a introdurre ulteriori restrizioni che, ai fini pratici, avrebbero ripercussioni economiche negative sui pubblici esercizi e nessun effetto sui fumatori».

Le città senza (o con poco) fumo - Nonostante il divieto adottato dal comune di Milano sia uno tra i più restrittivi tra quelli adottati in Italia fino a ora, non costituisce certo un'eccezione. A Torino, ad esempio, è stato introdotto nell'aprile del 2024 il divieto di fumare all'aperto e l'obbligo di rispettare una distanza non inferiore a quella di cinque metri tra le persone che possono, eventualmente, «esprimere un loro consenso tacito». In caso di trasgressione può essere comminata una multa di cento euro. Anche il comune di Roma ha introdotto il divieto di fumare nelle aree gioco e nei parchi cittadini, così come Napoli dove vige il divieto di fumare nei parchi pubblici e nei giardini comunali o un presenza di donne in stato di gravidanza e bambini fino ai dodici anni d'età. Dal 2019, invece, è stato introdotto il divieto di fumare in spiaggia e sotto l'ombrellone nella nota località balneare veneta di Bibione, e lo stesso dicasi per le città di Pesaro, Rimini e Sanremo.

La mancanza di coordinamento a livello nazionale rende la situazione italiana molto confusa, e i divieti variano da comune e comune a seconda dell'interpretazione, più o meno restrittiva, data al termine “luogo pubblico”. Anche in altre grandi città, come Firenze o Genova, si discute la necessità di estendere a tutte le aree pubbliche il divieto di fumare all'aperto, che attualmente riguarda solo i parchi pubblici o le fermate dei mezzi di trasporto pubblici, ma sono in tanti a dirsi contrari a un provvedimento simile in nome del diritto all'autodeterminazione.

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Il modello in giro per il mondo - Anche in altri Paesi del mondo sono stati adottati divieti simili. In Svezia, ad esempio, fin dal 2019 è proibito fumare in molti luoghi all'aperto, come i parchi e le aree gioco, le stazioni e le fermate degli autobus o le terrazze di bar e ristoranti, e l'obiettivo è quello di arrivare a essere un Paese "smoke free" nell'arco di pochi anni, così come la Norvegia, la Finlandia e la Scozia. Come riportato dal Post, anche in Spagna, in località come Ibiza, Maiorca o Barcellona è vietato fumare in spiaggia, mentre a Madrid non è consentito nelle aree gioco o nei parchi pubblici o fuori dalle scuole, a eccezione degli istituti universitari.

Estremamente restrittiva è la normativa riguardante il fumo in Giappone dove è permesso fumare le sigarette solo in aree appositamente attrezzate. Fumare per le strade nipponiche, infatti, è illegale e i trasgressori rischiano di dover pagare una multa molto salata se colti in fallo. Negli Stati Uniti, invece, la situazione è molto variegata, ma da diversi anni la Food and Drugs Administration ha aumentato l'età minima per l'acquisto delle sigarette, comprese quelle elettroniche, portandola dai 18 ai 21 anni. A New York, da anni, è fatto divieto di fumare in tutti i parchi pubblici, centri ricreativi e zone pedonali, mentre in California è vietato fumare in spiaggia e nei campi sportivi, ma anche per strada, a meno che non ci si trovi a una distanza di almeno sei metri dalle altre persone, pena la comminazione di multe molto salate.

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Una moltitudine di tabagisti - Secondo un rapporto dell'Oms risalente al 2022, ci sono nel mondo 1,25 miliardi di consumatori adulti di tabacco: un numero altissimo di persone che si espone al rischio di sviluppare tumori al polmone, al cavo orale, al pancreas e al seno, solo per fare qualche esempio. Il fumo, causa circa l'85-90% dei tumori al polmone, e non è più sindacabile il fatto che vi sia una stretta correlazione tra tabagismo e tale forme tumorali. La lotta al fumo, quindi, è quanto mai necessaria ma va condotta, secondo i maggiori esperti, emanando dei giusti divieti accompagnati da una accurata campagna informativa ed educativa, specialmente a livello scolastico.

Uno studio americano ha dimostrato che il 14% dei ragazzi tra i 13 e i 15 anni fuma regolarmente, e più si abbassa il tenore di vita più aumenta la probabilità che i giovani inizino a fumare. Secondo l'Oms il 70% dei fumatori contrae tale vizio prima dei 18 anni e il 94% prima dei 25 anni d'età: un trend che va invertito con urgenza, attraverso normative mirate e campagne informative efficaci.


Appendice 1

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