La tennista, svanita dopo un'accusa di stupro alle alte sfere, è poi riapparsa. Ma i dubbi su quanto successo restano
La più grande paura di chi denuncia una violenza sessuale è quella di non essere creduto. Il giudizio delle persone e le frasi ingrate di chi pensa che la vittima “se la sia andata a cercare”, fungono, troppe volte, da deterrente. Le cose sono ancora più complicate nel caso si voglia denunciare qualcuno che riveste un ruolo di potere. Soprattutto nel caso in cui non si possano fornire prove. In questi casi, a finire nelle spire nella mora degli ingranaggi della giustizia, è la vittima. Anche la tennista Peng Shuai si è ritrovata in un labirinto senza uscita dopo aver denunciato, senza avere, per sua stessa ammissione, alcuna prova, l’ex vice premier Zhang Gaoli. La vicenda della tennista cinese sta tenendo banco da settimane e ha assunto i contorni del giallo, non sapendo che destino sia toccato in sorte alla ragazza.
Dopo aver denunciato le violenze subite, infatti, il profilo social della tennista è stato cancellato e di lei non si è avuto più alcuna notizia fino alla recente pubblicazione di alcune foto, e due video, di cui la veridicità è dubbia. Nata a Xiangtan, l’8 gennaio del 1986, Peng Shuai è stata numero uno al mondo in doppio e, con la sua compagna Su Wei-Hsieh, ha vinto due titoli del Grande Slam, mentre, singolarmente, si è aggiudicata la semifinale degli Us Open nel 2014. Appartiene, insomma, a quella generazione di tenniste cinesi, come Zi Yan o Jie Zheng, che hanno dato nuovo lustro a questo sport in patria. La sua denuncia di essere stata vittima di violenza sessuale è arrivata improvvisa e destabilizzante, non solo in Cina ma in tutto il mondo.
Una relazione tossica iniziata dieci anni fa
Il 2 novembre scorso Peng Shuai ha pubblicato, sul suo account Weibo, la versione cinese di Twitter, un lungo messaggio in cui accusava Zhang Gaoli, ex vicepremier e membro del Partito Comunista Cinese, di averla violentata. La tennista non aveva prove da fornire in merito alla vicenda denunciata, ma, dice nel suo lungo post «non ero consenziente. Ho pianto tutto il tempo. So di non poter dire tutto chiaramente e che non ha senso dirlo, ma voglio comunque raccontarlo».
La "relazione" sarebbe iniziata nel 2011, quando il politico occupava il ruolo di leader del partito a Tianjin, una metropoli alle porte di Pechino per poi interrompersi, nel 2012, quando Zhang è entrato a far parte del Comitato Permanente del Politburo, l’organo supremo del potere del Partito Comunista Cinese (Pcc). Zhang, che ora ha 75 anni, è stato vicepremier della Cina dal 2013 al 2018 e dal 2012 al 2017, e anche uno dei membri del gruppo di sette persone che guida il Partito Comunista Cinese e che detiene, di fatto, il massimo potere politico. Zhang è inoltre uno dei politici più noti del Paese per il suo lavoro sull’economia nazionale.
Una volta abbandonata la politica, Zhang avrebbe voluto riprendere la "relazione" con la tennista forzandola ad avere un rapporto sessuale con lui. Dopo aver giocato una partita di tennis con Zhang e la moglie, Peng Shuai sarebbe stata invitata nella abitazione del vice premier e qui si sarebbe consumato il rapporto sessuale non consenziente. Nel suo racconto, dice di essere «disgustata» da quanto accaduto visto che, anni prima, «aveva aperto il suo cuore» proprio al politico. Sembra che Zhang fosse ossessionato dal fatto che la giovane potesse ricattarlo, strumentalizzando la "relazione" avuta anni fa e che la stessa potesse essere in possesso di registrazioni audio e video dei loro incontri. Il post della tennista è rimasto in rete solo una ventina di minuti, prima di essere rimosso ma tanto è bastato per far tremare, fin dalle fondamenta, l’intero mondo politico cinese.
Come Pechino ha risposto alle accuse
Il nome della tennista e, addirittura, la stessa parola "tennis", sono stati censurati, a testimonianza di quanto il caso fosse spinoso e scomodo per l’establishment del Paese. È la prima volta, infatti, che un membro dei vertici del Pcc sia costretto a discolparsi pubblicamente per aver avuto una cattiva condotta sessuale. Da allora, e fino a pochi giorni fa, di Peng Shuai si sono completamente perse le tracce. Una sparizione che ha avuto una risonanza mondiale ed ha messo in allarme l’intero movimento #Metoo, chiamato #WoYeShi, che in Cina è una vera e propria spina nel fianco del Partito Comunista, così come confermato da Leta Hong Fincher, autrice del saggio sul femminismo cinese dal titolo "Betraying Big Brother".
Il 14 novembre l’amministratore delegato della Women's Tennis Association (Wta), Steve Simon, ha invitato le autorità cinesi a indagare sulle accuse mosse da Peng, chiedendo la fine della censura ufficiale sull’argomento. E dopo un'assenza di due settimane, la tennista è ricomparsa in due brevi video in cui la si vede prendere parte, in qualità di ospite, a un torneo di tennis e mentre si trova a cena con il suo allenatore e un paio di amiche. Durante quest’ultimo video, l’uomo, a un certo punto, dice che è «il 20 novembre», salvo poi essere corretto da una donna seduta al tavolo che «è il 21». Il filmato, invece, è del 19 novembre. Per tutta la sua durata la tennista rimane in silenzio e annuisce.
L'opinione pubblica non è convinta
La diffusione di alcune foto, che ritraggono la tennista circondata dai suoi peluche, e dei video non hanno tranquillizzato l’opinione pubblica mondiale visto che in tanti ne hanno contestato la veridicità. Domenica 21 novembre, Peng Shuai si è collegata in videochiamata con Thomas Bach, presidente del Comitato internazionale olimpico (Cio), limitandosi, però, a ripetere delle frasi standard, quasi le avesse imparate a memoria. «Sto bene e sono al sicuro. Chiedo solo rispetto per la mia privacy», ha affermato l’atleta che si è detta decisa a prendersi un periodo di pausa per stare in famiglia e con gli amici. Troppo poco, insomma, per poter confortare sulle sue reali condizioni fisiche e psicologiche, essendo apparsa spaesata e con il sorriso forzato.
Della violenza sessuale non se ne è più parlato e il caso, almeno in Cina, sembra essersi risolto, così come tradizionalmente vengono risolti i problemi: con il silenzio. Risale al 22 novembre, la prima dichiarazione ufficiale sulla vicenda del portavoce del ministero degli esteri cinese Zhao Lijian, il quale ha dichiarato che «molte persone dovrebbero smettere di gonfiare deliberatamente e con malizia, la vicenda, per non parlare di quelli che la politicizzano». Come a dire che il caso della tennista sia stato strumentalizzato dai nemici della Cina.
Si teme che il caso di Peng Shuai finisca nell'oblio
Il rischio concreto è che la vicenda di Peng Shuai possa scivolare nell’oblio, luogo in cui il governo cinese confina tutto ciò che può tornare scomodo alla propria immagine, dai nomi degli intellettuali dissidenti agli ex politici caduti in disgrazia. Lo stesso meccanismo messo in atto, poco tempo fa, con il fondatore di Alibaba Jack Ma o la star del cinema Fang Bing Bing, accusata di frode fiscale e liberata dopo il pagamento di una grossa somma di denaro. Secondo Yaqiu Wang, ricercatore senior di Human Rights Watch in Cina lo stesso Cio «sta svolgendo un ruolo attivo nel meccanismo di sparizione forzata, coercizione e propaganda del governo cinese», per via dell’atteggiamento troppo conciliante tenuto in occasione della videochiamata effettuata con la tennista.
Ciò che fa la differenza, in questo caso, è l’incredibile ondata di solidarietà che la vicenda di Peng Shuai ha suscitato a livello globale. La sua denuncia di violenza sessuale non solo ha avuto come cassa di risonanza l’intero Movimento #Metoo, ma anche la solidarietà di tantissimi personaggi politici, rappresentanti dello sport e della cultura. La stessa Wta ha minacciato di «ritirare le attività in Cina» se non verrà fatta chiarezza sulla sparizione di Peng Shuai. Il fatto che il Governo cinese si sia affrettato a permettere di effettuare una videochiamata la dice lunga sulle pressioni internazionali ricevute anche se non può non colpire il fatto che le notizie diffuse sulla tennista siano tutte a beneficio della stampa estera e non nazionale. Prova inconfutabile che Peng Shuai non sia libera come lo si voglia far credere.