Il capo è Denis Prokopenko, ex ultras ed estremista nazionalista. Il gruppo militare è accusato di derivazioni naziste
Come detto dal presidente Zelensky, forte della sua innata vena comica, «l’esercito russo sta cercando e non riesce a trovare in Ucraina i nazisti che hanno inventato, dai quali avrebbero voluto proteggere il nostro popolo. Come cercano e non riescono a trovare gli ucraini che li incontrerebbero con dei fiori». La battuta di Zelensky fa un chiaro riferimento alla "operazione militare speciale", voluta da Putin, che ha come principale compito quello di "denazificare" l’Ucraina e liberare dai nazisti "i fratelli ucraini”.
Da ultras a esercito regolare - Niente di tutto questo è fino a ora avvenuto, e se ancora si cercano le prove della deriva nazista dell’Ucraina, di certo ben altra accoglienza ha avuto l’esercito russo da parte della popolazione civile. L’opera di "denazificazione", più volte ripetuta da Putin come giustificazione alla guerra da lui voluta in Ucraina, ha come chiaro riferimento l’esistenza di formazioni paramilitari di estrema destra esistenti sul territorio, primo fra tutti il Battaglione Azov, l’attuale reggimento della Guardia nazionale ucraina di stanza a Mariupol, punto d’attrazione di estremisti di destra provenienti da tutta Europa.
Nato inizialmente per volontà di una fazione di ultras della squadra Metalist Kharkiv, la Setta82, nel corso della grave crisi politica del 2014, si mise in luce occupando le sedi istituzionali dall’oblast di Kharkiv per evitare che cadessero in mano dei separatisti russi. Ben presto, con l’aggravarsi della situazione in Ucraina a seguito dell’occupazione della penisola di Crimea e delle rivolte nelle regioni di Donetsk e Lugansk, la fazione ultras si trasformò in una vera e propria milizia nazionalista che, con il nome i Eastern Corps, operò, insieme ad altre formazioni paramilitari, con il beneplacito delle autorità di Kiev, per frenare l’avanzata dei ribelli filorussi.
È proprio nell’aprile del 2014 che i gruppi paramilitari, provenienti dai gruppi nazionalisti, vennero autorizzati dal ministro dell’Interno Arsen Avakov ad affiancare l’esercito regolare ucraino, pur non potendo far parte in maniera formale delle Forze armate permanenti. Il cosiddetto battaglione "Azov", inizialmente formato da cinque unità paramilitari, composto anche da nazionalisti provenienti da diversi Paesi europei come Francia, Spagna e Svezia, stabilì la propria sede a Urzuf, sul Mar d’Azov da cui prende il nome, a sud-ovest di Mariupol, nell’oblast di Donetsk.
Fondato dal "Fuher Bianco" - Il battaglione Azov, fondato da Andriy Biletsky, laureato in storia all’Università di Kiev e noto come "Bely Vozd", il sovrano bianco, o anche il "Fuhrer bianco", in quanto sostenitore della "purezza razziale della razza ucraina", è stato a lungo sovvenzionato da due oligarchi membri delle istituzioni ucraine: Igor Kolomoisky, magnate dell’energia e governatore della regione di Dnipropetrovska e Serhiy Taruta, ricchissimo governatore della regione di Donetsk.
Nello stesso anno, il gruppo si rese famoso per la riconquista proprio di Mariupol, occupata precedentemente dai ribelli separatisti, e la liberazione della città di Mar’inka, l’11 agosto del 2014. Nel settembre dello stesso anno, il battaglione Azov partecipò anche alla seconda battaglia di Mariupol e, a seguito della dichiarazione di fine delle ostilità portò avanti un'intensa attività di ricognizione e bonifica dei territori del Donetsk.
In seguito agli Accordi di Minsk II, del febbraio 2015, il battaglione Azov venne, infine, incorporato nella Guardia nazionale ucraina, ma non riuscì più a rivestire l’importanza militare avuta nel corso dell’anno precedente. Con il normalizzarsi della situazione in Ucraina, infatti, i gruppi paramilitari, non più supporto necessario all’esercito regolare, vennero marginalizzati e guardati con sospetto per via della loro ideologia nazionalista.
L'uso della simbologia nazista - Erano composti, come detto, di estremisti di estrema destra che si ispiravano, in modo molto chiaro, al regime nazista. Il battaglione ha, infatti, come suo simbolo il "Wolfsangel", una trappola per lupi di origine medioevale che venne, inizialmente adottato anche dal regime nazista prima di essere sostituito con la svastica. Sullo sfondo, poi, è posto il cosiddetto "sole nero", costituito da una serie di svastiche iscritte dentro un cerchio, che si riferisce alla tradizione runica spesso ripresa dall’ideologia nazista.
Il battaglione celebra ogni anno Stepan Bandera, un ultranazionalista collaboratore del Terzo Reich durante la Seconda Guerra Mondiale. Proprio Putin ha più volte accostato i combattenti di ultradestra come «degni eredi» delle brigate che, guidate dallo stesso Bandera, contribuirono ad attaccare l’Urss, partendo dall’Ucraina, durante la Seconda Guerra Mondiale. Per combattere accanto ai tedeschi, queste brigate si organizzarono nell’Armata ucraina di insurrezione che diede poi vita a una divisione delle SS, che sventolava la bandiera gialla e blu tanto invisa al Presidente russo.
Il battaglione Azov è riuscito, nel tempo, ad attrarre numerosi giovani ucraini grazie anche all’istituzione di campi giovanili, dove si istruiscono i piccoli partecipanti ai valori fondanti del nazionalismo. Oltre che nel proprio Paese, il battaglione Azov è diventato famoso anche nei circoli dei suprematisti bianchi e neonazisti sparsi in Occidente, attirando su di sé le simpatie di molti volontari stranieri aderenti a tali ideologie.
Accuse di atrocità mai indagate - Anche l’uso sapiente dei social media ha accresciuto la sua popolarità, facendo leva sui sentimenti xenofobi e omofobi presenti nel Paese. In più occasioni, il gruppo ha espresso il proprio disprezzo per la comunità Lgbtq+ e le minoranze etniche presenti in Ucraina e portato avanti la propria battaglia per la libera detenzione di armi da parte dei privati cittadini oltre che la reintroduzione della pena di morte per tradimento e appropriazione indebita di beni statali.
Da quando il battaglione Azov si è fatto conoscere a livello internazionale, è stato più volte accusato, sia dalle autorità russe, e dai separatisti filorussi, sia da diverse organizzazioni che operano per la difesa dei diritti umani, di essere un insieme di violenti mercenari neonazisti. In effetti, non sono poche le accuse di violazione dei diritti umani mosse contro l’Azov. Amnesty International, nel 2014, chiese al governo ucraino di porre fine agli abusi e ai crimini di guerra commessi dai battaglioni di volontari, che affiancavano le forze armate regolari, nel Donbass. Il Governo ucraino aprì un’inchiesta ufficiale al termine della quale non venne però indagato alcun partecipante al battaglione Azov.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, in un suo rapporto pubblicato nel 2016, ha, a sua volta, accusato i membri del Battaglione di abusi di diritti umani e della commissione di crimini, quali il saccheggio, l’ingiusta detenzione, la tortura, le esecuzioni sommarie e numerosi stupri perpetrati a danno delle popolazioni civile dei territori separatisti. Il battaglione, dal canto suo, ha sempre rimandato al mittente le accuse di neonazismo, sostenendo che si tratta solo di propaganda russa.
Sempre nello stesso anno, l’Ocse, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, ritenne il battaglione responsabile dell’uccisione di massa di prigionieri, di occultamento di cadaveri nelle fosse comuni e dell’uso sistematico di tecniche di tortura sia fisica che psicologica. Dal canto suo, il Battaglione, pur avendo ammesso, negli anni, che una minoranza dei loro componenti aderisse all’ideologia nazista, ha sempre affermato che tale frangia estremista non fosse rappresentativa del gruppo.
"Eroi dell'Ucraina" - «Sono tutti disposti a morire per il loro Paese - avevano dichiarato alcuni suoi membri in un reportage condotto da Newsweek - il loro sostegno significa meno se sono nazionalisti?». A capo del battaglione, da cinque anni a questa parte, c’è Denis Prokopenko, ex capo dei tifosi della Dinamo Kiev ed estremista nazionalista. Ed è proprio a questo discusso personaggio che, alcuni giorni fa, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha conferito una delle massime onorificenze al merito quale "Eroe dell’Ucraina", nonostante, tra i due, negli anni ci fossero state delle acredini.
Sarebbe facile per l’Occidente puntare il dito contro tale deriva nazista, se non fosse la stessa Nato coinvolta nel fenomeno. È di pochi giorni fa, infatti, la notizia data da Nexta Tv, media bielorusso distribuito attraverso i canali Telegram e YouTube, secondo la quale la Nato starebbe addestrando a Kharkhiv le forze militari ucraine tra cui proprio il battaglione Azov. Ciò a riprova del fatto che gli interessi economici e politici, in guerra, spesso vengono spacciati per ideali di Giustizia.