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Qatargate: ecco come nasce uno scandalo per corruzione

Il 9 dicembre la polizia belga ha condotto una serie di retate e di arresti. I nomi degli indagati sono noti. Ma chi ha diviso le mazzette?
Il 9 dicembre la polizia belga ha condotto una serie di retate e di arresti. I nomi degli indagati sono noti. Ma chi ha diviso le mazzette?

«Una vicenda vergognosa e intollerabile. Una delle più drammatiche storie di corruzione di questi anni». Così Paolo Gentiloni, commissario europeo agli affari economici ha definito lo scandalo per presunta corruzione in seno al Parlamento europeo denominato Qatargate, per assonanza con il Watergate che costò la poltrona di presidente degli Stati Uniti a Richard Nixon agli inizi degli anni Settanta.

In questo caso, secondo quanto sostenuto dalla magistratura belga, si crede che «uno Stato del Golfo abbia cercato di influenzare le decisioni economiche e politiche del Parlamento europeo». Le accuse formulate sono di corruzione, associazione a delinquere e riciclaggio. I sospetti si sono concentrati sul Qatar che, da anni, tenta in tutti i modi di accattivarsi le simpatie dei Paesi occidentali.

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Mai come quest'anno, poi, tale esigenza è divenuta ancora più pressante, in considerazione dei tanti scandali che hanno investito il Paese impegnato nell'organizzazione della Coppa del Mondo di calcio 2022. Fin dalla data di assegnazione al Qatar, infatti, il Mondiale appena conclusosi è stato caratterizzato da questioni drammatiche come i migliaia i operai morti per la costruzione delle infrastrutture sportive, la pressione economica esercitata dal Paese ospitante agli organi Fifa per garantirsi l'assegnazione del Mondiale, oltre che il totale spregio dei diritti civili di donne e persone omosessuali.

Secondo la procura belga, i soldi sarebbero stati elargiti proprio a quei politici in possesso di una certa credibilità nel campo dei diritti dei lavoratori, utili quindi per riconquistare una credibilità a livello internazionale. L'indagine, avviata in gran segreto già dallo scorso luglio, è divenuta di dominio pubblico agli inizi di dicembre, a seguito dell'arresto di quattro persone, coinvolte nella presunta corruzione, tra cui l'ormai ex vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili e l'ex europarlamentare italiano Antonio Panzeri, presidente dell'associazione Fight Impunity, dedita alla lotta all'impunità per gravi violazioni dei diritti umani o crimini contro l'umanità, la cui sede, in Rue Ducale vicino all'ambasciata statunitense, è stata perquisita dalla polizia belga.

AfpPier Antonio Panzeri

Sono stati arrestati anche il compagno di Kaili, Francesco Giorgi, assistente parlamentare di Andrea Cozzolino, europarlamentare per il Partito Democratico, e Niccolò Figà-Talamanca, segretario della Ong "No Peace Without Justice", vicino al Partito radicale italiano.

Il primo a parlare sarebbe stato Giorgi che ha ammesso, in dichiarazioni messe a verbale il 10 dicembre davanti ai giudici belgi, di «aver fatto tutto per soldi di cui non avevo bisogno». Secondo il quotidiano belga Le Soir, citando i documenti giudiziari, il ruolo di Giorgi sarebbe stato quello di gestire i contanti mentre «Panzeri sarebbe il capo di questa presunta organizzazione».

Nell'indagine sono coinvolte anche diverse altre persone, come la moglie e le figlie di Panzeri e l'eurodeputato belga di origini italiane Marc Tarabella. I giudici della Corte d'appello di Brescia, accogliendo la richiesta della magistratura belga, ha disposto che Maria Dolores Colleoni, moglie di Panzeri, sia tradotta in Belgio nell'ambito delle indagini in corso.

AfpEva Kaili e Francesco Giorgi in Qatar

Sono stati altresì perquisiti, e poi sigillati, gli uffici di Giuseppe Meroni, ex assistente della presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola e di Donatella Rostagno, assistente dell'europarlamentare del gruppo dei socialisti Maria Arena. Coinvolto nelle indagini è anche Luca Visentini, segretario generale della Confederazione internazionale dei sindacati (Ituc) che aveva sostenuto che «il Qatar dovrebbe essere visto come una storia di successo». Arrestato e stato poi rilasciato, Visentini ha dichiarato di «aver ricevuto una donazione dalla Fight Impunity di Panzeri di importo complessivo inferiore a 50 mila euro, per rimborsare alcuni costi della mia campagna per il Congresso della Ituc che ho trasferito al Fondo di Solidarietà Ituc per sostenere i costi di viaggio al Congresso per i sindacati».

AfpRoberta Metsola

Nell'inchiesta in corso si parla di soldi, moltissimi soldi, elargiti al politico influente di turno per ripulire l'immagine del Qatar, sommerso dai troppi scandali. Solo una gran quantità di soldi, infatti, può giustificare delle dichiarazioni del tenore di quelle rilasciate da Eva Kaili lo scorso 21 novembre che affermava convinta che «il Qatar è all'avanguardia nei diritti del lavoro, abolendo la kafala (la fideiussione nel diritto islamico) e riducendo il salario minimo (…) si sono impegnati in una visione per scelta e si sono aperti al mondo», nonostante ci siano persone che «li maltrattano e accusano di corruzione chiunque parli con loro o si impegni». «Sono persone intelligenti e istruite - ha continuato Kaili - che ci hanno aiutato con la Turchia e con l'Afghanistan per salvare attivisti, donne e bambini. Sono buoni vicini e partner. Hanno già raggiunto l'impossibile».

Viene spontaneo chiedersi se parole tanto zuccherose possano essere state suggerite dai sacchi pieni di soldi trovati in casa dell'ex vicepresidente. Per la precisione 750 mila euro in tagli da 20 e 50 euro, di cui 150 mila trovati a casa di Kaili e 600 mila in una valigia del padre che stava scappando in fretta e furia da Bruxelles. Anche in casa di Panzeri sono stati trovati 600 mila euro in contanti.

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Ogni giorno emergono sempre nuovi particolari sul conto dell'ex eurodeputato italiano che, stando ai filmati esaminati dalla polizia belga, consegnava i soldi elargiti dal Qatar in buste con Babbo Natale stampato in bella vista. In un video del 10 ottobre scorso, si vede Panzeri, nel salotto della propria casa a Bruxelles, consegnare tre di queste buste natalizie, dell'importo complessivo di 50 mila euro, a Luca Visentini mentre ironizzava dicendo «sembriamo quelli di Ocean's Eleven».

Secondo l'accusa, Panzeri, per conto di terzi, avrebbe sponsorizzato l'ascesa di Visentini per poter assicurare agli Stati finanziatori un sindacato compiacente. Visentini, come già detto, dal canto suo ha invece rispedito al mittente ogni accusa sostenendo che tale donazione «non fosse collegata ad alcun tentativo di corruzione, né di influenzare la mia posizione sindacale sul Qatar o su altre questioni, né di interferire con l'indipendenza dell'Ituc».

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Dopo un primo momento in cui i principali protagonisti della vicenda si sono trincerati dietro un muro di silenzio, rifiutando ogni coinvolgimento nella vicenda, è seguito poi un valzer di accuse reciproche e di mezze ammissioni. È del 20 dicembre la notizia, diffusa dal quotidiano belga Le Soir, che anche Eva Kaili ha ammesso delle proprie responsabilità, avendo dichiarato di aver incaricato il padre di nascondere il denaro contante ricevuto e di essere stata a conoscenza dell'attività portata avanti dal compagno Francesco Giorgi in combutta con l'eurodeputato Antonio Panzeri.

Sempre secondo Le Soir, anche quest'ultimo avrebbe riconosciuto in parte il proprio coinvolgimento puntando però il dito sull'ex collega socialista Marc Tarabella, indicato come «reale beneficiario» delle elargizioni provenienti dal Qatar.

ReutersMarc Tarabella

Secondo la ricostruzione fatta dal quotidiano belga, analizzando i documenti in possesso della magistratura di Bruxelles, Kaili, entrata nel panico alla notizia del fermo giudiziario del compagno, avrebbe contattato il padre per mettere in salvo il denaro e tentare la fuga. La stessa avrebbe poi tentato di chiamare Panzeri e altri due eurodeputati, di cui non è stato diffuso il nome, per avvertirli di ciò che stava accadendo. Il tentativo di inquinare le prove, e la presenza di ingenti somme di denaro nella propria abitazione, avrebbero convinto la magistratura belga della necessità di porla in stato di arresto.

Il Qatar, dal canto suo, ha sempre negato, e continua a farlo, di aver elargito tangenti ai parlamentari europei. Inoltre, attraverso la nota di un diplomatico, l'emiro Tamim bin Hamad Al Thani, ha avvertito l'Unione europea che la decisione di bloccare l'accesso del Parlamento europeo al Qatar potrebbe avere «un impatto negativo sulla cooperazione regionale e globale e sui colloqui in corso su energia, povertà e sicurezza». «È profondamente deludente che il governo belga non abbia fatto alcuno sforzo per impegnarsi con il nostro governo al fine di stabilire i fatti una volta a conoscenza delle accuse (…) i nostri Paesi hanno collaborato durante la pandemia da Covid-19 e il Qatar è un importante fornitore di Gnl per il Belgio». Come a dire che, in un momento di profonda crisi energetica ed economica, è quanto mai necessario che i Paesi occidentali tengano a mente chi sono i propri fornitori di energia.


Appendice 1

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AfpEva Kaili e Francesco Giorgi in Qatar

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