L'ammissione di Darya Trepova, 26 anni, dopo l'arresto. Il marito: «È stata incastrata».
MOSCA - «Sono stata io», a poche ore dall’attentato avvenuto in un caffè di San Pietroburgo, dove nell'esplosione di una bomba ha perso la vita il blogger russo Vladlen Tatarsky, il Cremlino ha già il colpevole. Darya Trepova ha confessato durante un interrogatorio con i servizi segreti. «Ho portato io lì dentro la statuetta che poi è esplosa». La donna è infatti accusata di aver trasportato all’interno del locale una statuetta in cui si nascondeva dell’esplosivo.
L'ammissione - Il video dell’interrogatorio, diffuso attraverso i canali Telegram, mostra la giovane 26enne confessare il crimine. Alla domanda su chi le avesse consegnato la valigia con la statuetta la ragazza ha risposto in modo evasivo. «Posso dirlo più tardi?».
«È stata incastrata» - L'ipotesi che sta prendendo piede tra gli uffici del Cremlino è che Trepova sia stata "utilizzata" e che non fosse a conoscenza del contenuto della statuetta. Un'ipotesi sostenuta anche dal marito della 26enne, Dmitry Rylov, contattato all'estero dalla Cnn. «Darya ha detto di essere stata incastrata, e io sono completamente d'accordo: nessuno se lo aspettava. Per quanto ne so, era necessario consegnare questa statuetta, in cui c'era qualcosa. Ne abbiamo parlato almeno due volte. Darya, in linea di principio, non è il tipo di persona che potrebbe uccidere qualcuno», ha spiegato attivista anti-guerra che in passato è già finito in manette per aver manifestato contro l’invasione dell’Ucraina.
Kiev e Navalny i capri espiatori - Appurata l’identità dell’assassino, il Cremlino ha le idee in chiaro anche sul mandante. «È stato stabilito che l'attacco terroristico al giornalista Vladlen Tatarsky, commesso a San Pietroburgo il 2 aprile, è stato pianificato dai servizi di sicurezza ucraini e ha coinvolto agenti che collaborano con la cosiddetta Fondazione anticorruzione di Navalny, di cui la detenuta Trepova è attiva sostenitrice», si legge in un comunicato del Comitato nazionale antiterrorismo.
Propaganda - La risposta di Navalny? Non si è fatta attendere. Ivan Zhdanov, socio dell’attivista russo, ha smentito subito l'implicazione della Fondazione anticorruzione, di cui Navalny è leader, nell’attentato di San Pietroburgo. «Non siamo coinvolti. Cercano solo di prolungare la pena detentiva di Navalvy». Secondo Zhdanov il Cremlino cerca un capro espiatorio interno per compattare la nazione di fronte alle critiche per gli insuccessi in Ucraina. «La Russia non ha bisogno solo di un nemico esterno sotto forma dell'Ucraina, ma anche di uno interno sotto forma della squadra di Navalny».