L'evoluzione del conflitto alla luce della ribellione del gruppo Wagner, spiegata dall'esperto Aldo Ferrari.
Un golpe, l’inizio di una guerra civile, oppure una semplice «protesta contro la decisione di sciogliere il gruppo Wagner», come ammesso dallo stesso leader Yevgeny Prigozhin tramite un video pubblicato ieri sera. È ancora presto per decifrare la “marcia della giustizia” su Mosca intrapresa sabato dalla milizia mercenaria e inspiegabilmente interrotta a pochi chilometri dalla capitale russa.
Le conseguenze nel conflitto
Nella difficoltà a decifrare una serie di eventi ancora troppo nell’ombra, una certezza sembra emergere con insistenza: niente sarà più come prima sul fronte dei combattimenti in Ucraina. «Al di là di quello che è successo, o che non è successo sabato, il punto principale rimane il conflitto», ci spiega Aldo Ferrari, professore all’Università Ca’ Foscari di Venezia e responsabile dell'Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale dell’Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale).
Nonostante la necessità di commentare gli avvenimenti bisogna «rassegnarsi al fatto che è necessario attendere gli sviluppi». Ma la cosa più importante rimane a «mio giudizio l’evoluzione bellica». Insomma come si comporterà l’esercito russo dislocato sul fronte in Ucraina?
Un regalo inaspettato
Andiamo con ordine. Kiev si è ritrovata un regalo inaspettato. Il caos in cui è sprofondata la Russia e le crepe ormai chiare all’interno del Cremlino rappresentano un’occasione irripetibile. «Da quello che si può vedere però, almeno fino a questo momento, non sembra che l’Ucraina abbia approfittato in maniera particolare del disordine interno alla Federazione». Un’occasione persa? «Kiev ha rivendicato la conquista dell’ottavo villaggio sperduto e alcune conquiste tattiche. Tradotto: qualche altura di 50 metri su una pianura». Troppo poco per chi si aspettava un effetto domino sull’andamento dell’offensiva ucraina.
Una svolta decisiva che non è quindi arrivata, complice l’accordo trovato in extremis tra il capo della Wagner e il presidente Vladimir Putin. Un’intesa «incomprensibile» e difficile da decifrare con gli elementi che abbiamo a disposizione, secondo il professore, e che ha scongiurato scenari più drammatici. «Questo ha permesso di non diminuire la già scarsa quantità di truppe russe stanziate in Ucraina. Finora quindi le ripercussioni sono state decisamente modeste, ma non vuol dire che nei prossimi giorni la situazione non possa cambiare».
I rischi dell'offensiva
Eppure la domanda sorge spontanea: come mai gli uomini di Zelensky non sono stati in grado di sfruttare lo smarrimento delle truppe russe? «Tutto sommato i soldati che ha a disposizione Kiev non sono sufficienti per un’azione più intensa e più decisa di quella intrapresa sinora». Una questione di risorse ma non solo. «I russi in questi mesi si sono preparati bene su posizioni difensive fortificate e ben costruite. Una situazione di vantaggio rispetto a chi attacca allo scoperto sotto il fuoco dell’artiglieria e sotto l’azione dell’aviazione russa che ha una netta superiorità su quella ucraina».
Per provare a sfruttare questo momento di confusione in Russia, «l’Ucraina dovrebbe probabilmente impiegare tutte le riserve che ancora non ha gettato sul campo». Un rischio che Kiev non può correre senza sguarnire le difese per un possibile contrattacco. «Mi sembra che tutto sommato quello che sta avvenendo sul campo corrisponda alle forze in gioco».
Il mito dei mercenari del gruppo Wagner
E qui entra in gioco il futuro dei mercenari della Wagner. La forza e l’esperienza del gruppo è innegabile eppure in molte battaglie decisive per l’offensiva russa in Ucraina, gli uomini di Prigozhin non c’erano. L’apporto della Wagner è stato sovrastimato? «Probabilmente, anche perché fa impressione una milizia privata che combatte una guerra moderna alle porte dell’Europa». Eppure, aggiunge in fretta il professore, i mercenari hanno dato prova di una forza estrema in alcuni contesti ucraini. «In almeno un paio di casi, a Solear e a Bakhmut, la Wagner ha fatto delle cose notevoli. Facendo ciò che l'esercito non ha fatto, perché i comandi non avevano il desiderio di logorare le poche truppe disponibili in azioni sanguinosissime e di scarsa rilevanza strategica».
Malgrado i molti dubbi Ferrari cerca di definire il futuro prossimo della milizia. «L'evoluzione più probabile per la Wagner è quella di una sostanziale limitazione del suo campo di azione». Potrebbe essere dislocata lontano dal conflitto in Africa o al limite in Bielorussia, «magari a puntellare il regime di Lukashenko che ne ha bisogno». Il futuro della Wagner, dopo la ribellione di sabato, sembra essere lontano dal fronte ucraino. «A meno che ciò che abbiamo visto sabato non sia solo la punta dell’iceberg di qualcosa di molto più grande che sta sotto. Le dinamiche di quello che è successo sono ancora oscure».
L'esercito russo rischia di spaccarsi
Le crepe interne al Cremlino, ormai esposte alla luce del sole, non sono però le uniche a preoccupare Putin. Lo stesso esercito russo ha reagito in modo diverso all’operazione della Wagner. Sono stati molti i riservisti e i soldati russi che hanno accolto con entusiasmo la ribellione dei mercenari. Il rischio che le forze armate si spacchino è reale. «A mio avviso le manifestazioni di sostegno a Prigozhin e ai suoi musicanti (come li chiamano i russi), sono reali. In questi mesi è stato l'uomo che si è esposto, mentre Putin e i suoi fedelissimi stavano tranquillamente a Mosca». Una popolarità che non è passata inosservata. «Evidentemente c’è stato un accordo con i vertici militari della Russia meridionale, nella regione di Rostov. Altrimenti non sarebbe potuto arrivare tranquillamente in città con i suoi soldati». Rostov, oltre ad essere un centro strategico fondamentale, è infatti una città di oltre un milione di abitanti. «Una collusione, un accordo deve esserci stato».
Putin ha definito l’azione di Prigozhin «una pugnalata alle spalle». Sono molti gli analisti che si chiedono se il leader della Wagner abbia ora i giorni contati. «È chiaro che fare fuori una personalità di questo rilievo e smantellare il suo esercito privato è complicato. Ma nel caso l’eliminazione della milizia o la sua dislocazione altrove fosse seguita da un’attività militare più efficace di quella che la Russia ha portato avanti in quest’anno e mezzo credo che Prigozhin e la Wagner sarebbero rapidamente dimenticati. Però fatico a immaginare che adesso la Russia riesca a improvvisare quello che non è riuscita a organizzare e a pianificare finora».