È uscita ieri dal carcere Leslie Van Houten, che ad appena vent'anni partecipò a un efferato omicidio in California
Entrare in carcere a ventidue anni e uscirne a settantatré. Una vita passata dietro le sbarre, interi decenni di storia non vissuta: la propria e quella del mondo circostante che non è più quello conosciuto in gioventù quando si girovagava per le strade californiane come hippie. È quanto è accaduto a Leslie Van Houten il cui nome, ai più sconosciuti, diventa improvvisamente famoso se accostato con quello della Family di Charles Manson, il criminale statunitense noto per i cruenti delitti perpetrati con l'aiuto di alcuni suoi seguaci.
Di recente, il governatore della California Gavin Newson aveva dichiarato la volontà di non opporsi alla scarcerazione della Van Houten che stava scontando l'ergastolo comminatole per l'omicidio dei coniugi Leno e Rosemary LaBianca commesso nel 1969 a Los Angeles. L'avvocata della donna Nancy Tetreault aveva infatti dichiarato che la sua cliente sarebbe stata liberata nell'arco di due settimane, dopo l'esame del suo fascicolo da parte di un comitato per la libertà vigilata.
La scarcerazione di Leslie Van Houten è avvenuta invece con ampio anticipo e la donna è potuta uscire dal carcere martedì 11 luglio. Secondo quanto riferito dal suo legale, la donna dovrà vivere, per circa un anno, in una casa di accoglienza dove dovrà imparare nuovamente come si sta al mondo, dal fare la spesa all'utilizzo di una carta di credito. Come riportato dal sito Rainews, l'avvocata ha affermato che Van Houten «è entusiasta e sopraffatta, grata che le persone riconoscano che non è più la stessa persona che era quando ha commesso gli omicidi». Meno felice della scarcerazione è invece la figlia di Leno LaBianca la quale ha detto di avere «il cuore spezzato» dalla notizia.
Nata il 23 agosto 1949 ad Altadena, nella contea di Los Angeles, in California, in una famiglia della classe media molto religiosa composta dai genitori, un fratello maggiore e due fratelli adottivi di origine coreana. Dopo la separazione dei genitori, avvenuta quando Leslie aveva quattordici anni, la ragazza visse un'adolescenza difficile iniziando a fare uso di Lsd, hashish e amfetamine e scappando di casa svariate volte per sottrarsi al rigido controllo della madre che, all'età di diciassette anni la costrinse ad abortire e a seppellire il feto nel giardino di casa. Il trauma indusse la ragazza a troncare qualsiasi rapporto con la madre e la avvicinò alla cultura hippie.
Nel 1968, la giovane andò infatti a vivere in una comune dove conobbe Catherine Share che, poco tempo dopo, le presentò Charles Manson che amava definirsi un guru illuminato. «Eravamo come ninfe dei boschi e Charles aveva il flauto per richiamarci» disse durante il processo per l'omicidio di Sharon Tate la "consorella" Susan Atkins, mentre Leslie ammise, senza tanti giri di parole, che «ero così satura di acidi che non capivo nulla di ciò che stava al di fuori della mia realtà psichedelica. Non controllavo più nulla della mia mente».
Nel 1968 Charles Manson e i suoi seguaci si stabilirono allo Spahn Ranch, nella contea di Los Angeles, dove si praticava l'amore libero e le droghe erano il pane quotidiano degli appartenenti alla Family. Come un burattinaio, Manson gestiva ogni aspetto della comune, tra letture religiose e ambizioni musicali. Nei suoi deliri, l'uomo prese anche a vaticinare lo scoppio di una guerra razziale, che avrebbe visto combattersi persone di etnia diversa, mentre la Family avrebbe trovato rifugio «in una fossa senza fondo» dove si sarebbero riprodotti fino a ripopolare la Terra di cui sarebbero stati «i legittimi sovrani».
Dall'aprile del 1969, Manson e i suoi seguaci iniziarono a compiere diverse attività criminose come furti d'auto e negli appartamenti e la stessa Van Houten, che più volte aveva svaligiato la casa del padre, finì in prigione per un breve periodo. Dagli episodi di microcriminalità agli efferati omicidi il passo fu tragicamente breve e l'8 agosto dello stesso anno Manson ordinò il massacro di tutti coloro che vivevano nell'ex residenza del produttore discografico Terry Melcher che aveva deluso le sue aspirazioni al mondo della musica.
Nella villa di Cielo Drive, viveva il regista Roman Polanski e la sua giovane moglie, incinta di otto mesi, Sharon Tate. La notte tra l'8 e il 9 agosto quattro membri della Family entrarono nella villa dove si stava svolgendo una festa e uccisero tutte le persone presenti al suo interno, sparandolo loro e pugnalandole diverse volte. Nonostante Tate si fosse offerta come ostaggio e avesse supplicato di essere lasciata in vita il tempo necessario per partorire il figlio, venne zittita da Susan Atkins, con le parole «smettila di frignare, puttana! Non ce ne frega un cazzo di te e del tuo bambino», e pugnalata sedici volte.
Al massacro di Cielo Drive Van Houten non prese parte a differenza di quanto accadde il giorno dopo, il 10 agosto. Soddisfatto del clamore mediatico suscitato dall'omicidio di Sharon Tate e i suoi amici, Manson ordinò ai suoi seguaci di setacciare i quartieri di Los Angeles alla ricerca di altre potenziali vittime e la scelta cadde sulla casa dei coniugi LaBianca che si trovava di fianco all'abitazione di Phil Kaufman, un produttore discografico che Manson conosceva per aver preso parte ad alcune sue feste.
I seguaci della Family, tra cui Van Houten, colsero di sorpresa i coniugi LaBianca che si godevano una serata di riposo e dopo averli incappucciati con delle federe e aver stretto loro intorno al collo il filo elettrico di una lampada, iniziarono a pugnalarli a morte. La donna venne pugnalata quarantasette volte, e molte ferite furono inferte quando era già deceduta. Vennero anche rubati degli oggetti, tra cui un portafoglio e una carta di credito, con l'obiettivo di abbandonarli in un posto dove sarebbero stati rinvenuti da una persona con carnagione scura per addossarle la colpa dell'omicidio.
La polizia era ormai sulle tracce della Family di Manson che, sospettando di avere una talpa nel suo gruppo, torturò e uccise Donald Shea che, pur non appartenendo al suo gruppo, viveva vicino allo Spahn Ranch. La comunità si spostò, poi, a Baker Ranch dove Manson venne arrestato il 12 ottobre del 1969, mentre Van Houten venne catturata nel dicembre dello stesso anno. Durante il processo, la ragazza appariva spesso in stato di alterazione, e anni dopo ammise di aver assunto droghe durante il dibattimento.
Inoltre, così come le altre due imputate Susan Atkins e Patricia Krenwinkel, subiva ancora l'influenza di Manson tanto da incidersi una X sulla fronte così come aveva fatto il suo guru per protesta. Per tutta la durata del processo Van Houten negò di essere stata influenzata nel suo comportamento dal volere di Manson dichiarando di aver agito autonomamente e incolpandosi anche di crimini non commessi, come una violenta aggressione ai danni della sorella adottiva. Il 19 marzo del 1971 la donna venne condannata a morte pena poi commutata in ergastolo - la pena di morte venne abolita in California nel 1972.
Ora, come detto, la donna è tornata libera e avrà la possibilità di dimostrare all'età di settantatré anni di essere la persona diversa che ha assicurato di essere diventata in tanti anni di carcere. Di certo, nonostante il passare del tempo, non può essere cancellato il male fatto da Charles Manson e dalla sua famigerata Family che, a distanza di cinquant'anni, continua a far sentire la sua forte influenza nella cultura pop mondiale.
Come scritto da The Guardian tempo fa, quello che Manson desiderava di più al mondo, diventare famoso, l'ha infine ottenuto e la fascinazione per quanto di malvagio ha rappresentato per la cultura hippie dell'epoca continua a influenzare il lavoro di molti artisti, registi e musicisti, che si sono ispirati alla sua vicenda.
Dai Guns N'Roses ai Kasabian, da Ozzy Osbourn ai Sonic Youth con la loro 'Death Valley 69', in molte canzoni si trovano tracce delle sue deprecabili gesta. Il cantante Marylin Manson ha deciso addirittura di adottarne il cognome mentre gli Nine Inch Nails, scrissero il brano 'My monkey' usando un testo di Manson. Non sono mancati documentari e serie tv che, negli anni, hanno cercato di analizzare questo fenomeno, e nel suo film 'C'era una volta ad Hollywood', il regista Quentin Tarantino ha ricostruito gli avvenimenti che portarono alla strage di Cielo Drive offrendone una fine diversa e catartica: il Bene trionfa sul Male. Purtroppo solo nella finzione cinematografica.