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Animali e piante dagli effetti psichedelici: il mercato illegale alla luce del sole

Al contrario di quanto pensato, secondo un nuovo studio la maggior parte di questo tipo di compravendita non avviene sul dark web
Al contrario di quanto pensato, secondo un nuovo studio la maggior parte di questo tipo di compravendita non avviene sul dark web

Da alcuni anni il National Park Service, l'agenzia federale statunitense incaricata della gestione dei parchi nazionali, si è vista costretta ad avvertire i turisti del fatto che fosse ”vietato leccare i rospi del deserto del Sonora”, noti anche come i rospi del fiume Colorado.

Questi robusti e grossi anfibi - un esemplare adulto può arrivare a essere lungo 20 centimetri - posseggono una ghiandola posta dietro gli occhi che secerne un veleno utile, in natura, per scacciare i predatori, ma che fa gola a tante persone in cerca di emozioni forti avendo anche un forte effetto allucinogeno.

IMAGORospo del deserto di Sonora

Il veleno viene prelevato dalla schiena di questi animali, e lo si prepara per essere assunto tramite inalazione. Il famoso pugile Mike Tyson, ad esempio, alcuni anni fa confessò di fare regolare uso di tale sostanza velenosa che lo avrebbe quasi mandato al creatore ma anche aiutato «a perdere peso e rimettersi in forma», tanto da avviare un allevamento di questi rospi nel suo ranch in California.

La pericolosità di tale tipo di pratica deriva dal fatto che oltre alla triptamina psichedelica 5-MeO-DMT, il veleno del rospo del fiume del Colorado contiene anche la digossina, una sostanza che ha la capacità di far contrarre maggiormente le fibre muscolari del cuore potendo causare, quindi, gravi scompensi cardiaci e, nei casi più gravi, anche la morte.

Un vero e proprio mercato
I potenti effetti psichedelici del rospo del fiume Colorado sono ben noti anche ai numerosi frequentatori del dark web dove questa specie è illegalmente commercializzata proprio per le sue proprietà psicotrope. È quanto emerso da un recente studio, pubblicato sulla rivista People and Nature e condotto da una equipe di scienziati dello Invasion Science&Wildlife Ecology Group all'Università di Adelaide, in Australia.

Gli scienziati, esaminando diversi siti di vendita presenti nel dark web, hanno rinvenuto 153 specie di animali e piante vendute illegalmente nella maggior parte dei casi proprio per i propri effetti allucinogeni. Tra queste specie, infatti, oltre al rospo del fiume Colorado, compare la Mimosa tenuiflora, una pianta sempreverde, originaria dell'America centrale e meridionale, la cui corteccia e radici contengono il Dmt, una triptammina psichedelica, oltre che la yuremamina, un'altra potente sostanza psicoattiva.

IMAGOMimosa tenuiflora

Il catalogo dei funghi comprende 19 specie diverse, anch'esse con proprietà allucinogene. Il fatto che quasi tutte le specie commercializzate illegalmente avessero a che fare con il mondo degli stupefacenti ha meravigliato non poco gli stessi autori dello studio i quali hanno preso in considerazione, come raccontato al network The Conversation, «oltre 2 milioni di pubblicità di vendita di specie selvatiche pubblicate nel marketplace del web tra il 2014 e il 2020».

Oltre che per le proprietà psicoattive, come visto, le specie di animali e piante rinvenute nel dark web vengono vendute illegalmente anche per preparare unguenti e composti della medicina tradizionale o per confezionare capi di vestiario e accessori, come nel caso della pelle di serpente. In proporzione sono invece pochissime le specie animali vendute illegalmente quali animali da compagnia.

Vendite illegali alla luce del sole
Una delle particolarità di questa ricerca è quella di aver messo in evidenza il fatto che il commercio illegale di animali avvenga prevalentemente sui siti in chiaro, e non nel dark web, cosa abbastanza sorprendente se si considera che questo tipo di commercio è soggetto alle norme e ai divieti della Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate dall'estinzione, denominato Cities.

Tale Convenzione, siglata nel 1975, ha lo scopo di garantire che, ove sia consentito, la commercializzazione internazionale di una data specie di flora e fauna avvenga in maniera sostenibile e compatibile con il ruolo che tale specie riveste nel proprio habitat. Sono prese in considerazione sia gli esemplari vivi che le loro singole parti, come la pelle o l'avorio.

Depositphotos (lightsource)

Eppure, a dispetto di quanto stabilito nella Convenzione citata, il dato che emerge dal recente studio australiano è, di per sé, abbastanza allarmante perché fa capire, a chiare lettere, come i divieti a tale tipo di commercio, pur formalizzati, non vengano troppo spesso rispettati. Il fatto, cioè, che i trafficanti di specie protette si sentano sicuri nel portare avanti le proprie attività alla luce del sole, per così dire, la dice lunga sul loro stato di impunità.

Dello stesso avviso sono i ricercatori dello studio australiano per i quali, come riportato da Wired, «la risposta è che il commercio di animali avviene principalmente alla luce del sole (…) le regole sono evidentemente poche e insufficienti. A oggi, Cities protegge meno del 5% delle specie commercializzate. Il numero di specie commercializzate supera di almeno tre volte quello delle specie regolamentate».

Depositphotos (CD123)

Secondo Phill Cassey dell'Università di Adelaide «il mercato di piante e animali si gioca soprattutto in chiaro, ma il fatto che ancora i commerci illegali siano pochi nel dark web non significa che non esistano o che non potrebbero crescere in futuro».

Il contrabbando di specie protette movimenta un mercato clandestino che vale miliardi di dollari e che, secondo il WWF, costituisce la quarta attività criminale più redditizia dopo il traffico di droga, la contraffazione e la vendita illegale di armi. Tra le vittime più diffuse vi sono diverse specie di uccelli protette, rettili o anfibi, pesci d'acqua dolce e specie marine come coralli, ricci, squali e datteri di mare.

Il problema dei virus
Molto redditizio è anche il commercio illegale dell'avorio, delle corna di rinoceronte e delle pelli di tigre e leopardo per alimentare il quale questi animali sono a serio rischio di estinzione. Il bracconaggio e il traffico di specie protette non solo hanno un impatto devastante sulla biodiversità, ma sono veicolo per il diffondersi di agenti patogeni molto pericolosi per la salute pubblica.

Come riferito dal WWF Italia, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità sono oltre 200 le zoonosi conosciute, tra cui la Mers, l'Ebola e la febbre gialla, che possono diffondersi ulteriormente anche a causa di tale tipo di attività, ma esiste il rischio reale dell'emergere di nuove patologie pericolose per l'uomo.

Depositphotos (svetas)

Il fatto che i trafficanti di specie protette si sentano sicuri di portare avanti i propri commerci illegali su siti web visibili, e non nel deepnet, era già stato evidenziato da uno studio inglese, pubblicato nel 2016 sul Conservation Biology, nel quale i ricercatori avevano indagato lungamente il dark web alla ricerca di tracce di commercio illegale di specie protette non trovando niente di particolarmente rilevante.

L'anno dopo i ricercatori avevano compiute le medesime ricerche non trovando che piccole tracce di tale attività illegale, e ciò era dovuto all'impunità con cui i trafficanti potevano arricchirsi sfruttando i canali del web 'di superficie'.

Nel 2018, un'indagine condotta dalla Organizzazione non governativa britannica in difesa degli animali, Ifaw, aveva messo in luce come il traffico illegale di animali selvatici fosse molto attivo su piattaforme di e-commerce come Ebay, Gumtree e Preloved, nonostante siano stati disposti numerosi protocolli per vietarlo.

Non solo animali - Oltre che gli animali, il traffico illegale riguarda anche molte specie di piante, dai cactus alle orchidee che, per una diffusa ignoranza sull'importanza del mondo vegetale, viene percepita come meno grave nonostante il 40% delle specie vegetali sia a rischio estinzione.

Il fatto che ai giorni nostri, nonostante i tanti allarmi sul cambiamento climatico e la minaccia alla biodiversità, vengano portate avanti queste attività illecite la dice lunga sul bisogno di varare norme più stingenti e sulla necessità che ci sia una maggiore collaborazione tra i Paesi interessati dal commercio di specie protette che aumenta, secondo i dati diffusi dall'Interpol nel 2022, del 7% ogni anno.

Non può essere altrimenti, visto che chi si macchia di tali crimini nella maggior parte dei casi non viene preso o, se incriminato, rischia pene molto blande: pene detentive di mesi o pochi anni oppure una multa pagata la quale si torna a delinquere come prima.


Appendice 1

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