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La morte nell'ora di punta

Il 20 marzo 1995, alcuni membri della setta Aum Shinrikyō dispersero del gas sarin nella metropolitana di Tokyo. Fu una strage.
Il 20 marzo 1995, alcuni membri della setta Aum Shinrikyō dispersero del gas sarin nella metropolitana di Tokyo. Fu una strage.
Quel mattino morirono 13 persone. I feriti furono oltre 6'000. Ma il ricordo di quel giorno di trent'anni fa sta gradualmente sbiadendo nella memoria collettiva del paese.

Gettare via una cartaccia, se vi trovate in un qualsiasi luogo pubblico in Giappone, può essere impresa piuttosto ardua. È una di quelle cose che balzano all'occhio. O meglio, lo fa la loro assenza: di cestini per l'immondizia in giro, praticamente, non se ne trovano. E se è vero che in parte questa penuria è profondamente radicata nella stessa cultura giapponese - e in quel forte senso di responsabilità personale per cui ognuno è chiamato a occuparsi dei propri rifiuti -, è altresì vero che c'è un momento preciso che più di ogni altro ha contribuito a consolidare questa peculiare situazione: il 20 marzo del 1995; esattamente trent'anni fa. Il giorno dell'attacco alla metropolitana di Tokyo.

ImagoL'attentato causò la morte, nell'immediato, di 13 persone. Oltre 6'000 persone rimasero "ferite". Le cronache del tempo lo descrissero come uno scenario di guerra.

La morte arriva nell'ora di punta
I cinque attentatori - tutti appartenenti al movimento Aum Shinrikyō, una setta religiosa sulle cui origini e motivazioni torneremo in un secondo momento - entrarono in azione tra le 7 e le 8 di quel mattino, in piena ora di punta, rilasciando del gas sarin, un letale agente nervino, in tre distinte linee della rete metropolitana. Il liquido era contenuto in alcuni sacchetti di plastica, trasportati su cinque diversi vagoni e poi forati per permettere al contenuto di evaporare. Tredici persone morirono in quei momenti, mentre i feriti - alcuni dei quali riportarono danni fisici permanenti - furono oltre 6'000. Una strage.

«Mi sentivo soffocare. Tossivo in continuazione e ho iniziato a tremare. La persona che stava di fianco a me è crollata al suolo e, subito dopo, ha iniziato a suonare un allarme», raccontò un testimone allo Straits Times nel 2018, a 25 anni dall'attentato. Un altro superstite ricordò, su quelle stesse colonne, i terribili effetti del gas. La gente «in preda alle convulsioni sui sedili» e, in particolare, «un uomo, piegato contro un palo, con la camicia aperta, che perdeva fluidi corporei».

Ma ancora più impressionanti, se possibile, sono le testimonianze di chi, quel mattino di trent'anni fa, fu chiamato a portare i soccorsi sul posto. Tra loro c'era anche Adegawa Hiroshi; al tempo dirigeva l'unità di primo intervento nel quartiere di Shibuya - famoso in tutto il mondo per il suo incrocio - e oggi, a 70 anni, ha ricordato lo scenario irreale che lui e i suoi colleghi si ritrovarono davanti agli occhi. Perché, come raccontato alla NHK, la rete di servizio pubblico nipponica, la chiamata arrivò per una presunta esplosione, ma «non era accaduto nulla di tutto questo. Era tutto molto tranquillo», al punto che «pensavo di essere arrivato nel luogo sbagliato».

ImagoAgli interventi di soccorso successivi agli attacchi di quella mattina presero parte in tutto 1'364 persone. Di queste, 135 soffrirono conseguenze a causa dell'esposizione al gas (fonte: HNK).

A dissipare quasi subito quella prima impressione fu l'arrivo di una vittima, caricata sulla loro ambulanza. La corsa in ospedale, i tentativi di rianimazione, un giovane membro del team che si mette a starnutire. All'arrivo in ospedale, dopo aver dato in consegna il paziente, Adegawa ricorda che, improvvisamente, la vista si fece scura e le gambe non lo sorreggevano più. «Quando mi sono guardato allo specchio, ho visto le pupille che si restringevano». Non lo sapeva, ma lui stesso, soccorrendo quella persona, era stato esposto al gas nervino. «I suoi pantaloni erano bagnati, ma non c'era alcun odore. Probabilmente era sarin». Anche per il soccorritore fu necessario il ricovero in ospedale. Per l'uomo che avevano soccorso non ci fu invece nulla da fare.

Sarin, una morte atroce
Il sarin è un'arma terribile; è considerata un'arma di distruzione di massa, la cui produzione (e la conservazione) è stata messa fuorilegge dalla Convenzione sulle armi chimiche del 1997. Solitamente inodore e incolore (se puro), è un gas estremamente volatile, capace di intossicare sia attraverso la respirazione che con il semplice contatto con la pelle. Fu scoperto sul finire degli anni '30 del secolo scorso, da alcuni ricercatori tedeschi della IG Farben che lavoravano allo sviluppo di nuovi pesticidi. La sua azione colpisce le sinapsi nervose e, senza andare a perdersi in spiegazioni eccessivamente tecniche, provoca una progressiva perdita delle funzioni corporee. I sintomi? Si inizia dal naso che cola e dalla costrizione delle pupille. Subentrano quindi le difficoltà respiratorie, la rigidità del diaframma e il senso di nausea, arrivando alle convulsioni. La morte sopraggiunge per asfissia; in caso di inalazione diretta, entro una decina di minuti.

L'apocalisse di Aum Shinrikyō
La mano dietro alla strage della metropolitana di Tokyo è quella di Aum Shinrikyō, un movimento religioso fondato nella seconda metà degli anni '80 da Shōkō Asahara, al secolo Chizuo Matsumoto. Nato come un gruppo dedito allo yoga e alla meditazione, è divenuta una vera e propria setta apocalittica. E quello della metropolitana è solo uno - il più grave - dei crimini che riportano il suo sigillo. Tra questi si ricorda anche l'omicidio, commesso nel 1989, dell'avvocato Tsutsumi Sakamoto - colpevole di aver promosso un azione legale contro il movimento -, di sua moglie e del figlio, di soli 14 mesi. I loro resti ossei vennero ritrovati solamente nel 1995, in tre luoghi diversi, e solo dopo che gli autori del delitto, arrestati in connessione alla strage di Tokyo, confessarono i fatti.

Asahara, sedicente profeta e mente dell'attentato, venne arrestato il 16 maggio di quello stesso anno. Condannato nel 2004 per un totale di 13 capi d'imputazione, è stato giustiziato per impiccagione il 6 luglio del 2018 con altri sei membri della setta. Altri sei vennero giustiziati venti giorni dopo. La setta, nel suo massimo momento di popolarità, contava più di 10mila adepti. E non solo in Giappone.

ImagoShōkō Asahara - vero nome: Chizuo Matsumoto - è stato il fondatore, nonché leader, del movimento Aum Shinrikyō. Arrestato il 16 maggio 1995, è stato condannato a morte nel 2004 e giustiziato - per impiccagione - il 6 luglio 2018, con altri sei membri della setta.

La memoria che sbiadisce
Paradossalmente, in un mondo che virtualmente non dovrebbe poter dimenticare nulla, il ricordo di quanto avvenuto trent'anni fa nel centro di Tokyo sta sbiadendo dalla memoria collettiva della popolazione del Sol Levante. O meglio, questa è la chiara percezione che esprime oggi una larga maggioranza di chi ha vissuto, in qualche misura, sulla propria pelle quegli eventi. Una sensazione condivisa da quasi nove persone su dieci (87%), secondo un sondaggio condotto alla fine dello scorso anno dal servizio pubblico giapponese. E di riflesso, c'è chi teme che quanto accaduto possa ripetersi; in una società più "liquida" e digitale, in cui messaggi e ideologie incontrano sempre meno barriere. Citando, in conclusione, le parole del ministro della Giustizia giapponese, Keisuke Suzuki: «Non è una storia del passato. È un problema del presente.»


Appendice 1

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ImagoL'attentato causò la morte, nell'immediato, di 13 persone. Oltre 6'000 persone rimasero "ferite". Le cronache del tempo lo descrissero come uno scenario di guerra.

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ImagoAgli interventi di soccorso successivi agli attacchi di quella mattina presero parte in tutto 1'364 persone. Di queste, 135 soffrirono conseguenze a causa dell'esposizione al gas (fonte: HNK).

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ImagoShōkō Asahara - vero nome: Chizuo Matsumoto - è stato il fondatore, nonché leader, del movimento Aum Shinrikyō. Arrestato il 16 maggio 1995, è stato condannato a morte nel 2004 e giustiziato - per impiccagione - il 6 luglio 2018, con altri sei membri della setta.

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