La sfida tra Joe Biden e Donald Trump - per la Casa Bianca - che preoccupa milioni di cittadini americani
Giovedì va in scena a Washington la conferenza stampa politica più attesa degli ultimi anni. Alle 18.30 ora della capitale statunitense (le 00.30 in Svizzera) il presidente degli Stati Uniti Joe Biden risponderà alle domande dei giornalisti accreditati alla Casa Bianca.
Biden interverrà dal Walter E. Washington Convention Center, che ha ospitato molti incontro del vertice della NATO in corso in questi giorni. Ma è facile prevedere che non sarà l'Alleanza atlantica il principale argomento di discussione: ci si attende che Biden prenda posizione sulle richieste di fare un passo indietro nella candidatura a un secondo mandato, che ora dopo ora si fanno sempre più insistenti.
Ma come si è arrivati a questo punto? Abbiamo provato a ricostruire quello che sta accadendo negli Usa.
Quel maledetto 28 giugno
Dopo il dibattito tenutosi il 28 giugno scorso, in molti si sono detti insoddisfatti dei due candidati alla presidenza, accomunati, pur per diverse ragioni, dall'incapacità di rappresentare una scelta valida in questo delicato momento storico. Joe Biden è apparso stanco e fuori forma, ben lontano dall'essere il leader carismatico di cui l'America ha bisogno. Il suo stato di salute è parso così preoccupante da far interrogare i governatori democratici sull'opportunità di sostituirlo in corsa con un altro candidato più giovane e attivo, in grado di sopportare la fatica che un ruolo del genere comporta.
Il New York Times ha dato la notizia che il presidente starebbe «valutando di fare un passo indietro», ma tale affermazione è stata presto smentita dal portavoce della Casa Bianca Andrew Bates il quale ha bocciato l'articolo definendo il suo contenuto «assolutamente falso». Dal canto suo Tim Waltz, governatore del Minnesota, dopo un incontro tra Biden e i governatori democratici, ha affermato che «tutti noi siamo dalla parte di Joe Biden e vogliamo vincere a novembre». Lo stesso Biden, dopo aver fatto appello a una serie di scuse a giustificare il suo essere fuori forma, tra cui il jet lag, ha affermato a 'The Eangram show' «ho fatto un casino, ho commesso un errore». Mentre Biden, però, si giustificava dicendo «di aver fatto troppa politica estera», compiendo viaggi faticosi in giro per il mondo, il New York Times perdeva tempo nello specificare che «il tour de force è finito undici giorni prima del dibattito, dopo il quale ce ne sono stati due di assoluto riposo».
Biden stanco, Trump ridondante
Il quotidiano statunitense ha dato anche conto che nella settimana di permanenza al ranch di Camp David «Biden non ha mai rinunciato al suo sonnellino pomeridiano», a dimostrazione del fatto che l'opacità dimostrata nel corso del dibattito televisivo sia solo da imputare al suo essere in là con gli anni.
Nonostante una prestazione più brillante a livello televisivo, anche Donald Trump ha ricevuto numerose critiche da parte di coloro che lo accusano di parlare sempre degli stessi temi, lotta all'immigrazione, all'aborto e ripristino della pace in Ucraina, dicendo non poche bugie. Secondo il Guardian «Trump ha cercato di distogliere l'attenzione dalle sue battaglie legali e dai conseguenti problemi politici puntando l'attenzione sulla condanna di Hunter Biden, e ha misteriosamente suggerito che Biden 'potrebbe essere condannato come criminale non appena perderà la sua carica presidenziale». Trump, in sostanza, si è presentato, come è solito fare, nella sua veste di uomo della Provvidenza, colui capace di risolvere i mali del mondo ma senza indicare le modalità con cui intende farlo.
In sostanza, quindi, pur avendo lanciato degli appelli agli americani patriottici, e aver annunciato di rispettare l'esito delle votazioni solo «se si avrà una elezione giusta, legale e buona», il tycoon rimane un candidato fortemente discusso per la sua tormentata storia con la giustizia, e la sua capacità di dividere, più che di unire, il popolo americano che si prefigge di guidare e riportare all'antica gloria.
Uno scontro, due "sconfitti"
Il confronto tra i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti ha quindi nuociuto a entrambi, e secondo un sondaggio Gallup, condotto a giugno, il 59% degli elettori crede che Biden sia troppo vecchio per essere rieletto, mentre solo il 18% dice lo stesso di Trump che, è bene ricordarlo, ha solo quattro anni in meno del primo, mentre secondo un sondaggio della Nbc News sarebbero proprio i problemi giudiziari a remare contro la rielezione di Trump. Come riportato dal Guardian, quindi, molti americani si approcciano alle prossime elezioni ritenendo che «Biden sia troppo vecchio per un secondo mandato e Trump sia troppo caotico per tornare alla presidenza».
Alla luce di quanto detto viene spontaneo chiedersi se non ci fossero dei candidati più consoni a correre per la presidenza invece che riproporre uno scontro che sembra, in partenza, non soddisfare nessuna delle due parti politiche. Come è noto, per l'elezione alla Casa Bianca valgono delle regole che si differenziano non poco da quelle che siamo abituati ad applicare in Europa in occasione delle elezioni politiche, e la cui comprensione risulta a volte molto ostica. Le elezioni primarie, pur non essendo contemplate dalla Costituzione, fanno parte del sistema elettorale statunitense e servono per individuare i candidati, rappresentanti del Partito democratico e repubblicano, destinati a concorrere per la carica di presidente. A ciascun candidato, poi, vengono assegnati un numero variabile di delegati i quali rappresenteranno il proprio Stato alla Convention nazionale del Partito durante la quale verrà deciso il nome di colui che rappresenterà l'intera fazione alle presidenziali. Il sistema è reso complicato dal fatto che ciascuno Stato e partito possano regolare il processo di voto come ritiene meglio fare, applicando regole diverse per individuare il candidato vincitore.
Non bisogna poi dimenticare che le campagne presidenziali sono costosissime, e quindi disporre di sponsor o soldi propri è una condicio sine qua non per aspirare alla carica di Presidente. Come spiegato dagli esperti, però, mancavano delle vere alternative a questa scelta. Il partito repubblicano, in sostanza, è totalmente plasmato sul mito di Donald Trump, e sul suo moto 'Maga', Make America Great Again, e, così come scritto in un articolo sull'argomento nel Foglio, «ad aver giurato fiducia all'ex presidente c'è un piccolo esercito di governatori, deputati statali, giudici e funzionari pubblici (…) oltre a un intero ecosistema mediatico nato negli anni di Trump».
Due schieramenti con i paraocchi
Secondo il giornalista Marco Bardazzi, Biden e Trump sono lo specchio l'uno dell'altro, fin da quel lontano 2016 in cui rischiarono di concorrere alle presidenziali salvo poi decidere per la candidatura di Hilary Clinton per i democratici. Biden e Trump, quindi, sarebbero entrambi il risultato di decenni di cambiamenti, a livello politico e sociale, che hanno comportato la disfatta della classe media americana, e il sopraggiungere di problemi nuovi, quali l'abuso di droga e il proliferare dell'uso delle armi tra la popolazione, bianca e povera delle zone rurali, che si è sentita abbandonata a se stessa, e ha trovato in Trump un leader carismatico capace di redimerla dalla sua condizione miserevole. Di contro, Biden rappresenta quel Partito Democratico che, negli anni ha perso il contatto, come detto, con le fasce più povere della popolazione bianca, e fatica tutt'ora a esprimere rappresentanti politici di rilievo, nonostante qualche eccezione quale Alexandria Ocasio- Cortex o Pete Buttigieg.
Secondo la giornalista Moira Donegan del Guardian, a dispetto del rinnovato entusiasmo per tematiche quali la parità di genere e uguaglianza razziale, il Partito democratico non è riuscito a farsi carico di tali istanze sociali, ponendosi più come «un partito di centro-destra contro un partito di estrema destra, e questo per loro è l'unico modo di vincere». Secondo la Donegan ci si sta concentrando troppo sui problemi legati all'età di Joe Biden, quando il vero problema «è la debolezza della coalizione anti-Trump. La vera lotta politica, all'interno del Partito democratico è stata sospesa per sconfiggere Donald Trump e la sua minaccia alla democrazia costituzionale. Ma Trump continua a non essere sconfitto». Entrambi gli schieramenti politici, quindi, sembrano troppo concentrati sulle figure dei loro due leader, perdendo così l'occasione di compiere quell'atto di rinnovamento che migliaia di elettori chiedono a gran voce.