Le conseguenze del cambiamento climatico si faranno sentire anche nel nostro paese. Ma facciamo ancora troppo poco per la protezione del clima, afferma l’esperto.
ZURIGO - Negli ultimi trent’anni in Svizzera le temperature sono aumentate di circa un grado centigrado. Gli effetti di questo cambiamento si vedono soprattutto nelle Alpi, dove il volume dei ghiacciai è diminuito del 12 percento, di cui il 3 percento è andato perso soltanto durante lo scorso anno. Si parla di ghiaccio sciolto per 1,5 miliardi di metri cubi, un quantitativo che permetterebbe a ogni economia domestica elvetica di riempire una piscina da 25 metri.
Se non riusciamo a porre un limite al riscaldamento globale, entro la fine di questo secolo in Svizzera la temperatura media annuale sarà fino a 6,5 gradi centigradi più alta rispetto a 150 anni fa. Lo sostiene l’Accademia svizzera di scienze naturali. Per saperne di più, 20 minuti ne ha parlato con Reto Knutti, professore di fisica climatica al Politecnico federale di Zurigo.
Professor Knutti, come stanno messi i nostri ghiacciai?
«Stanno messi molto male. Se andiamo avanti così, alla fine di questo secolo in Svizzera non ci saranno più ghiacciai. A seconda dei calcoli, per esempio, si stima che al ghiacciaio dell’Aletsch presto non rimarrà più nulla degli ottocento metri di ghiaccio presenti a Konkordiaplatz. Anche per gli altri ghiacciai elvetici, tra cui quello del Rodano, non si prospetta un futuro roseo. Nella maggior parte del paese il ghiaccio è destinato a scomparire».
L’accordo di Parigi sul clima non dovrebbe portare a una significativa diminuzione delle emissioni di CO2?
«Certo, ma per ora l’accordo è ancora sulla carta. Gli impegni sono stati presi soltanto su base volontaria. E le promesse dei vari paesi non sono ancora sufficienti per una protezione sostenibile del clima. Se un paese non rispetta gli obiettivi che si è fissato, non è prevista una sanzione. Siamo comunque fiduciosi che sempre più paesi punteranno sulle energie rinnovabili e più imprese sulle tecnologie più efficienti, poiché queste saranno sempre meno costose».
La Svizzera fa abbastanza per la protezione del clima?
«La Svizzera è nella media, ma non è di certo esemplare. Il nostro obiettivo è di dimezzare le emissioni di CO2 entro il 2030. È un obiettivo ambizioso. Il problema è che il 20% di questo obiettivo può essere conseguito all’estero. Ossia: la Svizzera paga un altro paese - il quale a sua volta deve ridurre le emissioni - perché è più economico. In questo modo la Svizzera si trova decisamente sulla strada sbagliata».
Cosa ne pensa del Swiss Arctic Project?
«Oggigiorno la maggior parte delle persone è consapevole e anche piuttosto preoccupata del cambiamento climatico, come emerge da un recente sondaggio sulla questione. Tuttavia si fa ancora troppo poco. Quando si tratta di fare la differenza, a tutti risulta difficile, che si tratti della politica o della società. Un paragone che propongo è quello con i propositi per il nuovo anno: c’è la buona volontà, ma la messa in pratica è difficile. È faticoso e nella vita ci sono comunque cose più importanti. Il problema non è dunque la mancanza d’informazione, bensì riuscire a convincere la gente a un cambiamento dello stile di vita. Una spedizione scientifica di questo tipo potrebbe dunque essere estremamente importante per instaurare un legame con quelle persone che non percepiscono attivamente il problema. Non conta infatti soltanto ciò che viene detto, ma anche chi lo dice. Il messaggero è tanto importante quanto il contenuto del messaggio. Il progetto ha quindi un grande potenziale».
Cosa potete fare per il clima?
1. Non scaldare più con nafta o gas. In questo modo in Svizzera si potrebbero ridurre di circa un terzo le emissioni di CO2, afferma Knutti. «Oggigiorno non c’è più praticamente motivo di utilizzare questi metodi di riscaldamento».
2. Guidare auto più leggere, più piccole e più efficienti. Oppure utilizzare i mezzi pubblici. Anche in questo caso si parla di una riduzione delle emissioni di CO2 pari a un terzo. «L’occupazione media delle vetture è passata da due a una persona» dice Knutti. E contemporaneamente il peso delle auto è raddoppiato. «Oggi ci spostiamo quindi con quattro volte più metallo per chilometro e per persona. Non ha assolutamente senso».
3. Viaggi consapevoli. Le emissioni di CO2 generate dagli aerei non sono ancora tassate, pertanto volare è ancora molto conveniente. «Ma fare shopping a New York non è un diritto umano» sottolinea Knutti, usando le parole del presidente del politecnico di zurigo Lino Guzzella. Chi per le vacanze vola in Australia raddoppia in un colpo solo le proprie emissioni di CO2. Con un solo viaggio si annullano gli effetti del consumo di prodotti biologici e dell’attenzione che si presta ai problemi ambientali durante il resto dell’anno.
4. Evitare di mangiare carne ogni giorno. E acquistare prodotti di stagione e locali. «E per pranzo si potrebbe qualche volta optare per il menù vegetariano» dice Knutti.
5. Andare a votare. «Ogni cittadino può aiutare l’ambiente con il proprio voto» afferma Knutti. È infatti noto quali sono i partiti che si impegnano per la protezione del clima e per soluzioni rispettose dell’ambiente. Spetta quindi a ogni individuo definire il proprio futuro.