La soluzione sviluppata da Emergex punta a un'immunità a lungo termine. E non solo contro il coronavirus
Il vaccino anti-Covid potrebbe presto fare a meno di aghi e punture. Una equipe medica svizzera sta, infatti, lavorando ad un nuovo vaccino che verrà somministrato attraverso l’applicazione di un cerotto. Questo nuovo strumento di immunizzazione, denominato PepGNP-Covid 19, è stato sviluppato dal centro di ricerca medica inglese Emergex Vaccines e testato da Unisantè, rinomato centro universitario di medicina generale e sanità pubblica, con sede a Losanna.
Comincerà ufficialmente oggi la Fase1 della sperimentazione, a seguito dell’approvazione di Swissmedic, l’autorità svizzera preposta alla omologazione ed al controllo dei farmaci e dei dispositivi medici. Lo studio sarà condotto a Losanna in collaborazione con il Centro di Ricerca clinica, Crc, del ChuvUnil e il Dipartimento di Immunologia e Allergologia del Chuv, sotto la responsabilità del professor Blaise Genton, corresponsabile del Dipartimento di formazione, ricerca e innovazione di Unisantè. Secondo quanto affermato dalla dottoressa Alix Miauton, del Dipartimento di medicina tropicale, da viaggio e vaccinale, «si tratta di un vaccino complementare ad altri vaccini già esistenti. Non intende sostituirli. L’obiettivo della sperimentazione è determinare se il vaccino sia sicuro e non induca effetti collaterali».
Un'immunità prolungata e meno booster
Il nuovo vaccino svizzero si porrà, quindi, come ulteriore strumento di difesa contro il Covid- 19 a fianco agli altri vaccini già esistenti. A tal proposito, il professor Blaise Genton, responsabile dello studio, ha dichiarato che «in previsione della probabile persistenza del virus nei prossimi anni e della possibilità di una epidemia con nuove varianti meno sensibili ai vaccini attuali, è necessario sviluppare differenti tecnologie. Il nuovo approccio di questo vaccino risponde alla necessità di formare una immunità a lungo termine che eviti i booster stagionali». La novità rappresentata dal vaccino Emergex è che, a differenza di quelli attuali, non utilizza l’Rna messaggero ma mira a indurre l’immunità cellulare attraverso la produzione di anticorpi. Ci si affida ai linfociti T, un tipo di globuli bianchi specializzati nel riconoscimento ed eliminazione delle cellule infettate dal virus, oltre che nell’inibire la loro futura riproduzione. Il vaccino svizzero, invece che produrre anticorpi contro il virus, ha l’obiettivo di stimolare l’immunità cellulare con il vantaggio di indurre una immunità di lunga durata, atta ad affrontare le future mutazioni del virus. Mentre gli anticorpi sono, infatti, molto sensibili anche alle minime variazioni del virus, che diminuiscono la capacità di riconoscimento degli anticorpi, le cellule T conservano tale capacità molto più a lungo.
La lunga memoria delle cellule T
Quando il nostro corpo viene in contatto con un agente patogeno, come il Sars-Cov-2, produce una risposta immunitaria che può dividersi in due fasi: quella aspecifica, presente fin dalla nascita e non da un precedente contatto con il virus, e quella specifica, diretta in maniera mirata contro quel determinato agente esterno. Quest’ultimo tipo di risposta immunitaria è prodotta dai linfociti B, responsabili della produzione di anticorpi, e linfociti T, che si occupano della risposta cellulare al virus. Come è noto, nel caso in cui ci si infetti o ci si vaccini contro un determinato virus, il nostro sistema immunitario crea delle specifiche cellule della memoria in grado di attivarsi nel caso in cui si entri in contatto con l’agente patogeno. Gli attuali vaccini producono una risposta anticorpale mentre, se si avesse una risposta mediata dalle cellule T, si otterrebbe una immunità a lungo termine. I linfociti T sono in grado di riconoscere le cellule infettate dal virus che, sulla propria superficie, presentano una sorta di "marchio" che indica l’avvenuta infezione. Essendo in grado di riconoscere questa caratteristica, i linfociti T posso legarsi ed eliminare le cellule infette. Inoltre, come per i linfociti B, esistono anche linfociti T della memoria, capaci di riconoscere un virus precedentemente già incontrato.
Secondo Thomas Rademacher, fondatore di Emergex Vaccines, «i nostri vaccini basati su linfociti T sono stati progettati per offrire vantaggi significativi rispetto agli attuali sieri contro il Covid-19. L’emergere dell’ultima variante mette in evidenza l’importanza di un tale approccio nella gestione della situazione pandemica in evoluzione dinamica. Non vediamo l’ora di continuare a raccogliere dati per supportare lo sviluppo di questo importante vaccino di prossima generazione». Le prime dosi verranno inoculate da oggi ad un gruppo di 26 volontari sani, attraverso l’utilizzo di microaghi spessi meno di un millimetro per poi passare, in un secondo momento, all’utilizzo del cerotto dermico contenente 5000 impercettibili microaghetti. Tramite tale tipo di cerotto verranno somministrate delle molecole di sintesi che mimano alcune proteine virali capaci di stimolare le sole cellule T. Altro notevole vantaggio del nuovo vaccino è quello di mantenere stabili le proprie caratteristiche anche a temperatura ambiente: questo potrebbe permettere una distribuzione veloce ed efficiente a livello globale. Il vaccino Emergex, inoltre, sarebbe in grado di resistere per una settimana anche a temperature elevate, intorno ai 40 gradi.
I primi risultati? Entro il mese di giugno
I primi dati potrebbero essere disponibili entro il prossimo mese di giugno e, se anche le fasi 2 e 3 fossero soddisfacenti, il vaccino definitivo potrebbe essere disponibile entro il 2025. Con riguardo al vaccino a somministrazione cutanea, gli studi condotti fino ad ora sugli animali hanno dato ottimi risultati e hanno evidenziato la capacità di tale tipo di vaccino di neutralizzare il virus e di indurre una risposta immunitaria a lungo termine. La sperimentazione di tale tipo di vaccino, per la sua capacità rivoluzionaria nell’affrontare i virus, non è riservata solo al vaccino contro il coronavirus ma anche contro i virus influenzali e la Dengue, una malattia virale trasmessa tramite la punture di zanzare del genere Aedes. La stessa Emergex sta sperimentando un vaccino a somministrazione cutanea contro tale tipo di malattia che è diventata endemica nelle aree del mondo a clima tropicale.
La possibilità di disporre di un ulteriore strumento di prevenzione contro il Covid- 19 non può che essere accolta come un’ottima notizia, specialmente in un periodo, come quello che stiamo vivendo attualmente, in cui la situazione sanitaria è molto preoccupante. Anche da noi in Svizzera, come nel resto del mondo, il numero dei casi di persone affette da coronavirus sono in forte aumento e più del 60% delle infezioni sono dovute alla variante Omicron. Secondo l’esperto della task force contro il Covid 19, Richard Neher, la metà della popolazione svizzera potrebbe ammalarsi nel giro di qualche settimana. L’Ufficio federale della Sanità pubblica, Ufsp, ha reso noto, il 3 gennaio, che nelle precedenti 96 ore erano stati registrati 57.387 nuovi contagi, 57 decessi e 278 ricoveri per Covid-19. Nelle ultime due settimane, il numero totale di infezioni è 172.209, ovvero 1977,29 ogni 100 mila abitanti. Attualmente, in Svizzera, solo il 67,4% della popolazione ha ricevuto due dosi di vaccino e gli esperti continuano a confermare la possibilità di infettarsi con la variante Omicron, meno letale ma più contagiosa della variante Delta, anche dopo 3 dosi di vaccino.
Secondo Patrick Mathys, capo della Sezione gestione della crisi e collaborazione internazionale dell’Ufsp, il Ticino funge da "cartina tornasole" della situazione cantonale e, se per diverse settimane, il nostro Cantone aveva conosciuto un basso livello di contagi, «la ripresa - come ha dichiarato Mathys - è stata rapida ed è chiaramente dovuta a Omicron». Secondo i dati diffusi lunedì 3 gennaio, quasi 25 mila ticinesi si trovano in casa perché in isolamento o in quarantena e come sottolineato da Ryan Pedevilla, caposezione della Protezione civile, «con un fattore 1,5 con le nuove direttive, ci sono circa 15 mila persone in quarantena». In una situazione tanto difficile non rimane che affidarsi alla scienza ed alle forme di prevenzione messe in campo dalle istituzioni, in attesa di ricevere notizie positive, sul fronte della sperimentazione, del vaccino Emergex.