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Quando la violenza domestica arriva in pronto soccorso

Come si identifica una vittima di violenza domestica? A partire dal pronto soccorso fino alla polizia, le strategie in Ticino.
Come si identifica una vittima di violenza domestica? A partire dal pronto soccorso fino alla polizia, le strategie in Ticino.

Annientamento della capacità di giudizio, di azione e di parola. Arrivano in questo stato le vittime di violenza, anche al pronto soccorso degli ospedali ticinesi, e per questo spesso è difficile comprendere che dietro a malesseri cronici senza una reale ragione apparente, come disturbi intestinali ricorrenti e pelvici, potrebbero celarsi delle situazioni di violenza domestica.

Ecco perché il Centro competenze di psicologia applicata (DEASS) della Scuola professionale universitaria della Svizzera italiana (SUPSI) ha deciso di andare a fondo alla questione interpellando medici e infermieri dei reparti adibiti alle urgenze dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), realizzando lo studio “Le vittime di violenza domestica: come riconoscerle in Ps”, conclusosi lo scorso settembre dopo 18 mesi di indagini. Martedì 28 novembre si è svolta la presentazione, nell’ambito del convegno “Che genere di violenza. Conoscere e accogliere le vittime di violenza domestica in ambito professionale”, al Centro studi di Trevano.

«Il Centro psicologia della Supsi si occupa da anni della questione - ha spiegato a Tio/20 Minuti Cinzia Campello, docente-ricercatrice senior del DEASS -. Sappiamo che spesso i primi interlocutori delle vittime di violenza sono i curanti, ma è difficile riconoscerle perché spesso non si rivelano. Abbiamo dunque voluto analizzare la situazione nel nostro cantone».

 

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Il 94% dei 75 intervistati, tra medici e infermieri, ha dichiarato di essere entrato in contatto almeno con una vittima di violenza domestica nell'arco della sua carriera professionale. Il 50%, una o due volte durante gli ultimi 12 mesi. In Ticino, però, stando ai numeri diffusi qualche giorno fa, nel 2022 la polizia è intervenuta 983 volte per arginare episodi di violenza domestica e proteggere le vittime. Ciò significa che non tutti questi casi arrivano in ospedale.

Come riconoscere le persone vittima di violenza domestica

Ferite molteplici e a uno stadio di guarigione diverso, gravidanza in corso, racconto incoerente dell'accaduto, negazione della violenza, presenza di un partner controllante: i segnali che fanno scattare l'allarme nel personale medico e infermieristico. Da tenere in considerazione poi anche lo stato psicologico e la comunicazione non verbale: una persona vittima di violenza domestica solitamente ha un atteggiamento schivo, sottomesso, non vuole parlare e mostra segnali di stress quali ansia, paura e agitazione.

Ci sono però delle difficoltà che rendono complicato comprendere chi si ha veramente di fronte. In modo particolare infermieri e medici lamentano poco tempo a disposizione, così come l'impossibilità di seguire l'iter in una stanza dedicata e sicura per la vittima ed eventualmente i figli. Hanno poi segnalato la necessità di ricevere una formazione specifica. La Supsi ha quindi «offerto la possibilità di svolgere quattro giornate - a cui hanno partecipato 25 professionisti - e nei mesi successivi l’Ente Ospedaliero Cantonale ha sviluppato una serie di gruppi di lavoro e procedure che sono nate in parte grazie al percorso fatto».

La polizia cantonale previene i casi agendo sul territorio

Nell’arco della mattinata è stato poi presentato il Centro di Competenza Violenza (CCV) della Polizia cantonale, attivo da circa un anno sul territorio. «Il CCV è uno strumento in più che il Dipartimento delle istituzioni, in collaborazione con la Divisione della giustizia, mette in campo per rispondere alle crescenti e sempre più complesse esigenze nell’ambito della violenza di genere», racconta Marina Lang Bindella, psicologa e psicoterapeuta, responsabile del servizio di psicologia della polizia cantonale e del CCV della polizia cantonale.

Ma come si fa a capire di trovarsi di fronte a casi di violenza? «Alcuni si manifestano in modo più evidente, quando sussiste reato (quali lesioni semplice, minacce, coazione e coazione sessuale, violenza carnale, ndr). In questo caso approfondiamo d’ufficio». La sfida maggiore è però rappresentata «dalle segnalazioni dove il reato non c'è. Ecco dunque che dallo scorso maggio gli agenti della cantonale usano la "Piramide del Rischio".

Uno strumento utile per analizzare e prevenire gli atti violenti. «In questo modo, cerchiamo di identificare il più precocemente i fattori di rischio che si basano su quanto dice la letteratura, studiati sui casi già accaduti». Vengono presi in considerazione specialmente alcuni comportamenti definiti "tipici" come «la presa al collo, la violenza su donne in gravidanza, i tratti di personalità, il consumo di sostanze o alcol, la presenza di armi in casa e la comparsa in relazione di terze persone nell’ambito di una separazione». Questo strumento è stato adottato anche dalla Polizia della Città di Lugano nell'ambito del progetto VIDO+.

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Verso una polizia più moderna

Una volta che gli agenti compilano le piramidi, sotto forma di questionari, i dati vengono inviati al Gruppo prevenzione e negoziazione della Polizia cantonale che provvede a indagare sulla persona violenta. A questo punto: «Si invita l'autore a un colloquio o si sente la vittima e si procede con la presa a carico. Nella maggioranza dei casi noi li invitiamo poiché non c'è reato. In media l'80% delle persone convocate viene a sedersi al tavolo con noi».

Dietro a queste storie intrise di violenza si nasconde la difficoltà nel trovare un'alternativa. Oppure difficoltà economiche, o la non accettazione dell'abbandono da parte del partner. «Vi sono poi situazioni più complesse che richiedono un continuo contatto che può durare anche anni». «Il gruppo - sottolinea Lang Bindella - opera non solo in caso di violenza domestica, ma per stalking (In Svizzera non ancora un reato), violenza di genere, violenza mirata, casi psichiatrici», conclude.

Cambiamenti ai vertici

Con l'occasione è stato presentato il sergente maggiore capo Marco Castoldi che, dal 1° dicembre, subentrerà allo storico coordinatore del servizio di Violenza domestica della polizia cantonale, Giorgio Carrara. «Una nuova sfida professionale e personale - commenta Castoldi -. In questi anni, avendo lavorando nel Gruppo di prevenzione e negoziazione, ho potuto maturare esperienza in questo campo».


Appendice 1

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