La vicenda dello “scandalo Argo 1” sta tenendo banco da diversi mesi. Ancora non si è fatta chiarezza sulla vicenda. Tutto quello che c'è da sapere su un caso che sta scuotendo la politica ticinese
Richiedenti l'asilo in balia dei reclutatori dell’Isis, appalti non autorizzati, lavoro sottopagato o, addirittura, svolto in nero. E ancora riciclaggio di denaro, regalie a funzionari compiacenti e procedure di controllo e di sicurezza totalmente inosservate. La tempesta giudiziaria che si è abbattuta, lo scorso febbraio, sulla società di sicurezza Argo 1 è stata di tale portata da travolgere il governo ticinese. La vicenda dello “scandalo Argo 1” tiene banco dal 22 febbraio 2017 sulle pagine dei giornali. Ancora non si è fatta chiarezza sulla vicenda, le persone coinvolte si barcamenano parandosi dietro risposte fumose o inconsistenti e ai cittadini ticinesi rimane una insoddisfatta sete di giustizia. A noi il compito di dipanare i fili di questa complicata matassa, partendo dai fatti storici, così come si sono verificati, e facendo il punto dello stato attuale della vicenda.
Dal luglio 2012, a causa del sempre crescente flusso migratorio, la gestione dei centri provvisori istituiti per i richiedenti l'asilo è assunta dal Cantone tramite l’Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (Ussi). Tutti gli incarichi inerenti la sicurezza, i pasti e la pulizia del luogo, vengono assegnati dal Dipartimento della sanità e socialità (Dss) con mandato diretto, ad una ditta già operativa nei centri della Croce Rossa, la società Rainbow. Questo fino al luglio 2014, mese in cui il mandato viene affidato alla ditta Argo 1, il cui direttore operativo Marco Sansonetti lavorava già per la precedente ditta appaltatrice. Il mandato diretto, assegnato per un periodo di prova, ha scadenza il 31 dicembre dello stesso anno ed è sottoscritto da Paolo Beltraminelli, direttore del Dss, e Claudio Blotti, capo, fino al 2017, della DASF (Divisione dell'Azione Sociale e delle Famiglie), l’amministratore unico di Otenys SA Davide Grillo e il responsabile del reparto operativo Otenys Sa-Argo Marco Sansonetti. Il costo delle prestazioni per il 2014 ammonta a 423 mila franchi.
Quello che doveva essere un mandato diretto a termine viene, contravvenendo alla legge sugli appalti, rinnovato tacitamente dalla Divisione per gli anni a venire. Nel frattempo i fatturati di Argo1 continuano a lievitare: nel 2015 il fatturato ammonta a 1 milione e 105 mila franchi, nel 2016 ad 1 milione e 755 mila franchi e nel 2017 a 108 mila franchi, il tutto per l’impressionante cifra di 3,4 milioni di franchi. Tutto sembra procedere a gonfie vele per la ditta di sicurezza, fino a che, all’alba dello scorso febbraio, cento agenti della polizia cantonale e della polizia federale compiono nell’ambito di una maxi operazione federale e cantonale una serie di blitz all’interno di appartamenti , luoghi di preghiera e soprattutto nel centro di accoglienza per i richiedenti l'asilo di Camorino. Nel corso dell’operazione, il 22 febbraio, finisce in manette un trentatreenne svizzero di origini turche dipendente della società Argo 1 con l’accusa di essere un reclutatore dell’Isis, e il titolare della stessa società Sansonetti. Per quest’ultimo i reati contestati vanno dall’usura al sequestro di persona e atti di violenza nei confronti di almeno un richiedente l'asilo. Il 3 marzo il capo dell’Ufficio sostegno e inserimento Renato Scheurer viene esautorato dalle competenze inerenti gli stranieri e Beltraminelli dichiara che si tratta di una decisione volta a facilitare il lavoro della Controllo cantonale delle finanze (Ccf), chiamato ad analizzare l’operato della società di sicurezza.
Argo 1 è nell’occhio del ciclone e le attività di indagine, che operano anche in campo finanziario, fanno luce sul fatto che la ditta, dal 2014, ha incassato, la bellezza di 3,4 milioni di franchi dal Canton Ticino senza che il Governo abbia mai di fatto autorizzato l’incarico affidatogli da Beltraminelli. Il 14 marzo scorso la Commissione della Gestione decide di affidare alla Sottocommissione di vigilanza le valutazioni sullo scandalo Argo1 presieduta da Alex Farinelli del Plr. Viene deciso di affidare al Controllo cantonale delle finanze (Ccf) l’incarico di eseguire una serie completa di accertamenti sul mandato diretto assegnato dal Dss ad Argo 1. Dal rapporto di venti pagine consegnato al Governo, emerge che nel 2015 e 2016, i valori soglia della commessa avevano superato la quota di 350 mila franchi, motivo per cui sarebbe stato necessario indire un concorso pubblico per l’assegnazione del mandato sulla sicurezza, così come previsto dal Concordato intercantonale sugli appalti pubblici; allo stesso modo il mandato affidato ad Argo 1, per gli anni 2014 e 2015, non risulta iscritto nella lista delle commesse aggiudicate ad invito o per incarico diretto per importi superiori a 5 mila franchi.
Come se non bastasse il numero di reati contestati alla società di sicurezza cresce e lo scandalo si allarga ulteriormente: a seguito di una inchiesta realizzata dalla trasmissione della Rsi “Falò”, viene alla luce il fatto che nell’ottobre 2014 Marco Sansonetti abbia offerto due cene a spese della società Argo 1 alla responsabile del Servizio richiedenti l'asilo Carmela Fiorini e al compagno Fiorenzo Dadò, presidente del PPD. Risulta inoltre che Sansonetti fosse messo al corrente di quando dovessero avvenire i controlli cantonali alla struttura da lui gestita. Alla luce di quanto emerso lo scorso ottobre, la Commissione della Gestione ritiene indispensabile costituire una Commissione parlamentare d’inchiesta, con più ampi poteri rispetto alla Sottocommissione di vigilanza e che possa far luce definitiva su di una vicenda che conserva numerosi punti d’ombra. Il 17 ottobre la Gestione formalizza la richiesta di una Cpi al Gran Consiglio: il 6 novembre con 66 voti favorevoli e 11 astenuti, il Parlamento approva la costituzione della Cpi il cui compito sarà quello di verificare le responsabilità politiche e operative del Consiglio di Stato, dei Dipartimenti e dei servizi competenti coinvolti nella gestione del settore asilo e immigrazione. Ad ottobre il Consiglio di Stato decide altresì di costituirsi parte civile nel processo contro Argo 1, dichiarandosi parte lesa e prendendo le distanze da una vicenda che ha gettato assoluto discredito sulla classe politica e amministrativa coinvolta. Il Procuratore generale John Noseda rifiuterà però tale richiesta.
Di Argo 1 non c’è più traccia: l’azienda è stata liquidata e non figura più nell’elenco delle società legittimate a proporre un servizio di sicurezza. Argo 1 è diventata una società fantasma, così come ‘mandato fantasma’ è definito l’incarico ricevuto dalla stessa dalla DSS, dato che non figurava nella lista delle commesse aggiudicate ad invito o per incarico diretto con importi superiori a 5.000 franchi. Solo nel documento relativo al 2016, in seguito allo scandalo, è apparso il nome della ditta di Sansonetti.
Pesano sullo scandalo finanziario e politico che vede coinvolta la società di Sansonetti il rapporto consegnato dal Controllo cantonale delle finanze (Ccf) al Governo: venti pagine in cui si ripercorrono per filo e per segno i rapporti, ad oggi ancora da chiarire, intercorsi tra il Dipartimento della sanità e socialità e la ditta di sicurezza.
In esse vengono evidenziate le reiterate violazioni della legge sulle commesse pubbliche e gli altri aspetti oscuri della intricata vicenda che, di fatto, possono essere sintetizzati in quattro punti.
Il 27 luglio Argo 1 inizia ad operare nelle strutture del Cantone. Ma solo il 16 settembre 2014 viene stipulato il contratto tra il Dss e la società, relativo alla sorveglianza delle strutture ospitanti i richiedenti asilo, ed è concluso a tempo determinato con scadenza 31 dicembre dello stesso anno. Ed ecco il primo macroscopico errore: come rileva il Controllo cantonale delle finanze “il Dss non disponeva della competenza per la sottoscrizione del contratto iniziale e nemmeno per il suo rinnovo o per la conclusione di un nuovo contratto in forma tacita che sarebbe, invece, spettata al Consiglio di Stato”.
E’ stato invece stipulato un periodo di prova di 5 mesi dallo stesso Consigliere di Stato, Paolo Beltraminelli, e dal Capo della Divisione competente che è stato poi rinnovato tacitamente, senza il ministro ne fosse reso edotto in barba alle leggi sulla relativa competenza.
Inoltre Argo 1 “doveva garantire la presenza di almeno 8 persone per singola struttura” ad una tariffa di 35 franchi all’ora più Iva, oltre un supplemeto del 10% per il lavoro notturno, contro i 48 franchi dell’ex ditta Rainbow in cui aveva precedentemente operato Sansonetti e i 52,80 franchi della nuova ditta, Securitas, che ha ora in mano il centro. A questo punto non si può non rimanere basiti davanti al fatto che nessuno degli organi preposti al controllo, abbia mai rilevato il fatto che si tratta di una tariffa oraria irrisoria, ben al di sotto di quella prevista nel tariffario. Naturale che poi, in seguito, nell’ambito dei controlli effettuati sia emerso un lavoro sottopagato o, addirittura, effettuato in nero dai lavoratori della società di sicurezza.
Dal rapporto del Controllo cantonale delle finanze emerge chiaramente che nel biennio 2015-2016 i valori soglia della commessa hanno superato i 350.000 franchi, motivo per cui il Dss avrebbe dovuto indire un concorso pubblico per l’assegnazione dell’appalto della attività di sicurezza nei centri per i richiedenti asilo. E questo non è avvenuto. Ma non ci si ferma qui: nello stesso rapporto emerge che il mandato affidato ad Argo 1, nel biennio 2014-2015, non è mai stato iscritto nella lista delle commesse aggiudicate con mandato diretto per importi superiori a 5.000 franchi. Il Cantone ha quindi pagato l’ingente somma di 3,4 milioni di franchi dal luglio 2014 senza che nessuna verifica scritta sia mai stata sottoposta al Consiglio di Stato. Una lacuna macroscopica che non può certo essere ridotta a mera svista formale.
Secondo il Controllo cantonale delle finanze, è stata la Sezione delle finanze (Sf) del Dipartimento delle finanze e dell’economia a pagare ad Argo 1 quanto dovuto per le sue prestazioni. Sempre nel rapporto si legge a chiare lettere che “il Dipartimento ha dato seguito al pagamento delle fatture sulla scorta dei preavvisi formali con richiesta di pagamento formulati dall’Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (Ussi)”. Secondo il Ccf il controllo da parte dell’Ussi è stato lacunoso “giacché le fatture non sono state supportate da liste di dettaglio sulla presenza effettiva degli agenti di sicurezza presso i singoli centri di accoglienza”. Pur non contestando una vera e propria responsabilità nei confronti della Sezione delle finanze, tuttavia non può non balzare all’occhio come sarebbe bastato un controllo condotto con criterio per smascherare, fin da subito, il modo illecito di operare della società di sicurezza.
Sullo sfondo della vicenda Argo 1 si staglia la figura politica di Paolo Beltraminelli, esponente del Ppd e direttore del Dipartimento della sanità e socialità, di cui sia i Verdi che l'Mps hanno chiesto le dimissioni politiche, a tutela della credibilità delle istituzioni ticinesi. Il PS invece ha chiesto invece che Beltraminelli rinunciasse alla gestione della DASF.
Più volte chiamato a riferire al Governo del suo operato e intervistato per mesi da più importanti giornali locali, Paolo Beltraminelli si è sempre dipinto come una sorta di capro espiatorio in una situazione che sembra essergli sfuggita di mano.A corredo poi dei punti salienti trattati, rimangono una serie di vicende che sarebbe sbagliato classificare come secondarie ma che, al contrario, danno il polso di come la vicenda sia intricata e lontana da una soluzione. Uno di questi è, per esempio, la differenza di cassa rilevata dalla società Securitas, subentrata alla fallita Argo 1, la quale ha denunciato alla magistratura un ammanco in cassa di 791,05 franchi. Inoltre, non si può infatti, parlando dello scandalo della Argo 1, tacere sulla ormai famosa “vacanza a Bormio” durante la quale Marco Sansonetti ha omaggiato a Carmela Fiorini, funzionaria cantonale del Servizio richiedenti asilo, e al suo compagno Fiorenzo Dadò, due cene dal valore complessivo di 150 euro. Nonostante le persone coinvolte si siano affrettate a trovare giustificazioni, c’è di che sospettare della buona fede del gesto di magnanimità da parte di Argo 1 e del candore con cui, due persone pubbliche quali la Fiorini e Dadò, possano aver accettato a cuor leggero una simile “disinteressata” offerta.Il contratto, come più volte scritto, è stato sottoscritto da Paolo Beltraminelli, direttore del Dipartimento di sanità e socialità e Marco Sansonetti, titolare dell’Agenzia Argo 1, mentre sarebbe dovuto essere firmato dal Consiglio di Stato, presidente o cancelliere dello Stato, o tuttalpiù dal Dss ma ratificato dal Consiglio di Stato. Cosa che di fatto non avvenuta. Il Controllo cantonale delle finanze ritiene quindi che ci sia stata una violazione del Regolamento sulle deleghe di competenze decisionali del 1994 che stabilisce che un dipartimento è competenze per spese fino 30.000 franchi. Oltre questa soglia tutto passa nelle mani del Consiglio di Stato. Visto quindi che gli importi della commessa erano ben superiori rispetto al tetto massimo stabilito dal Regolamento, sarebbe stata necessaria, per sottoscrivere legittimamente il contratto, una delega da parte dell’Esecutivo. Anche in questo caso non sembra possibile archiviare una simile lacuna come semplice pasticcio burocratico.
Sulla scelta, rivelatasi clamorosamente sbagliata, di affidare la sicurezza dei centri accoglienza alla Argo 1, società neo costituita e senza particolari credenziali, lo stesso ha sempre dichiarato che c’era una situazione di emergenza a cui fare fronte dovuta ad un aumento del flusso migratorio, citando, a giustificazione del suo operato, l’articolo 13 capoverso 1 della legge sulle commesse pubbliche dove si fa riferimento a “eventi imprevedibili”. Peccato che il Controllo cantonale delle finanze abbia poi dichiarato che “almeno dal 2015 in poi”non ci fossero “elementi tali da giustificare la procedura dell’incarico diretto”. Cade quindi uno dei pilastri della difesa di Beltraminelli: non vi era nessuna emergenza legata alla sicurezza dei centri per richiedenti asilo. Non vi era dunque nessuna emergenza sicurezza e, anche ammettendo che ci fosse stata, non ci sarebbe stata nessun’altra agenzia più accreditata di Argo 1 ad occuparsene? Queste e tante altre domande relative al mancato controllo del direttore del Dss sull’operato della Argo 1, precedenti e successive alla firma del mandato, rimangono ancora senza risposta.
Il 27 novembre Fiorenzo Dadò spedisce 200.000 lettere ai ticinesi. Il presidente del PPD si rivolge al «Ticino moderato, non rancoroso», con una domanda retorica: «Perché tanta cattiveria?». La sua difesa, a 360 gradi, è di essere stato coinvolto in uno scandalo in cui «non c’entra assolutamente nulla», di essere stato travolto da una «campagna d’odio e disinformazione».
Il 9 gennaio 2018 il Consiglio di Stato ha deciso di costituirsi parte civile per chiarire tutti gli aspetti legati all'assegnazione del mandato milionario ad Argo 1. Il perito Marco Bertoli ha indicato la possibilità al Governo, in considerazione di una sentenza del Tribunale federale che precisa i contorni del reato di infedeltà nella gestione pubblica, previsto dall’articolo 314 del Codice penale. Quindici giorni dopo Bertoli ha consegnato al Governo il proprio rapporto che, il 30 gennaio, è stato poi depositato nelle mani della Commissione parlamentare d'inchiesta.
I contenuti del rapporto sono stati in seguito divulgati dal Corriere del Ticino in un lungo articolo pubblicato il primo febbraio. Nel rapporto Marco Bertoli sottolinea come non «si possa affermare che nel luglio 2014 vi fosse un’urgenza tale da dover attribuire il mandato ad Argo 1». Anche la presunta inadeguatezza di Rainbow non ha convinto per nulla il perito e sarebbe stata sostenuta solo a posteriori per giustificare la scelta di Argo1.Dal rapporto scritto da Marco Bertoli si evince inoltre che non «sono emersi fatti corruttivi», ma è ipotizzabile il reato di infedeltà «anche in caso di mero danno ideale verso l’ente pubblico e illecito vantaggio a terzi».
E la conclusione del perito non lascia spazio a dubbi: «Nessuna consecutio temporale sostiene la tesi del minor costo, nessuna offerta alternativa è stata richiesta in precedenza, nessuna pressione al ribasso fu fatta a Rainbow, salvo solo a fine 2015 - ma rimasta poi lettera morta -, e non è credibile la spontaneità dell’offerta Argo 1» e nemmeno il fatto che Scheurer fosse consapevole della non conformità formale del mandato.
Il 2 febbraio l'avvocato ed ex procuratrice pubblica Maria Galliani viene scelta per rappresentare il Consiglio di Stato quale accusatore privato nel caso Argo1.
Il 19 novembre 2018 Andrea Pagani ha informato le parti coinvolte dell'imminente chiusura dell'istruzione penale. Il Procuratore generale ha prospettato l'emanazione di un decreto di abbandono nei confronti di Claudio Blotti (ex capo della Divisione sociale del Dipartimento della sanità e della socialità) e Renato Scheurer (a capo dell'Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento fino a novembre 2017) per le ipotesi di reato di corruzione passiva, accettazione di vantaggi e infedeltà nella gestione pubblica, come pure nei confronti di Marco Sansonetti (ex responsabile dell'agenzia Argo 1) e Davide Grillo (l’amministratore unico di Otenys SA) per il titolo di reato di corruzione attiva e concessione di vantaggi. Ai quattro imputati e al Consiglio di Stato - che si era costituito accusatore privato nel procedimento penale - è stato fissato un termine di alcuni giorni per presentare eventuali istanze probatorie.
L’8 gennaio 2019, la Commissione parlamentare d’inchiesta ha concluso il lavoro di stesura della bozza del rapporto riguardante l’operato del Consiglio di Stato, dei Dipartimenti e dei Servizi competenti coinvolti nella gestione del settore dell’asilo.
Il 15 gennaio 2019, in seguito alla pubblicazione da parte del Caffè (in data 13 gennaio 2019) di alcuni stralci del rapporto parziale, la Commissione parlamentare d’inchiesta ha segnalato la fuga di notizie alla magistratura inoltrando una denuncia penale per violazione del segreto d’ufficio nei confronti di ignoti.
il 18 gennaio 2018, dopo essere stato firmato all’unanimità, il rapporto definitivo è stato consegnato da Michele Foletti al Consiglio di Stato, per tramite del Cancelliere. Il Governo potrà ora presentare al Gran Consiglio un proprio rapporto pedissequo a quello commissionale (giusta l’art. 44 cpv. 3 della Legge sul Gran Consiglio). L’intenzione della CPI è quella di proporre all’Ufficio presidenziale del Parlamento la discussione del documento durante la tornata parlamentare del prossimo 18 febbraio. La pubblicazione del rapporto, in caso affermativo, avverrà il prossimo 6 febbraio, contestualmente alla presentazione dell’ordine del giorno della seduta.
Sono 134 le pagine di rapporto scritte dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul caso Argo 1. Un anno e tre mesi di lavoro riassunti in lacune, mancanze, errori e carenze. Già nella premessa la CPI «non può non sottolineare come in questa vicenda siano state ripetutamente violate le principali regole alla base della gestione della cosa pubblica». Dal rapporto «emerge un quadro preoccupante e desolante» sulla conduzione «superficiale del settore dell’asilo». A causa di «carenze, anche gravi», vengono sollevati dubbi e perplessità «sull’adeguatezza della formazione e delle competenze del personale dirigente al servizio dello Stato». La Commissione punta il dito anche contro l'atteggiamento adottato da alcuni nella fase in cui bisognava far luce sulla vicenda: «Omissioni, segreti, reticenze, versioni concordate, ritrattazioni . Se tutti avessero detto la verità con umiltà e trasparenza sin dall’inizio - scrive -, si sarebbero risparmiati molto tempo e molto denaro, e si sarebbero evitate molte parole inutili e molti sospetti».
La Commissione non risparmia nessuno e analizza ruoli e responsabilità di tutti. «Claudio Blotti, in quanto Capo Divisione della DASF, è la persona che ha le maggiori responsabilità di quanto accaduto» scrive. Renato Scheurer, Capo ufficio dell’USSI, «è stato l’artefice di questa vicenda». Ha gestito «con approssimazione e superficialità tutta la questione legata ai richiedenti l’asilo, soprattutto dal lato formale e amministrativo. Ha fatto affermazioni e poi le ha ritrattate (anche davanti al Procuratore generale) in merito alla consapevolezza della necessità di una risoluzione governativa per il mandato ad Argo 1». Ma anche Renato Bernasconi ha le sue responsabilità, in quanto prima Capo SF, poi Capo DASF.
Il ruolo del Consiglio di Stato è invece «venuto meno». Nonostante si parli costantemente di "situazione d’emergenza", infatti, «si è lasciato che venisse gestita unicamente a livello dipartimentale». A Beltraminelli viene attribuita la "colpa" di non avere coinvolto il Governo. «Probabilmente ha ritenuto di potersi affidare ai suoi collaboratori, che non sono stati all’altezza della situazione. Siamo di fronte a un eccesso di fiducia». La responsabilità, comunque, «è lampante»: il Consigliere di Stato è direttore di Dipartimento. «È il capo della sua amministrazione e come tale ne risponde. Indipendentemente da chi siano i Divisionari, i Capi Ufficio o i responsabili di servizio».