Cause ed effetti di un clima sempre più impazzito
Non manca giorno che i telegiornali in tv o le applicazioni sul telefono non ci diano conto di qualche emergenza climatica: bombe d’acqua, alluvioni, cicloni e tornado fanno ormai parte della nostra quotidianità. Ma se è vero che certi fenomeni naturali possono apparire a noi distanti e coinvolgere Paesi lontani, in effetti anche ‘l’uomo comune’ è cosciente di essere testimone, ciascuno nella propria realtà, di uno sconvolgimento climatico che, da oltre 50 anni, sta cambiando, e continuerà a farlo, l’assetto del nostro Pianeta. Il clima, e le sue variazioni, sono indubbiamente il fattore che maggiormente determinano la vita quotidiana e le attività economiche, influenzando i comportamenti umani e, di conseguenza, la Storia.
Le cause: Fin dalla notte dei tempi l’uomo ha dovuto confrontarsi con i cambiamenti del clima che, in passato però, erano unicamente legati a cause naturali. Negli ultimi secoli invece, ad esse si sono aggiunte anche delle cause di origine antropica legati alle attività umane sempre più industrializzate e nocive per l’ambiente naturale, basti pensare all’emissione di gas ad effetto serra.
Se è vero infatti che l’effetto serra è un fenomeno naturale che comporta il trattenimento all’interno della crosta terrestre di una parte della radiazione termica solare, d’altra parte oggi l’effetto serra sta diventando un grave problema per gli ecosistemi terrestri e l’umanità. Le attività umane infatti ne stanno aumentando artificialmente l’intensità e la conseguenza più immediata è l’evidente rialzo della temperatura del pianeta. Basti pensare al continuo incremento del traffico merci e viaggiatori e al riscaldamento degli edifici che comporta sempre maggior combustione di carburanti, quali benzina o diesel, con conseguente emissione di Co2 ed aumento dell’effetto serra.
L'ecosistema soffre: Ed ovviamente, così come il resto del pianeta anche l’ecosistema svizzero mostra evidenti tracce di sofferenza rispetto a questo fenomeno, rese ancora più acute dalla particolare topografia del Paese caratterizzato da catene montuose con ghiacciai e permafrost che regolano la temperatura locale e un clima puramente continentale, senza influenza oceanica, che porta invece un maggior surriscaldamento rispetto ai Paesi che si affacciano sulla costa. E’ una evidenza scientifica che in Svizzera, negli ultimi 150 anni, la temperatura sia aumentata di quasi 2 gradi, più del doppio rispetto all’aumento medio mondiale: negli ultimi 150 anni la temperatura terrestre è aumentata da 0.09 a 0.11 C° per decennio con un sensibile aumento del tasso di riscaldamento nei soli ultimi 30 anni.
Surriscaldamento ticinese: Nel versante sudalpino il fenomeno del surriscaldamento si è fatto sentire in maniera particolarmente preoccupante: se in Ticino fino al 1980 il rialzo della temperatura si era manifestato in maniera irregolare, dopo questa data il cambiamento termico si è assestato su un livello di crescita sempre più massiccio e costante. Negli ultimi 25 anni proprio in Ticino si sono registrati i 10 anni più caldi dall’inizio delle misurazioni sistematiche e numerosi primati mensili e stagionali. E gli effetti di questo sono sotto gli occhi di tutti: diminuzione del numero di giorni di gelo, un netto aumento del numero di giorni estivi a media e bassa quota, una netta diminuzione delle nevicate e della lunghezza del periodo con neve al suolo, oltre la comparsa di specie di insetti e piante di origine tropicale. Gli effetti devastanti di questo fenomeno si riverberano anche nell’economia cantonale: sono a rischio diverse colture stagionali, il turismo invernale ha subito una preoccupante flessione e le piogge battenti hanno stravolto semine e fioriture. Questi sono solo alcuni esempi dei danni provocati dall’effetto serra.
Da sempre l’andamento del clima e la storia dell’uomo sono intrinsecamente legate: fin dalla sua origine infatti l’uomo ha dovuto far fronte a diverse ere climatiche adattandosi, con i mezzi che aveva a disposizione, al rigore dei ghiacci così come al torrido sole del deserto. Nell’arco alpino la presenza dell’uomo risale alle ultime fasi glaciali e, dopo aver colonizzato i siti montani più favorevoli, la sempre maggiore pressione demografica, lo ha spinto ai margini dei ghiacciai. Affidandosi alle analisi condotte in campo glaciologico e paleontologico è stato possibile ricostruire l’andamento climatico nella regione alpina degli ultimi 11 mila anni stabilendo che allora, in coincidenza con la fine dell’ultima glaciazione, la temperatura media fosse di 5 C°. I ghiacciai si ritirarono verso le quote alte e il clima si stabilizzò verso un assetto temperato che favorì lo sviluppo dell’agricoltura e
dell’allevamento di bestiame.
Si inizia a sudare: Le misurazioni strumentali in senso stretto risalgono alla seconda metà del XX secolo e in Svizzera esattamente al 1864, anno in cui fu messa in servizio la prima rete di rilevamento sistematico degli elementi metereologici da parte dell’allora Società Elvetica di Scienze Naturali. Ed è proprio grazie a questa misurazione scientifica che si è potuto rilevare come dal 1901 la temperature a basse quote nel Canton Ticino siano aumentate di 1,5 C° in totale con una accelerazione negli ultimi 30 anni. Già tra il 1940 e il 1950 la primavera e l’estate furono caratterizzate da una fase molto calda rispetto alle medie del periodo ma comunque con una intensità e durata nettamente inferiore rispetto agli ultimi 20 anni.
Ticino torrido: Parlando invece di anni più recenti è ancora ben impressa nella memoria dei ticinesi la torrida estate del 2003, quando, a basse quote, sono stati contati ben 110 giorni con temperatura massima uguale o superiore ai 25 C°, di cui 50-60 giorni con temperatura massima di oltre 30 C°.
Non è stato comunque il massimo raggiunto. Il 2011 ha infatti segnato il nuovo record di anno più caldo mai conosciuto dall’inizio delle rilevazioni del 1864. La temperatura è stata di 2 C° superiore alla media dei trent’anni precedenti e in Ticino, per la prima volta, si sono misurate temperature superiori ai 30 C° fin dal mese di aprile con conseguente scioglimento anticipato della neve. Anche il mese di settembre ha segnato il record del caldo più afoso da 250 anni a questa parte.
Ticino gelido: Altro anno, altro record, con il mese di febbraio del 2012 più freddo dall’inizio dei rilevamenti metereologici sistematici con minime, tra il 4 e 5, di - 18 C° al sud e addirittura -35 C° a Samaden, per poi passare, in meno di 20 giorni, il 25 febbraio ad una massima a bassa quota di 22-23 gradi. A sud delle Alpi l’inverno tra il 2013 e il 2014 è stato caratterizzato da precipitazioni eccezionali che hanno superato nettamente ogni precedente massima, tant’è che sulle montagne ticinesi si è misurato un cumulo di neve fresca di quasi sette metri: un vero e proprio record.
A nord della catena alpina invece la neve, tanto agognata da turisti e operatori del settore, si è avuta in quantità modestissime e a bassa quota si è avuto l’inverno più povero di neve degli ultimi 80 anni.; nel complesso i primi sei mesi del 2014 hanno avuto temperature nettamente superiori alla media con valori simili al record stabilito nel 2011.
Ma se la precoce calura faceva presagire un anno eccezionalmente afoso, ecco l’ennesimo colpo di scena di un clima che ci tiene a confermare la sua pazzia con una estate che dura solo una settimana: mai a nord delle Alpi si era misurato un luglio così piovoso. In Ticino l’estate del 2014 è stata la meno soleggiata di sempre per poi virare in un autunno contrassegnato da temperature talmente miti da essere annoverato tra il secondo più caldo dal 1864.
Un caldo record: In un crescendo di caldo e clima instabile si arriva al 2015 che si ricorda come l’anno più caldo di sempre in Ticino. In alcune zone del Cantone infatti si sono registrate punte di oltre 2.300 ore di soleggiamento che ha comportato una diffusa siccità (basti pensare che ad Ascona non è caduta una sola goccia d’acqua in tutto il mese di Novembre).
Nel complesso il 2015 verrà ricordato come il terzo anno più caldo dopo il 2011 e il 2014 ed il fatto che dopo il 2000 si siano registrati gli anni più caldi che si ricordino dall’introduzione dei rilevamenti sistematici non può che essere la chiara testimonianza di un mutamento climatico in corso.
Stesso discorso per gli ultimi due anni, il 2016 ed il 2017. Il primo si annovera come uno dei dieci anni più caldi, caratterizzato da un inverno mite, da un innevamento tardivo, da frequenti precipitazioni a nord delle Alpi fra gennaio e giugno e poi da una fine estate ed un autunno eccezionalmente caldi. E se è vero che l’arrivo tardivo della neve ha permesso agli strati più superficiali di permafrost di raffreddarsi, a 10-20 metri di profondità le temperature sono continuate a salire, registrando valori record quali quelli registrati a Stockhorn (3.400 metri) dove si è passati dal -2,6 gradi ai 2 gradi registrati tra ottobre 2011 e ottobre 2016.
L’estate del 2017, per completare il quadro, si segnala come la più calda da 200 anni nella pianura Padana e a sud delle Alpi e il mese di ottobre tra i primi cinque più caldi e con un soleggiamento eccezionale: in Ticino, a fine ottobre, si è arrivati a punte massime di 25 C°.
L’ottobre ticinese è stato totalmente privo di precipitazioni e i boschi, stressati dal caldo afoso e dalle ondate di aria africana sono stati facili prede dei piromani finendo per essere devastati da una serie di incendi dolosi. Solo nel 1969 in Ticino non fu registrata alcuna pioggia nel mese di ottobre.
Il cambiamento climatico in atto è, come detto, una evidenza scientifica. In Ticino, negli ultimi 150 anni la temperatura media è aumentata in maniera esponenziale e le estati sono diventate più secche e gli inverni meno bianchi. Parlare di clima e delle sue modificazioni non è quindi solo un esercizio di stile fatto da chi studia il fenomeno con piglio scientifico, ma è una necessità che si riverbera in attività umane di fondamentale importanza per l’economia cantonale quale il turismo, la viticoltura e l’agricoltura. L’innalzamento delle temperature sta comportando sostanziali variazioni nell’ecosistema elvetico e l’andamento, in assenza di una inversione di tendenza nel limitare quelle che sono le principali cause di inquinamento dovute alle attività umane, sembra drammaticamente in crescita.
Desertificazione del Ticino: Se infatti si dovesse ipotizzare uno scenario in cui le emissioni di gas ad effetto serra dovessero aumentare, in assenza di alcuna politica di intervento, per il Canton Ticino ci sarebbero da aspettarsi una serie di cambiamenti irreversibili: le temperature medie invernali aumenterebbero di 1.3 C° intorno al 2035, di 2.4 C° nel 2060 e di 3.3 C° nel 2085. Le temperature medie estive potrebbero raggiungere, nel 2085, i 4.1 C° in più. Le temperature medie stagionali potrebbero salire quindi di 3.2-4.8 gradi entro la fine del XXI secolo, ed a pensarci è impressionante.
L'allarme: "I ghiacciai spariranno": La comunità scientifica è inoltre concorde nel sostenere che entro la fine del secolo il 90% dei ghiacciai svizzeri saranno spariti. La diminuzione della ‘superficie di accumulazione’ (la massa del ghiacciaio) è stata costante a partire dal 1850 in coincidenza con la fine della Piccola Era Glaciale; da quella data e fino al 2000 si è verificato un calo pari al 66% della massa dei ghiacciai. Secondo i dati forniti dall’Università di Friburgo, tra il 1973 e il 2010, è scomparsa una superficie vicina ai 15 chilometri quadrati di nevi perenni e un volume di 1,4 chilometri cubi di ghiaccio. Tra i ghiacciai più a rischio ci sono quelli ticinesi: durante le giornate più calde la perdita di massa è stata di 5 centimetri al giorno. Là dove, nel ricordo dei ticinesi, anche in estate si poteva scendere con i piccoli sci da ghiaccio ora è rimasta solo la nuda roccia e, sempre secondo gli esperti, tra 10-15 anni la maggior parte di questi ghiacciai potrebbero essere solo un ricordo.
Laghi e fiumi: Questo processo di scioglimento comporta notevoli mutamenti al paesaggio alpino, dato che i ghiacciai hanno eroso per migliaia di anni la roccia lasciando avvallamenti nei quali si formeranno nuovi laghi. Inoltre il ritiro dei ghiacciai andrà ad influenzare negativamente l’approvvigionamento idrico, in particolar modo nei periodi più secchi. Entro la fine del secolo inoltre la coltre nevosa alpina diminuirà del 70%. Se la situazione non dovesse cambiare, quindi, solo le stazioni sciistiche sopra i 2500 metri avranno abbastanza neve naturale per lo sci. Il caldo però si farà sentire anche sopra i 3000 metri, con una diminuzione del manto nevoso del circa 40%. E se le falde acquifere godono, fortunatamente, di ottima salute, un po' meno lo sono i fiumi naturali che vedono i propri bacini messi a dura prova dai sempre più frequenti e lunghi periodi di siccità. Dei principali corsi d’acqua svizzeri inoltre solo pochi tratti sono rimasti allo stato naturale mentre, la maggior parte di essi, sono stati sbarrati in molti punti, per consentirne lo sfruttamento da parte dell’uomo grave pericolo per la biodiversità e le specie naturali che crescono e vivono lungo il loro corso.
Zecche e zanzare tigri: L’aumento delle temperature comporta quindi uno sconvolgimento delle biodiversità: si assiste infatti da anni al proliferare di quelli che gli esperti chiamano ‘vincitori climatici’ quali le zecche, la drosophila (i moscerini della frutta) e la temibile zanzara tigre. I parassiti si moltiplicano e le coltivazioni di frumento invernale e di patate saranno sempre più a rischio. Gli equilibri dell’ecosistema sono sconvolti e flora e fauna sono innegabilmente destinate a mutare secondo un effetto domino. In pianura si assisterà alla scomparsa di certi alberi che non riuscirà a sopravvivere in vallate sempre più secche e ciò comporterà un indebolimento del necessario effetto protettivo delle foreste contro le valanghe e le frane. Tra questi si possono enumerare il rododendro, un arbusto che predilige il clima freddo, e l’abete rosso. Questo albero, in particolar modo, è destinato a scomparire dall’Altopiano per spostarsi ad altitudini più elevate dove entrerà in
competizione con il faggio sconvolgendo l’attuale equilibrio naturalistico tra specie arboree.
Il Ticino il cantone più colpito dal cambiamento climatico: Secondo l’Ufficio federale dell’ambiente la regione più colpita dal cambiamento climatico sarà il Ticino. Il cambiamento climatico avvenuto nel cantone è già evidente: il numero di giornte con almento 5 centimetri di neve al suolo è diminuito e in località Bosco Gurin (1.505 metri) la riduzione è di 24.5% passando dai circa 180 giorni negli anni ’60 a meno di 150 giorni negli anni ’90. Prendendo invece in considerazione Locarno-Monti 50 anni fa si registravano mediamente poco meno di 50 giornate di gelo ogni inverno mentre oggi se ne registrano meno della metà. La stagione estiva invece è sempre più torrida e prendendo come riferimento la stesa località, il numero di giornate in cui la temperatura massima è superiore ai 25 C° è aumentata da 40 a 80 circa.
Secondo gli esperti, continuando di questo passo, nel 2085 circa nel Cantone si avranno prolungati periodi di alte temperature, con notti tropicali fino a due mesi l’anno. A soffrirne di questa situazione saranno gli uomini, ma anche le specie animali e vegetali che saranno sottoposte ad un stress termico in un crescendo di siccità che passerà dagli attuali 15 a 90 giorni entro la fine del secolo. In Ticino inoltre, sempre secondo gli esperti aumenteranno le precipitazioni primaverili e ciò comporterà un aumento esponenziale del rischio di inondazioni a basse quote.
Molte persone, tra cui alcuni capi di Stato di potenze mondiali, storcono il naso davanti al possibile scenario apocalittico prospettato dagli studiosi di metereologia in assenza di una inversione di tendenza delle attività umane che presuppongono emissione di gas ad effetto serra e di una seria politica climatica. A tutti noi, in effetti, sembra più comodo confinare questi scenari in un futuro remoto e considerarli come un qualcosa che abbia più a che fare con la fantascienza o fanta-politica che con la realtà che ci tocca da vicino: la verità è che si parla invece di un futuro a noi prossimo. Non solo i nostri figli, ma noi stessi, potremmo assistere all’irreversibile degrado dell’ambiente in cui viviamo e alla scomparsa di specie naturali necessarie all’ecosistema.
Tonnellate di gas serra: Nel 2015 in Svizzera sono stati immessi nell’atmosfera 48.1 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti di gas serra: ciò corrisponde ad una emissione pro capite pari a 5.8 tonnellate, di cui 4.7 di CO2. Se si aggiungono le emissioni provocate da beni importati all’estero il totale delle emissioni pro capite raddoppia.
Si è stimato che tra 1990 e il 2015 il 32% di CO2 è stato generato da emissioni provenienti dal traffico motorizzato, il 26% dagli edifici, il 22% dall’industria e il 19% da altre fonti quali l’agricoltura e lo smaltimento dei rifiuti.
Le soluzioni: La necessità primaria è quindi quella di limitare al massimo, se non abolire del tutto, le emissioni di gas ad effetto serra, instaurando una economia più sostenibile e abbandonando le energie fossili a favore di quelle rinnovabili. Occorre introdurre un cambio radicale delle proprie abitudini quotidiane che vanno dalla coscienza ambientale nell’alimentazione al comportamento dei pendolari e viaggiatori incrementando l’utilizzo di mezzi di trasporto green quali la bicicletta.
Il Protocollo di Kyoto e la sensibilità svizzera: Nell’ambito del Protocollo di Kyoto, la Svizzera si è impegnata a conseguire dal 2008 al 2012 una diminuzione media delle emissioni di gas ad effetto serra dell’8% rispetto al 1990. Con riguardo al secondo periodo d’impegno nel quadro dello stesso Protocollo, dal 2013 al 2020, la Svizzera si impegna a ridurre le proprie emissioni di gas serra del 15,8% rispetto al 1990. In effetti dal 2011 nel Paese elvetico sono state emesse 4,1 milioni di tonnellate di gas serra in meno, circa il 7,5% in meno, mentre dal 2011, nel settore trasporti, sono state emessi gas ad effetto serra per 1,5 milioni di tonnellate, con un incremento del 10% rispetto al 1990. Ad oggi il traffico è responsabile di un terzo delle emissioni complessive. Sono invece diminuite le emissioni del settore servizi, -21%, e dell’industria e dell’agricoltura con un -8%, mentre sono aumentate le emissioni nel settore dei rifiuti il quale contribuisce per circa il 7% alle emissioni complessive.
Obiettivi della legge nazionale sul CO2: La legge nazionale sul CO2, entrata in vigore il 1 gennaio 2013, si prefigge l’ambizioso traguardo di ridurre fino al 2020 le emissioni di gas ad effetto serra di almeno il 20% rispetto al 1990. Questo obiettivo che coincide con lo stesso del Protocollo di Kyoto, a differenza di quest’ultimo, non si riferisce ad un solo anno ma alle emissioni medie di un periodo. Tale legge, se da una parte, contempla soprattutto i combustibili fossili include però oltre al CO2, anche tutti i gas serra regolamentati a livello internazionale.
Tassa sul CO2: Tra gli strumenti e le misure più importanti di questa legge c’è la tassa sul CO2, riscossa dal 2008, e ridistribuita in modo proporzionale alla p popolazione e all’economia, lo scambio di quote di emissione che consente di ridurre le emissioni di CO2 laddove ciò è più conveniente, l’applicazione delle prescrizioni europee sulle emissioni di CO2 delle automobili nuove e la compensazione operata da importatori e fruitori di carburante per le centrali termiche a combustibile fossile sostenendo un fondo per le tecnologie.
Un obiettivo arduo: Tale legge attribuisce alla Confederazione il compito di coordinare le misure di adattamento ai cambiamenti climatici ed in effetti il Consiglio federale si è proposto come obiettivo di ridurre i gas serra, entro il 2030 del 30% in Svizzera e del 20% all’estero rispetto al 1990. Quello che occorre, a detta del pool di esperti che nel 2015 hanno elaborato un rapporto sul clima commissionato dal Dipartimento dell’ambiente, è una politica climatica più severa con delle leggi quadro, specie nell’ambito dei trasporti, che contengano maggiori “direttive tecniche, limitazioni e divieti”. Sempre secondo tale rapporto anche l’agricoltura e il turismo devono dare il loro contributo di modo che la politica climatica possa diventare “più concreta” e per far questo si consigliano delle vere e proprie campagne di sensibilizzazione come quelle condotto contro l’Aids e il fumo, di modo da operare un risveglio delle coscienze su di un problema per la cui soluzione è fondamentale non perdere più neanche un minuto di tempo.