Il Cardiocentro dovrebbe finire sotto il cappello dell’EOC nel 2020. Ma la struttura privata luganese pone delle condizioni. La storia, l’accordo iniziale e le tappe di come si è giunti allo scontro.
LUGANO - Dicono di essere sotto attacco e reagiscono a colpi di comunicati e conferenze stampa, eventi pubblici e appelli dei sostenitori. Il ritorno del Cardiocentro in mano pubblica si è tramutato in uno scontro infuocato. Da mesi corrono veleni e scambi d’accuse tra i due fronti. L’accordo iniziale con il Cantone sta, dopo quasi un quarto di secolo, giungendo al termine e nel 2020 la struttura medica fondata dal professor Tiziano Moccetti dovrebbe tornare in mano pubblica. Dovrebbe... perché negli ultimi mesi un gruppo di sostegno sta lottando per non stravolgere un modello definito di successo. O in difficoltà finanziaria come rileva chi, contestato però dallo stesso Cardiocentro, ha guardato i bilanci degli ultimi anni. Anche su questo aspetto c’è divergenza di visioni.
Fino all’apertura del Cardiocentro Ticino, a metà degli anni novanta, i ticinesi sofferenti al cuore che necessitavano di un intervento cardiochirurgico dovevano per forza rivolgersi agli ospedali di Berna e di Zurigo, oppure a cliniche private molto rinomate e altrettanto costose. Gli interventi di cardiochirurgia e cardiologia invasiva rappresentavano il 35% degli invii fuori cantone, percentuale che si è ridotta drasticamente con l’operatività del Cardiocentro.
Dalle staminali alle valvole - Dal 1995, anno della sua fondazione, ad oggi sono molti i primati che tale struttura ha collezionato, diventando un’eccellenza in campo medico non solo a livello cantonale ma nazionale: nel 2004 si è avuto il primo trapianto in Svizzera di cellule staminali in un paziente infartuato, dal 2008 è stato il primo centro in Svizzera dotato di Cell Factory autorizzata da Swissmedic per la manipolazione delle cellule staminali, nel 2009 è stato il primo centro ad utilizzare la tecnica ‘Mira Clip’ per la riparazione della valvola mitralica, mentre nel 2012 il Cardiocentro è diventato il primo ospedale universitario del Canton Ticino.
Il nodo odierno - Il Cardiocentro vanta un team di collaboratori qualificati, tra medici e docenti universitari, e nel 2015 è risultato al quarto posto nella classifica dei migliori datori di lavoro elvetici. Ma così come complessa e problematica è stata la sua costruzione, così da anni si discute della sua finale destinazione, se nel settore pubblico o in quello privato: in palese contrasto con quanto pattuito al momento della sua costituzione infatti, le prese di posizione degli ultimi mesi rivelano la dichiarata volontà di alcuni ambienti di voler mantenere l’attuale autonomia o quantomeno non stravolgerla. Questo ha spinto ad intervenire anche l’Associazione per la difesa del servizio pubblico che da tempo esprime viva preoccupazione per il futuro del Cardiocentro, esposto, secondo l’associazione stessa, agli appetiti speculativi della sanità privata.
Ma per capire la situazione odierna, è necessario fare un passo indietro. Fino dal 1965 era operativo, presso l’Ospedale cantonale di Lugano, un servizio di cardiologia invasiva che non colmava però quella che era sentita come una grave lacuna nel sistema sanitario ticinese e cioè la necessità per tutti i ticinesi con gravi cardiopatie di recarsi fuori cantone per trovare le cure migliori. Proprio per colmare questa lacuna il 7 giugno del 1995, il Consiglio di Stato licenzia il messaggio per l’ampliamento dell’Ospedale civico di Lugano prevedendo la costruzione di un cardiocentro. Tale decisione trova appunto giustificazione negli oltre 600 ticinesi che ogni anno si recano fuori cantone per interventi chirurgici al cuore, situazione che rende il Ticino fanalino di coda nel sistema sanitario nazionale. Il costo dell’operazione è allora stimato in 7 milioni di franchi, con una spesa di gestione annua di 7,1 milioni di franchi, che si ritiene di poter recuperare grazie ai minori costi corrispondenti per le ospedalizzazioni fuori Cantone.
La corsa dei privati - Il 19 settembre dello stesso anno un gruppo privato, la Ars Medica, dichiara di voler costruire un centro di cardiologia in Ticino e il Consiglio di Stato, confrontato con delle difficoltà finanziarie, manifesta il proprio interesse ad approfondire il progetto. Il 10 dicembre 1995 l’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) viene messo al corrente del progetto di costituzione di una Fondazione, la Fondazione Cardiocentro, la quale, grazie alla generosa donazione di un privato, il medico tedesco Eduard Zwick a favore del dottor Tiziano Moccetti, suo medico curante, potrebbe avere i mezzi finanziari per costruire l’agognato Cardiocentro a Lugano.
La Fondazione trova terreno fertile - Alla luce di questa notizia, il 14 dicembre l’Ars Medica rinuncia a portare avanti la propria proposta mentre il giorno dopo le autorità cantonali concedono alla Fondazione il diritto di superficie sul terreno posto di fianco all’Ospedale civico. Alla luce dei fatti anche il Consiglio di Stato decide di ritirare il messaggio per la costruzione del cardiocentro vista l’assoluta impossibilità di far fronte agli ingenti costi di costruzione e gestione, non affrontabili dalla sanità pubblica. Il 18 dicembre i parlamentari Gemnetti e Morisoli lamentano il mancato coinvolgimento del Gran Consiglio nella scelta dell’ubicazione da dare al Cardiocentro, visto che vi erano state delle richieste da parte dell’amministrazione bellinzonese perchè il centro sorgesse all’ospedale San Giovanni. Il tutto viene poi messo a tacere da Pietro Martinelli, all’epoca direttore del Dos, il quale dichiara che vi era comunque la preminente volontà di voler costruire un centro di cardiochirurgia a Lugano e che trattandosi di una iniziativa totalmente privata non è previsto in alcun modo il coinvolgimento del Gran Consiglio.
Vince Lugano - La scelta di privilegiare Lugano a Bellinzona troverebbe giustificazione nel fatto che all’Ospedale civico è già presente e operativa da oltre 20 anni di un servizio di cardiologia invasiva dotata di strutture avanzate e medici qualificati: costruire il Cardiocentro all’ospedale San Giovanni comporterebbe quindi la chiusura di tale reparto con un danno notevole per la cittadinanza. Inoltre Lugano rappresenta una migliore piazza per la clientela internazionale, oltre al fatto che il Civico dispone di tutto lo spazio necessario per la costruzione del Centro.
La donazione e l’accordo - Il 9 Settembre del 1996 viene ufficializzata la notizia della costruzione del Cardiocentro la cui realizzazione e futura gestione viene affidata ad una organizzazione privata, la Fondazione Cardiocentro Ticino, costituita a seguito della donazione di 30 milioni di franchi fatta dal medico tedesco Zwick vincolata però alla condizione che il Centro venisse costruito accanto all’Ospedale civico di Lugano. Con un comunicato congiunto dell’Eoc e della Fondazione Cardiocentro Ticino si precisano i termini dell’accordo: l’Ente ospedaliero ha concesso alla Fondazione un diritto di superficie di 3600 mq per la durata di 25 anni a nord dell’Ospedale civico. A compenso del canone per il diritto di superficie la Fondazione metterà a disposizione dell’Ospedale civico “un controvalore di spazi costruiti, riducendo le previste necessità di ampliamento dell’ospedale. Inoltre, sempre in base all’accordo stipulato, la Fondazione si impegna a limitare le sue attività ai settori di cardiochirurgia e cardiologia invasiva, rinunciando all’istituzione di reparti o servizi concorrenti rispetto all’Ospedale civico. Sempre secondo quanto stabilito nell’accordo la cardiologia e la cardiochirurgia “si avvarrà dei servizi logistici, tecnici-medici e medici del Civico” mentre l’Ente ospedaliero cantonale concederà alla Fondazione un diritto di privativa per i servizi di cardiochirurgia e di cardiologia invasiva riservandosi un diritto di sorveglianza sull’attività della stessa.
Partenza con scandalo - Nel luglio del 1999 la clinica apre i battenti e il 14 luglio viene segnata una tappa storica per la sanità ticinese: al Cardiocentro Ticino viene infatti eseguito il primo intervento di cardiochirurgia, operazione che fino ad allora non era mai stato possibile effettuare nel Canton Ticino. Eppure dopo appena sei mesi dalla sua apertura la Fondazione si scontra contro la prima difficoltà: la donazione fatta da Zwick non è sufficiente per coprire i costi di gestione della struttura che fa appello al Cantone e ottiene un finanziamento pubblico di 6,6, milioni di franchi. Tale richiesta viene però avanzata senza rendere noto, al contempo, al Cantone che è in corso una spasmodica ricerca del capitale di oltre 200 milioni di marchi che Zwick, deceduto nel 1998, avrebbe lasciato quale eredità.
Il paradiso fiscale - La somma era stata nascosta dagli eredi in un paradiso fiscale in attesa di essere devoluta alla Fondazione e allo stesso Moccetti. Nel 1995 infatti Eduard Zwick aveva costituito nell’isola di Jersey un ‘trust’ di 202 milioni di franchi che aveva come beneficiari la Fondazione Cardiocentro Ticino, il primario Tiziano Moccetti e il consulente finanziario Michel Horat. L’aspra polemica che si scatena dalla vicenda coinvolge anche il consigliere di Stato Luigi Pedrazzini che era stato tra i membri del consiglio della Fondazione fino alla sua elezione al Governo. L’accusa che gli viene mossa è di non aver informato per tempo i colleghi del lascito evitando, in questo modo, che venisse accordato il contributo pubblico alla Fondazione. Nel febbraio del 2000 si apre quindi un dibattito parlamentare-governativo sulla vicenda e nel marzo dello stesso anno la sottocommissione della Gestione cerca di far luce sulla vicenda. A maggio, finalmente, si giunge alla conclusione della vicenda con un accordo siglato tra i legali degli eredi e quelli della Fondazione che prevede che 5/8 della somma sia devoluta agli eredi di Zwick e i restanti 3/8 ai tre beneficiari del ‘trust’. Il 4 luglio 2000 viene firmata la convenzione tra gli eredi del medico tedesco e la Fondazione Cardiocentro Ticino che diventa destinataria della somma di 12 milioni di franchi da dividere, a sua volta, secondo ulteriori accordi tra le parti, con il primario Mocetti e il consulente finanziario Michel Horat.
A metà tra pubblico e privato - Il Cardiocentro Ticino è un istituto privato con una vocazione pubblica e questo suo status, nella sostanza sempre a metà strada tra le due realtà, ha comportato negli anni dei problemi relativi alle tariffe da richiedere ai propri pazienti. Dopo il contributo finanziario di 6,6 milioni di franchi erogato nel primo anno di attività del Centro, il Cantone aveva poi declinato il proprio obbligo di sovvenzione invocando proprio la natura di struttura privata del Cardiocentro, definitiva così nel maggio del 2000 in una sentenza del Consiglio federale sulla pianificazione ospedaliera ticinese. Di fatto quindi i costi dovevano essere coperti dagli assicuratori o dai pazienti. Contro questa presa di posizione si era scagliata la Federazione delle casse malati che, dopo aver proposto ricorso, aveva bloccato il pagamento delle tariffe richieste. Nel marzo del 2001 il Centro si rivolge all’autorità cantonale, come previsto dalla Legge assicurazione malattia (LaMal) per chiedere al Consiglio di Stato di fissare d’ufficio le tariffe dovute. Nel maggio dello stesso anno il Consiglio di Stato fissa le tariffe in via provvisoria e mentre molte casse malati, invocando l’effetto sospensivo del ricorso, continuano a non pagare le tariffe sanitarie, la Ftam e la Fondazione ricorrono a Berna contestando le tariffe stabilite a giugno dal Governo. Il 16 agosto 2001 arriva finalmente una presa di posizione di Berna che, con una decisione incidentale, “fissa retroattivamente al 1 luglio 2000 un assetto tariffale provvisorio per i pazienti di classe comune”.
Status “universitario” - Di fatto quindi, fino alla pronuncia del Consiglio federale, devono essere applicate le tariffe a suo tempo concordate dalla Federazione con il Cardiocentro nel primo anno di gestione e il Cantone deve partecipare ai costi di gestione della struttura. Costi di gestione che negli anni si sono confermati ingenti, visto anche la giusta ambizione del Cardiocentro di diventare una struttura di eccellenza e riferimento cantonale nel settore della cardiochirurgia. Ciliegina sulla torta per quello che è sembrato un cammino in continua ascesa è lo status di clinica universitaria che il Cardiocentro assume nel febbraio del 2012 grazie ad un accordo di collaborazione siglato con l’Ospedale di Zurigo, primo istituto ticinese a diventare così ufficialmente ‘un istituto associato’ all’Università di Zurigo. Tale collaborazione comporta la proiezione del Cardiocentro alla ribalta nazionale con “una intensificazione della collaborazione della medicina di punta, in ambito cardiologico che cardiochirurgico” secondo le parole del suo primario Tiziano Moccetti, con la possibilità di visite congiunte per i pazienti cardiopatici in entrambe le strutture, lo scambio di aspiranti medici specialisti provenienti dal Centro e dall’Ospedale universitario di Zurigo ed una importante attività di ricerca comune in ambito medico.
Il 27 settembre 1996, come ricordato sopra, la Fondazione Cardiocentro Ticino ottenne dall’Ente ospedaliero cantonale un diritto di superficie della durata di 25 anni sul terreno posto di fianco all’Ospedale civico di Lugano. La convenzione, stipulata nel 1995, prevede che, alla scadenza dell’accordo nel 2020, l’Eoc possa chiedere la devoluzione gratuita della costruzione con le relative attrezzature o, in alternativa, la restituzione del terreno libero da costruzioni. Secondo poi lo statuto della Fondazione Cardiocentro, negli articoli 4 e 11, è stabilito che, alla scadenza dei 25 anni di concessione, la Fondazione stessa venga sciolta e il suo patrimonio venga devoluto all’ Eoc. Da tempo sono in corso delle trattative fra le parti il cui andamento è molto altalenante vedendo, di volta in volta, ad appianare o acutizzare le posizioni delle stesse sul futuro del Cardiocentro. Lo stesso Consiglio di Stato, con l’approvazione il 15 dicembre 2015 del rapporto della Commissione speciale della pianificazione ospedaliera, aveva confermato la volontà di far confluire il Cardiocentro nell’Ente ospedaliero cantonale, secondo quanto sancito nell’accordo iniziale. Tuttavia, negli ultimi mesi, si è fatta strada la volontà di alcuni membri del Consiglio di fondazione di “attualizzare” l’accordo firmato nel 1996 facendo “rimanere in vita” la Fondazione come proprietaria del Cardiocentro e proponendo all’Eoc forme di collaborazione pubblico-privata che di fatto stravolgerebbero quanto previsto dall’originario accordo.
La politica in campo - Dalla parte dei fautori di tale soluzione sembra schierarsi anche il municipio di Lugano, favorevole a che, anche il futuro, il Cardiocentro conservi la propria autonomia gestionale ed economica, con il sostegno di politici luganesi appartenenti al Partito liberale radicale, alla Lega e all’Udc. I granconsiglieri socialisti Ivo Durisch e Milena Garobbio esprimono invece preoccupazione per il futuro del Centro, auspicando il rispetto della scadenza del 2020 per il passaggio della struttura al sistema sanitario pubblico. Nel marzo 2017 Giorgio Giudici, in qualità di presidente del Consiglio di Fondazione del Cardiocentro, dichiara che il futuro del Centro non dovrebbe essere concepito se non come un partenariato tra pubblico e privato, escludendo un completo assorbimento da parte dell’Ente ospedaliero ticinese per «tutelare l’unicità dell’istituto e conservare quello che si è costruito in questi anni».
Autonomia… non solo gestionale - L’accordo sembrava essere stato trovato nel dicembre 2017 quando le parti si trovano concordi nel prevedere che, in futuro, il Cardiocentro diventi, nel prossimo futuro, un istituto autonomo dell’Eoc come il Neurocentro o l’Istituto oncologico della Svizzera Italiana, garantendo così una perfetta autonomia gestionale nel rispetto, tuttavia, dell’accordo preso nel 1995. Ma proprio nel momento in cui l’accordo sembra finalmente vicino, arriva inaspettata, nel marzo 2018, la richiesta che sembra far arenare nuovamente il tutto: il Cardiocentro chiede la creazione di un Consiglio di Istituto, formato da 4 membri nominati dallo stesso Cardiocentro e da un membro scelto a testa per l’Eoc, la Città ed il Cantone, con la funzione di far da mediatore tra la struttura ex privata e l’Ente ospedaliero cantonale.
L’Eoc boccia la proposta - Tale proposta, sottolinea poi lo stesso direttore del Cardiocentro, Dante Moccetti, non violerebbe in alcun modo gli accordi che prevedono lo scioglimento della Fondazione Cardiocentro e la restituzione della struttura che nulla vietava in questo senso. Vista la posizione nettamente contraria dell’Eoc alla proposta di creare una governance - il direttore dell’Ente Giorgio Pellanda la definisce su Tio/20Minuti una «boiata pazzesca» - il Cardiocentro si rivolge direttamente al Municipio di Lugano per chiedere di dare il proprio sostegno all’iniziativa proposta e contemporaneamente si rivolge al Consiglio di Stato per chiedere di far da tramite tra le parti al fine di «garantire al nostro Cantone il mantenimento e lo sviluppo del Cardiocentro che tutti conosciamo».
Il Cardiocentro insiste - Più volte intervistato sulla vicenda Dante Moccetti, direttore amministrativo del Cardiocentro, afferma con convinzione che la richiesta riguarda «un progetto di governance che salvaguardia l’affermato modello Cardiocentro (scelte sul personale, i materiali, gli investimenti, l’organizzazione interna) che ne hanno garantito il successo in questi anni». «Questo gremio - continua Moccetti - fungerebbe un po' da garante affinchè non venga stravolto l’assetto attuale». Positivo, a questo proposito, si rivela l’atteggiamento dei municipali di Lugano presenti all’incontro svoltosi il 21 marzo 2018 a Palazzo Civico. Secondo quanto affermato proprio dal sindaco Marco Borradori «il progetto rispetta il patto di 25 anni fa e questo è un aspetto importante. Inoltre la garanzia d autonomia gestionale ci sembra proponibile e praticabile».
E l’Eoc non molla - Immediata arriva la risposta del direttore generale dell’Eoc Giorgio Pellanda che afferma che, sulla base dell’accordo del 1995, il passaggio del Cardiocentro all’Eoc è una tappa obbligata, rimarcando poi che il Centro «avrà una autonomia e gestionale importante, come l’Istituto oncologico di Bellinzona e il Neurocentro di Lugano. Gestirà la distribuzione delle specialità mediche attraverso le attività ambulatoriali e di prossimità degli ospedali regionali. Ma sarà comunque inquadrato nell’Eoc».
La febbre dei conti - Parallelamente, nell’ambito delle discussioni, sul passaggio della struttura privata sotto il cappello pubblico emerge la questione del conti. E anche qui è muro contro muro. Da un lato il settimanale il Caffè pone l’attenzione sul fatto che negli ultimi cinque anni il Cardiocentro ha registrato perdite di esercizio per 23 milioni di franchi (cifra ricavata dai bilanci pubblicati dall’Ufficio federale della sanità). La replica non si fa attendere e su Facebook il gruppo “Grazie Cardiocentro” replica parlando di «struttura finanziariamente sana, che non ha un solo franco di debito». Lo stesso concetto che viene ribadito in conferenza stampa il 23 maggio dai vertici della fondazione Cardiocentro: «Cifre rosse? I nostri sono investimenti nella ricerca». In attesa che anche su questi aspetti prenda posizione anche l’Eoc, il Cardiocentro chiede con una lettera al governo di allungare di 15 anni la fase di transizione dal privato al pubblico. Un periodo necessario, è stato spiegato, a creare il futuro Istituto Cuore-Vasi-Polmoni, chiamato a raccogliere il testimone dall’attuale ospedale del cuore. E siamo al presente, a una cronaca in evoluzione di giorno in giorno, con il Consiglio di Stato - arbitro nella trattativa - che mette sul tavolo una proroga di 5 anni per l'attuale direzione. Proposta che però Tiziano Moccetti in persona stronca, definendola «proroghetta» e «piatto di lenticchie avvelenato».
Il ricorso al popolo e i veleni - Le parti in causa appaiono arroccate su posizione ancora più distanti da quando nel settembre scorso il gruppo di sostegno “Grazie Cardiocentro” lancia l’iniziativa popolare per modificare la legge sull’Ente ospedaliero con l’aggiunta di un nuovo articolo. Un articolo pensato per garantire l’autonomia, tramite una fondazione di diritto privato, del Cardiocentro. Il risultato fa centro: a metà novembre la Cancelleria dello Stato conferma la riuscita dell’iniziativa che raccoglie 16’693 firme.
La patata bollente passa in Commissione sanitaria ed è di fine febbraio il parere del giurista del Gran Consiglio che dichiara ricevibile l’iniziativa.
Ma, intanto, il vaso dei veleni sembra scoperchiato. La prima fiammata investe il presidente dell’Ente ospedaliero Paolo Sanvido quando si scopre che tramite un SMS ha offerto il timone della cardiologia dell’Eoc a Giovanni Pedrazzini, co-primario del Cardiocentro. Un atto che il presidente del Governo Claudio Zali definisce “improvvido”, e che lo stesso Cardiocentro segnala al Ministero Pubblico che però chiude la faccenda con un decreto d’abbandono. La seconda lingua di fuoco, all’indomani dell’elezione del nuovo Governo, raggiunge il neo-eletto consigliere di Stato Raffaele De Rosa in merito ai suoi stretti legami con il Cardiocentro. Il nuovo direttore del Dipartimento della Sanità figurava infatti tra i candidati sponsorizzati dalla clinica. A domanda diretta, dichiara: «Non ricordo se ho firmato l’iniziativa».
La terza fiammata è innescata infine da un altro SMS, quello che il coordinatore del gruppo “Grazie Cardiocentro” Edo Bobbià manda al deputato Giovani Pagani, membro della commissione sanitaria che aveva discusso e approvato a maggioranza la ricevibilità dell’iniziativa (ma mancano ancora il o, più probabile, i rapporti che saranno materia della nuova commissione). «Non ho capito il senso del tuo no - messaggia Bobbià a Pagani -. Purtroppo non ti sarà indolore a livello di consensi elettorali». Per la cronaca Pagani non verrà rieletto nel nuovo Gran Consiglio che avrà l’arduo compito di spegnere l’incendio. Sempre che ciò sia ancora possibile.
La bomba viene disinnescata: è pace fatta con l'Eoc - In piena estate, ed è storia di questi giorni, lo strappo che ha tenuto banco per mesi si ricompone. Ente ospedialiero cantonale e Fondazione Cardiocentro raggiungono un accordo che comporta anche il ritiro dell'iniziativa popolare "Grazie Cardiocentro" che aveva raccolto quasi 17mila firme. I temini dell'accordo - un documento di tre pagine articolato in quindici punti - porteranno allo scioglimento della Fondazione e al trasferimento dell'attività e del patrimonio dell'ospedale del cuore all'Eoc. La futura governance ruoterà attorno al nuovo direttore amministrativo Massimo Manserra (ora vicedirettore) e al direttore sanitario che sarà l'attuale primario di cardioanestesia Tiziano Cassina. Si fa invece da parte Dante Moccetti, attuale direttore e figlio del "papà" del Cardiocentro Tiziano Moccetti. Il ruolo che quest'ultimo avrà in futuro è ancora oggetto di discussioni. Nero su bianco è stata invece messo il finanziamento della ricerca, uno degli aspetti oggetto di polemiche: «Per un periodo di almeno 5 anni, il 50% degli eventuali utili netti conseguiti dall'Istituto Cardiocentro Ticino potranno essere destinati dalla direzione d'Istituto al fondo» destinato alla ricerca. Un fondo che sarà inizialmente alimentato con una parte del patrimonio mobile (netto) figurante nel contratto di trasferimento. Insomma, dopo tanto affanno sembra tornato il sereno.