La proposta UDC passerà dalle urne il prossimo 25 novembre. Ma di cosa si tratta? La parola a Marco Chiesa (favorevole) e Paolo Bernasconi (contrario)
LUGANO - L’ultima parola deve sempre spettare ai cittadini elvetici: è quanto chiede l’Iniziativa per l’autodeterminazione su cui saremo chiamati a esprimerci il prossimo 25 novembre. Una proposta lanciata dall’UDC che in sostanza - lo affermano i promotori - mira a difendere l’unicità della democrazia diretta svizzera, che sarebbe messa a rischio dai trattati internazionali. E quindi a garantire la messa in atto delle decisioni popolari.
L'Iniziativa per l'autodeterminazione...
Qualsiasi conflitto tra il diritto costituzionale e un accordo internazionale obbligherebbe a una nuova negoziazione e «all’occorrenza» alla rinuncia dell’accordo. Il Consiglio federale, che propone di respingere l’iniziativa, ricorda dunque che la conclusione di trattati internazionali permette di proteggere gli interessi nazionali, come pure i diritti dei cittadini e i diritti umani. L’iniziativa porterebbe invece a un indebolimento della posizione della Svizzera all’estero.
Al momento, perlomeno secondo il più recente rilevamento Tamedia, la proposta UDC potrebbe essere bocciata: il 53% dei cittadini intende infatti respingere l’iniziativa. Non nella Svizzera italiana, dove il consenso è invece al 58%.
Abbiamo parlato dell’Iniziativa per l’autodeterminazione con l’avvocato, già procuratore pubblico, Paolo Bernasconi (contrario) e con il consigliere nazionale UDC Marco Chiesa (favorevole).
Perché votare no?
«Per mantenere l'ordine svizzero, la nostra sicurezza, la nostra giustizia. L'iniziativa ignora quale giudice dirà se un accordo internazionale è conforme al diritto svizzero o al diritto straniero. Nessuno lo sa. L'iniziativa porta nel caos giuridico. Mette a rischio tutti i diritti di tutti noi: diritto alla salute, diritto al lavoro, diritto all'istruzione, diritto alle pensioni. Caos fra il diritto svizzero e quello di migliaia di accordi internazionali ai quali la Svizzera ha sempre creduto e che la Svizzera vuol continuare a rispettare. Ognuno di questi accordi, saggiamente negoziati dalla Svizzera e ratificati dal Parlamento e dal popolo svizzero, per referendum, prevedono organismi internazionali che risolvono i problemi legati a ognuno di questi accordi. Sono giudici stranieri? No, sono organismi internazionali, accettati da tutti i paesi, proprio per rispettare e fare rispettare anche i diritti dei paesi più piccoli. Giudici e diplomatici svizzeri vi partecipano».
I promotori affermano che attualmente non sia possibile attuare pienamente le decisioni del popolo e dei cantoni. Cosa ne pensa?
«Popolo e cantoni svizzeri e, con loro, i rappresentanti del popolo e dei cantoni, ossia i nostri deputati alle Camere federali, da sempre hanno l'ultima parola riguardo agli accordi internazionali che sono stati negoziati da una diplomazia che tutto il mondo ci invidia. I criminali stranieri da sempre vengono fermati alle frontiere e da sempre vengono espulsi quando sono condannati, sia dai tribunali che dalla polizia. Il popolo non voleva i minareti e non voleva il burqa? Il popolo ha deciso e la sua volontà è stata rispettata. Perché dobbiamo cambiare? Che cosa non funziona? Abbiamo paura dei terroristi, e infatti abbiamo bisogno degli accordi internazionali contro il terrorismo e la delinquenza che vengono applicati secondo le regole degli organismi internazionali, dove partecipano anche giudici e delegati svizzeri. A causa di questa balorda iniziativa, questi giudici e questi delegati svizzeri verranno espulsi da tutti questi organismi internazionali. Perché?»
Quali rischi comporta l’accettazione dell’iniziativa?
«Svizzera pecora nera! Ci butteranno fuori, presto o tardi, dagli accordi internazionali, perché l'iniziativa vuole nella Costituzione che la Svizzera firmi gli accordi internazionali ma con le dita incrociate dietro la schiena: deciderà di volta in volta se rispettarli. Predica bene (firma gli accordi) ma razzolerà male (non rispetta gli accordi). Insieme, solamente insieme a tutti gli altri paesi è ancora possibile lottare, contro il terrorismo, il degrado dell'ambiente, le epidemie, le catastrofi. Tutte le attività quotidiane di ogni cittadina svizzera e di ogni cittadino svizzero sono oggi regolate, quando usciamo dalla Svizzera, ma anche quando entriamo in contatto con imprese fuori dalla Svizzera, per i pagamenti internazionali, per i biglietti aerei, per i viaggi di lavoro, le vacanze, per studiare all'estero, tutto è regolato da accordi internazionali. Li cancelliamo tutti? Ognuno di noi perderà dei diritti. Saremo meno rispettati e meno protetti».
Per i contrari l’importanza degli interessi economici prevale su quella dei diritti popolari?
«Il benessere dei cittadini svizzeri deriva dal benessere dell'economia svizzera. L'“economia” non è il Diavolo, anzi, da secoli ci assicura il pane quotidiano e anche il companatico. Nella battaglia per i diritti delle imprese svizzere e dei lavoratori svizzeri sono indispensabili gli angeli custodi: gli accordi internazionali. Trump e la Cina ci travolgono nella guerra sui dazi doganali. Chi ci aiuta? L'Organizzazione mondiale del commercio, cui la Svizzera si è appena dovuta rivolgere per farsi proteggere. Giudici stranieri? Sì, ma in difesa della Svizzera. Ci butteranno fuori dagli accordi internazionali. Ma toccano la sicurezza, la salute, l'istruzione, le pensioni, il lavoro, la libertà di movimento, i passaporti, persino la vaccinazione del cane da portare all'estero. Non ci aiuterà più nessuno. Nemmeno la Corte dell'Aja. Saremo soli, senza alleati».
L’applicazione dell’iniziativa cosa comporterebbe sul fronte dei diritti dell’uomo?
«19 novembre 2014: il Consigliere federale UDC Ueli Maurer propose in Governo che la Svizzera uscisse dalla Corte di Strasburgo per i diritti dell’uomo. Una Corte co-fondata dalla Svizzera, co-fondatrice del Consiglio d’Europa (niente a che fare con l’Unione Europea di Bruxelles). Il Consiglio federale oggi raccomanda di respingere l’iniziativa, con la maggioranza del Parlamento svizzero e con tutti i partiti politici, salvo quelli dietro l'iniziativa, che vogliono espellere i giudici svizzeri dalla Corte di Strasburgo. La Svizzera sarebbe quindi espulsa dalla Convenzione per i diritti umani. I cittadini svizzeri perderanno un diritto di ricorso. In cambio? Nulla! Non potremo più pronunciare la frase: “Voglio andare a Strasburgo”. Dal 1974 infatti solamente l'1,6% delle sentenze svizzere è stata rettificata. Erano però casi umani, sempre in difesa di persone vulnerabili, con pochi mezzi finanziari, malati, persone disabili, vedove, pensionati, con qualche difensore della libertà di informazione e della libertà di religione».
Perché votare sì?
«Perché l’Iniziativa per l’autodeterminazione garantisce l’applicazione della Costituzione federale, valorizza la nostra democrazia diretta e assicura il diritto delle cittadine e i dei cittadini svizzeri ad avere sempre l’ultima parola. Nel nostro paese, proprio grazie alla democrazia diretta, sono il popolo e i cantoni a decidere le regole che vogliono attuare e non delle presunte élite politiche, intellettuali o economiche. Questo modello di successo, fonte del nostro benessere, è un unicum che merita di essere preservato. L’Iniziativa per l’autodeterminazione definisce chiaramente il diritto applicabile quando la Costituzione e il diritto internazionale si contraddicono: le disposizioni costituzionali, più recenti e democraticamente legittimate, avranno la priorità sui trattati internazionali. Noi abbiamo fiducia nelle decisioni del popolo svizzero e siamo convinti che se perdiamo il diritto di decidere, perderemo tutti i diritti. Solo grazie a un sì all’autodeterminazione potremo dunque rimanere liberi e sovrani».
L’invito è di proteggere la democrazia diretta: ora non viene rispettata?
«Neppure gli oppositori tentano di negare la crescente influenza del diritto internazionale nella legislazione del nostro paese. Ed è pure evidente che in Parlamento si faccia volentieri leva sulla contestata priorità del diritto internazionale sulla Costituzione per eludere le decisioni di popolo e cantoni. Basti pensare, per trovarne conferma, ai dibattiti relativi alle iniziative per l’espulsione dei criminali stranieri, contro l’immigrazione di massa e sui pedofili. Il 25 novembre, sostenendo l’autodeterminazione, potremo far sì che in caso di contrasto tra la Costituzione e gli accordi internazionali, questi ultimi debbano essere adeguati, o addirittura rescissi se non è possibile trovare una soluzione. Questa disposizione cristallina garantisce, senza possibili scappatoie, che le nostre decisioni democratiche siano d’ora in avanti rispettate e non raggirate. Insomma l’iniziativa per l’autodeterminazione preserva e consolida il valore della nostra democrazia diretta».
Per la Confederazione, l’Iniziativa per l’autodeterminazione non farebbe altro che complicare la ricerca di soluzioni nei conflitti tra diritto interno e diritto internazionale. E limiterebbe il margine di manovra della Svizzera. Cosa ne pensa?
«Nessun paese al mondo antepone senza riserve il diritto internazionale alla propria Costituzione. Nel 2010, lo stesso Consiglio federale aveva confermato che le disposizioni costituzionali contrarie al diritto internazionale dovevano essere attuate, sancendo di fatto la superiorità della Costituzione. Se così non fosse d’altro canto sdoganeremmo il principio che la democrazia diretta svizzera possa essere messa sotto tutela. È bene ricordare che tutti gli accordi internazionali in essere rispettano la Costituzione svizzera. Solo uno è divenuto anticostituzionale per volontà popolare, quello sulla libera circolazione delle persone. Come l’UE non è disposta a permettere a dei giudici stranieri di interpretare il suo diritto, altrettanto la Svizzera non può accettare che dei giudici stranieri sostituiscano il sovrano, ossia popolo e cantoni. Sotto questo punto di vista l’Iniziativa per l’autodeterminazione porta chiarezza nella gerarchia delle norme e sicurezza del diritto».
L’iniziativa non terrebbe conto del fatto che l’importanza delle norme internazionali è variabile. E non sarebbe dunque possibile trovare soluzioni su misura nei singoli casi. Cosa ne pensa?
«Al contrario, il testo dell’iniziativa, elaborato dal professor Vogt dell’Università di Zurigo, risponde in maniera esauriente e pragmatica a questa critica. In caso di contraddizione tra la Costituzione svizzera e il diritto internazionale non si procede a un’immediata denuncia del trattato internazionale divenuto anticostituzionale ma è possibile metterne in discussione il suo adeguamento. Così facendo, la Svizzera si comporterebbe semplicemente come un partner contrattuale che difende verso l’esterno gli interessi e le decisioni della sua popolazione. Non si vede perché la Svizzera non dovrebbe rimettere in discussione un trattato che non è più nel suo interesse e contro il quale il sovrano si è pronunciato con un voto democratico».
Anche quando c’è stato rischio di conflitto, la Svizzera ha trovato delle soluzioni di successo. Per esempio per l’attuazione dell’Iniziativa sull’internamento o quella sull’espulsione. Cosa ne pensa?
«La Costituzione federale è oggi messa in secondo piano rispetto al diritto internazionale. Nel 2012, una camera del Tribunale federale ha emesso una sentenza che rappresenta un primo momento di rottura rispetto al passato. Nel quadro di un ricorso, interposto da un trafficante di droga macedone condannato all’espulsione dalla Svizzera, tre giudici del Tribunale federale hanno rifiutato di applicare la Costituzione legittimata dalla maggioranza di popolo e cantoni. In tal modo hanno posto il diritto internazionale al di sopra della Costituzione federale. A seguire, nel 2017, il tribunale cantonale di Zurigo ha accolto il ricorso di un teppista tedesco anch’egli condannato all’espulsione dal nostro paese. I giudici cantonali hanno ribaltato la sentenza del tribunale distrettuale permettendogli, in quanto cittadino dell’UE beneficiario dell’accordo sulla libera circolazione, di rimanere in Svizzera. Non vi è dunque alcuna soluzione di successo per il nostro paese ma solo ed esclusivamente un assoggettamento della nostra Costituzione nei confronti del diritto internazionale e dei giudici stranieri. Ed è proprio questo il senso dell’Iniziativa per l’autodeterminazione, rimettere al centro del nostro stato di diritto la democrazia diretta e la Costituzione federale».