Impreparati alla fama. Spesso fragili e introversi. Ad attenderli, solitudine, problemi psicologici e spesso alcool e droghe.
«È una lotta mentale principalmente con te stesso. Devi prepararti e sapere che potresti essere sempre fotografato. Anche se sto andando solo in un negozio, potrei sudare e stare male perché non so se sto facendo la cosa giusta per me. Purtroppo succede a tutti in questo settore». In un'intervista del 2019 su Esquire Middle East, Liam Payne, celebre cantante degli One Direction, aveva descritto con queste parole la perenne angoscia di chi ha sacrificato la propria vita privata alla fama e si trova costantemente seguito da fotografi e ammiratori.
Capita ai personaggi famosi di qualsiasi età, ma soprattutto ai giovanissimi artisti che si trovano, all'improvviso, a dover vivere sotto la costante lente d'ingrandimento dell'opinione pubblica e della stampa.
Se, a un primo sguardo, il raggiungimento delle vette del successo in giovane età può sembrare una situazione idilliaca, a un'analisi più approfondita si possono notare gli effetti, spesso devastanti, che questo stile di vita può avere su delle menti troppo acerbe e impreparate a una tale eco mediatica.
Morire a soli 31 anni - Liam Payne è morto lo scorso 16 ottobre a Buenos Aires, a seguito di una caduta dal balcone dell'hotel in cui alloggiava. Il cantante aveva solo trentun'anni, e da molto tempo combatteva con una seria dipendenza da alcol e droga.
All'età di sedici anni era entrato a far parte degli One direction, una boy band creata nel corso del talent show X Factor, edizione 2010, conoscendo in breve tempo una fama planetaria.
A detta di tutti coloro che lo conoscevano, Payne aveva cercato di far fronte all'enorme pressione mediatica proprio rifugiandosi in quelle dipendenze che poi lo hanno condotto alla sua tragica fine.
Giovani uccisi dal successo - Il cantante non è certo il solo ad aver pagato, sulla propria pelle, il prezzo di un successo guadagnato troppo presto, e le morti di coloro che sono stati giovani artisti di successo pesano come un macigno sull'industria musicale che inizia ad interrogarsi come poter proteggere la naturale vulnerabilità di coloro che conquistano la fama età ancora acerba.
La proposta: «Famosi non prima dei 18 anni» - Intervistato da The Obeserver, il compositore Guy Chambers, noto per la sua collaborazione con Robbie Williams, ha avanzato la proposta di vietare agli under 18 di diventare delle popstar. «Penso che mettere un sedicenne in un mondo adulto del genere sia davvero potenzialmente molto dannoso-ha dichiarato Chambers-So che nel caso di Robbie con i Take That non c'era alcuna protezione adeguata per prendersi cura di quelli che erano solo ragazzi adolescenti. È stato molto tempo fa, ma non vedo segni di cambiamento».
Creativi, timidi e spesso introversi - Dello stesso avviso è lo psicologo Adi Jaffe che, nel corso della sua carriera, è stato lo terapeuta di molte persone famose negli Stati Uniti. Intervistato dalla Bbc, Jaffe ha lanciato l'allarme sulla necessità di tutelare maggiormente la salute mentale di queste persone. «Lasciamo sole queste menti artistiche giovani, creative e spesso timide ed introverse - ha detto Jaffe - e le gestiamo attraverso un sistema capitalista fortemente competitivo e con molti soldi in ballo».
Secondo lo psicologo, il primo approccio con una vita di successi può essere elettrizzante, «le feste sono fantastiche e le celebrità che vengono ad incontrarti sono meravigliose», ma in breve tempo si rischia di rimanere invischiati in quegli stessi meccanismi pericolosi che in un primo momento sono apparsi affascinanti. «Ho lavorato con artisti che hanno un programma di duecento date di concerti all'anno, e ciò significa essere su navette, autobus e aerei ogni giorno dell'anno. Non hanno un ambiente domestico stabile, sono in fusi orari sempre diversi e devono esibirsi, ma poi devono riposare su di un aereo per il prossimo concerto» racconta Jaffe secondo il quale, per far fronte a queste difficoltà moltissime giovani star iniziano ad affidarsi a sonniferi e stimolanti e ciò «diventa un ciclo incredibilmente dannoso di abitudini inappropriate ma necessarie».
Ci si chiude in sé stessi e ci si rifugia in droghe e alcool - A detta dell'esperto, i principali pericoli per queste popstar sono dovuti proprio alla loro giovanissima età che li rende più vulnerabili alle pressioni esterne ed al carico eccessivo di lavoro loro richiesto. Inoltre, la vita di successo che si trovano a vivere, li allontana dal gruppo di coetanei e da una vita più autentica e a contatto con la realtà. Lo stesso Payne aveva raccontato che l'unico modo per sfuggire alle pressioni esterne «era rinchiudersi nelle nostre stanze, e naturalmente cosa c'è nelle camere? Il minibar».
L'aiuto offerto dall'alcol può sembrare, all'inizio, come una piccola evasione innocente ad una realtà che si fa troppo complessa da gestire per poi trasformarsi, nel corso degli anni, in una vera e propria dipendenza che aiuta a non pensare a quella perdita di libertà che, come confessato da Payne stesso, può diventare schiacciante. Sotto il peso della popolarità planetaria sono infatti morti tanti giovani talenti, e la lista rischia di continuare ad allungarsi proprio per la mancanza di strumenti di protezione.
Quel talento che uccide - Amy Winehouse aveva solo diciannove anni quando firmò il suo primo contratto discografico, vincendo molti premi prestigiosi, per poi trovarsi invischiata in un circolo distruttivo fatto di alcol e droghe a cui ricorreva per superare le difficoltà di una vita vissuta sotto i riflettori.
L'artista britannica è morta a soli ventisette anni nel 2011, mentre di anni ne aveva solo ventotto il famosissimo Dj svedese Avicii, vero nome Tom Bergling, che aveva iniziato a pubblicare brani dance a soli diciassette anni e che ha avuto il coraggio di raccontare la sua discesa nel baratro delle dipendenza in un documentario del 2017 intitolato 'Avicii: True Stories'.
Il cantante e attore Aaron Carter, fratello di Nick, membro della boy band BackStreet Boys, è morto nel 2022, a soli trentaquattro anni, nella sua casa di Lancaster, in California, annegato nella sua vasca da bagno dopo aver assunto sostanze stupefacenti. Aaron aveva firmato il primo contratto discografico a soli nove anni, e dopo aver conosciuto un rapido successo era diventato dipendente dalle sostanze stupefacenti. Inoltre, nel 2019 gli era stato diagnosticata la schizofrenia ed un grave disturbo bipolare. Dieci anni prima era morta, sempre a causa della propria dipendenza dai farmaci, la sorella Leslie che, a soli tredici anni, aveva firmato un contratto discografico con la DreamWorks Records.
Star bambine - Sono molte poi le celebrità che, avendo conosciuto la fama da bambine, pur essendo ancora in vita conducono un'esistenza fatta di lotta contro le proprie dipendenze e molto lontana dai fasti conosciuti in tenera età. Britney Spears, ad esempio, è stata una giovanissima star della musica mondiale, ma ora i fan seguono i suoi contenuti social preoccupandosi continuamente per la sua salute mentale.
Nella sua biografia, 'The woman in Me', la cantante ha raccontato di aver vissuto gli anni del successo, anche a causa del burrascoso rapporto con il padre-manager, come «una bambina-robot. Più che una persona sul palcoscenico ero diventata una entità». Una storia molto simile a quella di Lindsay Lohan, che a quattro anni faceva la modella e a dieci recitava nella popolare soap opera 'Destini'. Appena adolescente Lindsay aveva già conosciuto, come cantante e attrice, un successo clamoroso ma, in contemporanea, ha iniziato anche ad avere problemi con le droghe, come eroina e cocaina, che gli sono costati molti tentativi di disintossicazione.
Ben 8 su 10 hanno problemi di salute mentale - Come riferito dalla Bbc, secondo uno studio del 2019, l'80% dei musicisti intervistati, di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, hanno dichiarato di avere problemi di salute mentale, di cui l'ansia e depressione sono i più comuni. Questi problemi sono accresciuti anche dal fatto di doverli vivere in pubblico, non essendo lasciato loro alcuno spazio privato per poter sbagliare e correggersi. L'idea di Chambers di porre dei limiti di età per coloro che vogliono affacciarsi nel mondo della musica è oggetto di discussione e, pur non sembrando realisticamente realizzabile, ha avuto comunque il pregio di far focalizzare l'attenzione degli operatori del settore e dell'opinione pubblica sull'urgenza di mettere in atto delle modalità di protezione e supporto per i giovani artisti.
Secondo la cantante Lily Allen, sarebbe importante che i cantanti venissero trattati come veri e propri dipendenti delle case discografiche, e non come liberi professionisti, per permettere loro di beneficiare di tutti gli strumenti di protezione a disposizione dei lavoratori dipendenti, primo fra tutti l'obbligo di diligenza che grava sul datore di lavoro. Secondo Chris Herbert, ex manager musicale e creatore delle Spice Girls, «la risposta dovrebbe risiedere nel creare la giusta istruzione e il giusto supporto per i giovani artisti e rendere l'industria un posto più trasparente». Tutte proposte molto giuste, e che urge vagliare con solerzia per mettere al riparo i nuovi giovani artisti dai pericoli del proprio mestiere.