La richiesta è contenuta nel rapporto sull'autogestione firmato questa mattina in Commissione sanità e sicurezza sociale
Il rapporto chiede al Consiglio di Stato di designare una figura «autorevole e riconosciuta» dalle parti a cui affidare la mediazione per individuare spazi alternativi (anche fuori dal Luganese) e definire una nuova Convenzione.
BELLINZONA - La discussione sull’ex Macello di Lugano è pronta per approdare anche sui tavoli del Gran Consiglio. A quasi un mese dalla prima fumata nera, il rapporto unico confezionato a quattro mani da Tiziano Galeazzi (UDC) e Raoul Ghisletta (PS) ha finalmente accolto questa mattina le firme necessarie in Commissione Sanità e sicurezza sociale mettendo fine a un lungo percorso ad ostacoli tra rinvii, dubbi di alcuni commissari e interpellanze pendenti. Il tutto con il rinnovo degli esecutivi e dei legislativi comunali a fare da sfondo.
Va detto che il rapporto non ha fatto l’unanimità attorno al tavolo commissionale. E infatti alcune forze politiche, come il PLR e i Verdi, hanno deciso alla fine di non impugnare la penna, come ci conferma il presidente del gremio, Massimiliano Robbiani. A sbloccare la situazione sono state invece le firme dei commissari del PPD, che hanno «di fatto avallato il rapporto», che fino a quel momento poteva contare già sull’adesione della Lega, dell’UDC e del Partito socialista.
Il dibattito dovrà comunque attendere alcune settimane. Considerati i tempi stretti che ci separano dalla prossima seduta del legislativo cantonale - che prenderà il via il 3 maggio -, il tema slitterà all’ordine del giorno nella penultima tornata parlamentare (in agenda a cavallo tra la fine di maggio e l’inizio di giugno) prima della pausa estiva. Un intervallo sicuramente lungo ma che consentirà ai deputati di affrontare la questione tenendo conto anche degli sviluppi in riva al Ceresio.
Per una «soluzione condivisa»: il rapporto
Ma cosa chiede in sostanza il rapporto? Le conclusioni sono a grandi linee quelle che erano già emerse nel corso delle settimane passate. In sintesi viene chiesto che il Cantone si attivi celermente sulla questione, adoperandosi per un ultimo tentativo volto a trovare una soluzione condivisa.
Come? Designando in primis una figura «autorevole e riconosciuta da tutte le parti» che nel 2002 firmarono la Convenzione a cui affidare un ruolo di mediazione nelle discussioni. Con due obiettivi: identificare spazi alternativi e definire una nuova Convenzione. E sarà una ricerca di spazi, come precisa Tiziano Galeazzi al telefono, che dovrà «prendere in considerazione l’intero raggio ticinese» e non più solo il Luganese. Inoltre, per la fine di maggio «bisognerà anche vedere cosa succederà sul fronte luganese. Ma - conclude il deputato UDC - è importante che se ne discuta anche in Parlamento».
Dal 2012… a una rapida escalation
La questione del CSOA ha impegnato i commissari per un paio di mesi, sin dalla fine dello scorso febbraio, dopo aver riesumato una mozione che giaceva nei cassetti ormai dal lontano 2012 e che era stata presentata a suo tempo dai deputati Fabio Schnellmann, Gianrico Corti e Roberto Badaracco. Ne scaturisce così un primo rapporto a cui poi se ne aggiunge un secondo. Gli eventi però subiscono un’accelerazione dopo gli scontri dell’8 marzo alla stazione di Lugano e così - nell’attesa di vedere quale sarebbe stata la reazione dell’esecutivo luganese - i commissari congelano le firme ed esplorano la possibilità di ritornare su un’unica strada. Eventualità che poi prenderà concretamente forma.
Nel frattempo però il Municipio di Lugano non leva il piede dal gas. E infatti, dopo un primo rinvio della discussione, il 18 marzo viene decisa la disdetta della convenzione a tre teste sottoscritta da Città, Cantone e Associazione Alba il 18 dicembre del 2002, con tanto di termine di 20 giorni concessi all’autogestione dal momento della notifica per sgomberare gli spazi e, nel caso ciò non avvenisse, la volontà di avviare in seguito la procedura d’ufficio.
L’autogestione dal suo canto risponde promettendo di scendere in piazza in caso di sfratto. L’ultimatum è stato fissato ufficialmente con scadenza al prossimo 26 aprile, ma l’esecutivo tornerà a chinarsi sul tema solo il 29 aprile, come confermato ieri dal sindaco Marco Borradori, in occasione della prima seduta della nuova legislatura. E tra le carte sui banchi di Palazzo Civico si è aggiunta in questi giorni anche una lettera inviata da Palazzo delle Orsoline, che suggerisce ai municipali luganesi di scegliere la via della tolleranza, aspettando l’inizio dei lavori di riqualifica all'ex Macello prima di sfrattare i molinari.