Raoul Ghisletta (PS) e Tiziano Galeazzi (UDC) si erano quasi accordati per portare la questione in Gran Consiglio.
Intanto spunta un possibile mediatore. «Si provi a costruire un dialogo tra le parti per una soluzione pacifica». È il portavoce dell'Associazione idea autogestione.
LUGANO - "Sgombero". È il termine che già dalla tarda serata di lunedì si è sentito ripetere da più voci, parlando dell'ex Macello di Lugano. Ieri era attesa una comunicazione da parte del Municipio, che però all'ultimo ha fatto sapere di essere ancora in attesa di «un rapporto di polizia» su «alcuni elementi tecnici legati all’ambito della sicurezza» che dovrebbero consentirgli di prendere una decisione «entro la prossima seduta». Un dietrofront (perlomeno temporaneo) che per alcuni appare come "una brutta figura", mentre altri lodano la non avventatezza delle decisioni.
Dal 30 ottobre all'8 marzo - Ma andiamo con ordine. Di "sgombero"dell'ex Macello si era tornato a parlare a inizio novembre, dopo l'aggressione a una giornalista durante una manifestazione a Molino Nuovo. All’interno dell’Esecutivo di Lugano si era palesata una maggioranza a favore di una linea più dura (4-3), ma solo qualora gli autogestiti «avessero tirato ancora la corda». «Qui siamo e qui rimaniamo», aveva risposto il CSOA (Centro sociale autogestito) il Molino. Da allora tutto è rimasto (apparentemente) in stand-by, fino a lunedì sera. Quando la manifestazione "contro patriarcato, razzismo e islamofobia" è sfociata in scontri con la polizia. E da più parti si è levato il grido della politica. Anche a Bellinzona, dove però ieri mattina la Commissione Sanità e Sicurezza sociale del legislativo cantonale non ha firmato i due rapporti, rimandando tutto al 25 marzo.
«Potevamo dare un segnale, peccato» - «Abbiamo scoperto che non ci sono solo i vaccini anti Covid-19 in congelatore, ma anche certe decisioni», commenta Tiziano Galeazzi, relatore di uno dei due rapporti. Portare la questione in Gran Consiglio già la prossima settimana, con una clausola d'urgenza, avrebbe dimostrato alla Città di Lugano e alla popolazione che il Parlamento "era sul pezzo", conscio della situazione in corso. E avrebbe anche fornito qualche indicazione al Governo. Ma così non è stato, perché i partiti di Centro non hanno firmato i due rapporti. L'intenzione, ora, è raggiungere un rapporto unico tra i commissari, realizzato "da un estremo all’altro del parlamento" (con Ghisletta (PS) e Galeazzi (UDC) come relatori), e discuterne con il plenum in aprile. L'attesa ora si concentra sulla risposta del Consiglio di Stato (settimana prossima) alle interpellanze urgenti presentate dalla Lega e da Ghisletta dopo i fatti di lunedì sera. «Magari con un segnale al Cantone che provenga dal Gran Consiglio, ci si attiverebbe prima per trovare una nuova location agli autogestiti, da un’altra parte», conclude Galeazzi.
«Lo sgombero immediato sarebbe un "patatrac"» - Dal canto suo Raoul Ghisletta - relatore dell'altro rapporto (non firmato) nella Commissione Sanità e sicurezza sociale - non è stupito dalla comunicazione del Municipio di Lugano. «Mi pareva un po' avventato decidere così su due piedi - dice -. Non mi sorprende che abbiano rimandato. Dubito che si possa fare uno sgombero da un giorno all’altro, è una cosa difficile e anche pericolosa». La Commissione si sta occupando di una mozione datata 2012 (nove anni fa), presentata a suo tempo dai deputati Fabio Schnellmann, Gianrico Corti e Roberto Badaracco, che chiedeva al Cantone di «fare la sua parte». Ma «l’escalation di questi giorni non si può risolvere con la mozione - conclude il deputato socialista -. Lo sgombero immediato significherebbe un "patatrac", una guerra aperta tra tutti. Mi sembra un po’ sciocco e spero che non si arrivi a quel punto. Forse sarebbe meglio individuare un mediatore per trovare una soluzione».
Da AIDA il consiglio a mediare - Per una soluzione pacifica è anche il portavoce dell'associazione AIDA (associazione idea autogestione), Bruno Brughera. «Non voglio fare polemica, piuttosto spezzerei una lancia in favore di un passo indietro da parte di tutte le parti - afferma -. Sia il Municipio, sia l’autogestione del CSOA facciano delle proposte in terra neutra. Si provi a costruire un dialogo». Brughera non prende le parti di nessuno, ma è convinto che «un atteggiamento di chiusura» non porti a nulla, esattamente come «proclami e minacce». Ecco perché la proposta di un mediatore, pronto a raccogliere le voci delle parti e a fare da portavoce. «Per poi coinvolgere un gruppo, una commissione, qualcuno che potrebbe monitorare la mediazione e fungere da super partes. E arrivare infine al ruolo del Cantone, garante di entrambe le parti». E se tra le figure per mediare si pescasse proprio nell'associazione?
Che fine ha fatto la convenzione? - La faccenda, si è capito, è parecchio complicata e spinosa. E c'è un aspetto di cui in questi giorni non si è parlato, ma che è centrale: la convenzione (provvisoria) del 18 dicembre 2002 stipulata tra il Cantone (quale attore principale), il Comune di Lugano e il CSOA (rappresentato dall'associazione ALBA). Una convenzione che autorizza l'autogestione in alcuni locali dello stabile dell'ex Macello. E si rifà al Regolamento comunale sui beni amministrativi e al Codice delle obbligazioni sul contratto di comodato. Una Convenzione provvisoria, in cui il Consiglio di Stato «si impegnava a cercare e trovare una soluzione definitiva». Che sia questo documento - che non prevede lo sfratto per fatti con rilevanza penale commessi da singole persone, all'esterno della struttura - a "congelare" alcune decisioni? Affaire à suivre. Il Municipio, dal canto suo, intende «prendere una decisione entro la prossima seduta».