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Haiti, dal caos al caos

L'assassinio del presidente Moise ha complicato la situazione già difficile del Paese
L'assassinio del presidente Moise ha complicato la situazione già difficile del Paese

Un vecchio proverbio haitiano recita ‘voye woch kache men’, ossia ‘chi ha lanciato la pietra nasconde la mano’. Di mani insanguinate che tentano di nascondersi ce ne sono diverse ad Haiti, isola caraibica in mano alle bande armate ed alle loro violenze. La situazione è, di certo, peggiorata da quando, nella notte tra il 6 ed il 7 luglio, è stato assassinato, nella sua abitazione, il presidente della Repubblica Jovenel Moise.

La dinamica, ricostruita dagli inquirenti, parla di un gruppo armato, costituito da persone che parlavano in inglese e spagnolo, che ha fatto irruzione nella dimora del Presidente, freddandolo con 16 colpi d’arma da fuoco. Anche la moglie, Martine Moise, è rimasta gravemente ferita ed ora è ricoverata in un ospedale di Miami con buone possibilità di sopravvivere a quanto accadutole. Molti residenti della zona hanno riferito di aver visto, aggirarsi nella zona, diversi uomini in tuta mimetica e aver visto volare dei droni. È di pochi giorni fa, la notizia che la polizia avrebbe ucciso quattro mercenari coinvolti nell’omicidio e di averne preso in custodia altri due.

Le guardie del corpo di Moise sotto la lente
Fino ad ora, nell’ambito della operazione di ricerca degli assassini di Moise, sono state arrestate 20 persone e 5 sarebbero ancora in fuga. Degli arrestati, come comunicato dal governo haitiano, 18 sono cittadini colombiani e 2 sono cittadini statunitensi di origine haitiana. La maggior parte dei colombiani arrestati sono ex militari dell’esercito colombiano che sono molto richiesti, quali mercenari, per operazioni militari non ufficiali vista la grande esperienza per operazioni di guerriglia. Ciò è dovuto alla lunga guerra che in Colombia si combatte contro i guerriglieri della Farc, sia perché, essendo addestrati negli Stati Uniti, si dimostrano molto preparati in questo genere di operazioni. Le indagini si starebbero concentrando anche sulle guardie del corpo di Moise che durante l’assalto, secondo quanto scritto dal New York Times, non avrebbero sparato alcun colpo per tentare di difendere Moise dall’assalto dei mercenari. Nelle ultime ore è stato posto in custodia dalla polizia anche il capo della sicurezza del palazzo presidenziale, Dimitri Hérard.

keystone-sda.ch / STR (Matias Delacroix)

Un Presidente con tanti nemici
Inutile negare che l’ex Presidente si fosse fatto molti nemici e, già l’anno scorso, aveva annunciato di aver smascherato un tentativo di golpe che prevedeva la sua uccisione. Insediatosi nel 2017, dopo che il suo predecessore si era dimesso, dal 2020 governava per decreto e senza la presenza di un Parlamento. Jovenel Moise, aveva 53 anni, era padre di due figli e sposato con la compagna di classe Martine. Figlio di un meccanico ed una sarta, aveva studiato scienze dell’educazione presso l’Università Quisqueya di Haiti. Alle spalle aveva un passato di imprenditore agricolo di successo come esportatore di banane.

Durante la sua campagna elettorale aveva promesso di voler migliorare le disastrose condizioni economiche del Paese e di combattere la piaga della corruzione ma, dopo l’elezione, anno dopo anno, si era comunque susseguite una serie di indagini, inchieste parlamentari e della Corte dei Conti che confermarono il fatto che, ad Haiti, le istituzioni fossero sempre in preda alla corruzione. Anche alcuni suoi stretti collaboratori vennero accusati di aver stornato fondi pubblici per interessi privati. Moise si era inoltre fatto molti nemici, anche tra le fila dell’opposizione al suo partito, che lo accusavano di governare illegittimamente: il Presidente riteneva di avere a disposizione un altro anno di mandato presidenziale mentre, per i suoi oppositori, il periodo di presidenza doveva considerarsi concluso in base ad una norma della Costituzione che fa iniziare il conto alla rovescia dal giorno della elezione e non a quello dell’insediamento vero e proprio. Alcuni giorni prima del suo assassinio, Moise aveva nominato un nuovo primo ministro, Ariel Henry, di modo da preparare il Paese alle elezioni, che si sarebbero tenute il prossimo 26 settembre, per l’elezione di un nuovo presidente e parlamento. A Settembre si sarebbe dovuto tenere, infatti, un referendum costituzionale, posticipato già due volte a causa del coronavirus, Il testo delle riforme, volute da Moise, mirava a rafforzare il potere esecutivo ma era stato respinto dall’opposizione e dalle organizzazioni della società civile. L’opposizione sosteneva l’impossibilità di andare al voto in un tale clima di instabilità ed anche il Consiglio di Sicurezza dell’Onu e l’Europa aveva fatto appello perché si giungessero ad elezioni libere e trasparenti entro la fine del 2021.

keystone-sda.ch (Orlando Barria)

Haiti, dal caos al caos
Ora ad Haiti regna il caos più completo: diversi gruppi di cittadini si sono armati ed hanno iniziato a pattugliare le strade, compiendo gravi atti di violenza verso chiunque sia anche solo sospettato di essere coinvolto nell’omicidio di Moise. In strada, inoltre, spadroneggiano le bande armate, alcune delle quali hanno legami con il governo mentre altre proteggono gli interessi di determinati settori privati o delle fazioni di opposizione. Insomma, sembra non esserci mai pace per Haiti, paese martoriato dalla povertà e dalle enormi diseguaglianze sociali oltre che da una classe politica corrotta e dalla violenza di bande armate che non si fanno scrupoli di seminare il panico tra le persone. Il 60% della popolazione haitiana vive sotto la soglia di povertà ed il reddito medio è di 2 dollari al giorno. Il tasso di inflazione è arrivato al 14,7%, il quindicesimo più alto al mondo mentre la mortalità infantile vede 41 bambini morti ogni mille persone.

Il Paese, negli ultimi 20 anni, ha vissuto un periodo di grandi catastrofi naturali, oltre che di instabilità politica: nel 2010 è stata devastata da un tremendo terremoto che provocò la morte di 250 mila persone ed il ferimento di 300 mila. A questo si è aggiunta una epidemia di colera, a seguito dell’arrivo delle forze di pace dell’Onu dal Nepal, e la furia devastatrice dell’uragano Matthew nel 2016 oltre che, in tempi recenti, la pandemia da coronavirus. Il governo haitiano ha, infatti, trascurato di aderire al programma pilota che avrebbe permesso di velocizzare la campagna vaccinale nei Paesi poveri e, nel frattempo, Center for human rights research and analysis, lo ha accusato “di aver speso 34 milioni di dollari per il contrasto al virus in assoluta opacità”. Altro gravissimo problema è quello di riuscire a convincere le persone a recarsi nei centri vaccinali perché ogni spostamento aumenta il rischio di rapimento, fenomeno che è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi anni. Dopo l’assassinio di Moise, la situazione si è fatta ancora più complicata a causa della diatriba sorta tra Claude Joseph, ministro ad interim ed il primo ministro appena nominato dall’ex Presidente, Ariel Henry il quale ha rivendicato, nel corso di una intervista rilasciata al quotidiano locale ‘Le Nouvelliste’ il suo diritto a ricoprire l’incarico per il quale era stato chiamato pochi giorni prima che Moise morisse per mano dei mercenari. Le funzioni di capo di Stato sono invece state assunte da Claude Joseph, il quale ha bollato l’omicidio di Moise come “un atto odioso, disumano e barbaro”. La verità è che in base all’articolo 149 della Costituzione haitiana, in caso di assenza del presidente per “dimissioni, destituzione o in caso di incapacità fisica o mentale permanente“ spetta al Consiglio dei ministri, sotto la presidenza del premier, esercitare il potere esecutivo fino all’elezione di un nuovo capo di Stato. Per far ciò è fissato un termine, che va dai 60 ai 120 giorni, per indire nuove elezioni.

keystone-sda.ch / STR (Joseph Odelyn)

Unica eccezione, come nel caso di specie, è che il Presidente sia all’ultimo anno del suo mandato: in questo caso l’Assemblea nazionale può riunirsi ed eleggere un capo di Stato provvisorio. Il primo ministro ad interim Claude Joseph, con il sostegno della polizia e dell’esercito, dal giorno dopo l’assassinio di Moise, ha assunto la leadership del Paese dichiarando lo stato d’assedio e chiudendo l’aeroporto di Port-au-Prince dopo aver presieduto un Consiglio dei ministri straordinario. In base alla legge haitiana, lo stato d’assedio fornisce alle forze armate il ruolo di garanti della sicurezza del Paese e prevede la creazione di tribunali militari oltre che un capillare controllo sui mezzi di comunicazione. La questione della successione a Moise rimane quindi aperta andando ad aggravare la già drammatica situazione del Paese.


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