Spopolano in rete le "Reborn": i bebè in silicone così veri da far perdere il senso della realtà alle mamme per finta
Samuel dorme beato nel suo lettino e stringe felice il suo giocattolo preferito. Delle volte indossa delle buffe tutine ma non abbandona mai il suo ciuccio azzurro né la sua serafica aria di bimbo addormentato. Samuel costa 1'894 euro mentre la dolce Vera-Michelle 1'098 euro e Maria, dalla coroncina di fiori in testa, 1.490 euro. Vera, Saskia, Maria, Samuel, non sono bambini in vendita ma bambole, in tutto e per tutto simili a dei veri neonati. Bambole che vantano centinaia di siti specializzati nella loro vendita, ma anche pagine social e forum di discussione dove le loro orgogliosissime ‘mamme speciali’ si scambiano foto e consigli sul loro accudimento.
Reborn in the USA - Le Reborn, così si chiama questo tipo di bambole, sono prodotti artigianali creati da artiste che si definiscono reborn artists o reborner, specializzate appunto in reborning, ossia la tecnica per la realizzazione di tali creazioni. Tali bambole hanno iniziato ad imporsi sul mercato tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 negli Stati Uniti per poi diffondersi in Europa. Inizialmente, la tecnica di reborning consisteva nel ristrutturare una bambola già esistente, eliminandone i tratti dipinti per poi ridipingerla nuovamente in tutte le sue parti a seconda del gusto dell’artista. All'inizio, le bambole così ‘rinate’ venivano scambiate nei mercatini tra pochi collezionisti per poi approdare, nella metà degli anni ’90, su internet dove nacquero forum specializzati su tale tecnica di restauro. Secondo la nota rivista statunitense ‘Doll reader’, la prima bambola Reborn venne venduta nel 2002, e da allora il mercato di tale bambole ha conosciuto un vero e proprio boom diffondendosi nei Paesi anglosassoni e in Europa, specialmente Germania, Italia e Spagna. Su Instagram, per fare un esempio, ci sono più di 280 mila contenuti con l’hashtag #reborndoll. Negli Stati Uniti, come detto, il fenomeno è diventato virale e su YouTube ci sono oltre 400 mila video che riguardano le bambole Reborn.
Un realismo stupefacente - Per ottenere un effetto naturale, tale tipo di bambole richiedono un processo di lavorazione molto accurato che parte dalla preparazione del vinile, lavato con acqua saponata a togliere tutte le impurità della produzione, per poi concentrarsi sulla stesura di diverse tonalità di colori, atossici ed indelebili, per rendere al meglio le macchie, rossori e venature tipiche dei bambini appena nati. Si passa poi alla cura dei dettagli: un’accurata manicure e pedicure, la lucidatura dei punti umidi, come la bocca, per ottenere un realistico effetto bagnato e la cucitura dei capelli con uno speciale ago con il quale vengono attaccati uno o due capelli alla volta fatti di mohair, una fibra tessile ricavata dalla capra d’Angora, ideale per ricreare la morbidezza dei capelli dei neonati. Il corpo di tale tipo di bambola viene imbottito con fibra sintetica e appesantito con granuli di plastica e micro sfere di vetro di modo che possa assumere le pose di un bambino vero. Ultimamente va anche di moda inserire un magnete all’interno della bocca per far in modo che riescano a trattenere ciucci e biberon.
Un supporto psicologico, ma... - Ogni bambola ‘rinata’, in quanto nata due volte grazie all’opera di creazione o restauro, viene poi dotata di un nome proprio e di un corredino comprendente tutto il necessario per un neonato appena nato, dalle tutine ai pannolini fino ai peluches per il gioco o il riposo. Create inizialmente in un ristretto ambito di collezionismo, le bambole Reborn sono state utilizzate, con il passare del tempo, per vari scopi terapeutici come i corsi di preparazione al parto o per attività dirette a persone affette da ritardi cognitivi o dal morbo di Alzheimer. Le Reborn si sono rivelate utili come supporto nelle terapie psicologiche di persone che hanno subito un lutto perinatale o post nascita per elaborare il senso di perdita ed esorcizzare i sentimenti di depressione e rabbia che si possono sperimentare in seguito a questa dolorosa esperienza.
Pappe e Nutella - Inutile però minimizzare la portata del fenomeno che vede le Reborn protagoniste di ben altre narrazioni. «La signora mi ha fatto entrare in casa e mi ha anche detto di parlare a voce bassa perché la bambina dormiva» ha raccontato Giulia, contattata per fare da baby-sitter a una bambola rinata. Ovviamente, scoperta la verità, la ragazza è scappata a gambe levate suscitando il disappunto della signora interessata. Sui gruppi dedicati a questi “bambini speciali” si possono leggere storie che ai più possono sembrare incredibili: c’è chi compra vere pappe da bebè, chi usa la Nutella per simulare un pannolino sporco e chi chiede consiglio su come vestire e acconciare il proprio neonato. C’è anche chi su Instagram racconta nei minimi dettagli, compresa la pubblicazione dell’ecografia, l’emozione dell’attesa della propria bambina speciale.
Il profilo delle "mamme" - Si stima che il pubblico interessato a tale tipo di prodotto sia prevalentemente femminile, di età compresa tra i 30 ed i 50 anni che, nella maggior parte dei casi, riversano sul fantoccio in silicone il proprio desiderio, espresso o recondito che sia, di maternità. Molte di loro hanno alle spalle eventi traumatici, come esperienze di aborto, altre invece trovano in esse il modo più semplice e diretto per poter soddisfare un proprio desiderio di accudimento. Ciò che diventa pericoloso in sé è il totale distacco con la realtà che porta moltissime persone a considerare tali bambole alla stregua di bambini veri. Nel 2017, Vincenzo Maisto, noto scrittore e blogger salernitano, conosciuto con lo pseudonimo di ‘Signor Distruggere’, condusse una sorta di inchiesta giornalistica sul gruppo Facebook ‘Il mio bimbo speciale’, mettendo in luce, in chiave ironica, la realtà, fino ad allora poco conosciuta, delle ‘mamme’ di bambole Reborn. I post delle frequentatrici del gruppo sono in tutto e per tutto identici a quelli che si potrebbero leggere in un qualsiasi gruppo di mamme, dove ci si scambia consigli sul miglior detergente da usare per il bagnetto o come sia meglio organizzare il battesimo del bambino, salvo però trattarsi di una bambola.
Milioni di visualizzazioni in rete - Alla domanda su come si riesca a vivere serene lontano dal proprio bambino speciale, una utente del gruppo ‘Il mio bimbo speciale’ ha risposto che «inizialmente con il lavoro nuovo è stato un trauma. Faccio da segretaria in uno studio dentistico poi ho capito quando posso tirarlo fuori dalla borsa e quando no. Quando posso metto Milly nel seggiolino vicino alla mia scrivania e sapeste in sala d’attesa quanti mi fanno i complimenti». Un’altra utente invece racconta di lasciare il suo George alla nonna perché «si sa le nonne come viziano i nipoti». Nel 2020, la giornalista Kelli Korducki del giornale The Guardian ha avuto modo di intervistare una ‘mamma speciale’ di nome Kellie Eldred nella sua casa a Ithaca, nello Stato di New York. Come era stata la stessa Eldred a raccontare, risale al lontano 1999 l’incontro con la bambola che le avrebbe cambiato la vita, molto simile, tra l’altro, alla vera figlia della collezionista, Lexi. «Non avevo mai visto o sentito parlare di qualcosa di simile» ricorda Eldred che, da allora ha comprato e rivenduto moltissime bambole Reborn, pur avendo conservato sempre la prima, e oggi è seguita da più di 300 mila persone su YouTube. I suoi video, in cui è possibile vederla mentre interagisce, coccola e parla con le sue Reborn hanno raggiunto più di 14 milioni di visualizzazioni. Uno degli argomenti ricorrenti nei suoi video è come affrontare il disappunto delle persone davanti ad una situazione simile e, nonostante la stessa Eldred ammetta che il marito si lasci sfuggire saltuariamente delle osservazioni derisorie su questo suo comportamento, l’invito è sempre quello di non cedere alle pressioni altrui.
«Sento che è mia figlia» - Lucenda Plancarte, è una delle donne intervistate dalla Korducki durante la sua inchiesta giornalistica. La trentenne racconta di come, per motivi di salute, non possa avere figli e di essere stata incoraggiata dal marito ad acquistare una bambola Reborn. «È stata l’esperienza più magica di sempre - racconta la Plancarte - ero innamorata. È stato incredibile e mi ha dato l’idea di avere uno scopo». La giovane, che ama portare il suo bambino speciale Joseph a comprare abitini e al parco in carrozzina, racconta alla giornalista di essere cosciente che non sia un bambino vero ma «in questo momento il mio percorso è accogliere Reborn e condividere le mie esperienza su Instagram e YouTube». Nonostante la felicità reale provata nell’accudimento di una bambola Reborn, gli esperti mettono in guardia sul fatto che possa innescarsi un meccanismo ingannevole nella quale la donna, grata delle lusinghe delle altre mamme, si identifichi in questo gioco di ruolo perdendo contatto con la realtà. Ed in effetti non può pensarsi altrimenti quando si guarda il video in cui Amanda, intervistata dalla canadese Globe and Mail, stringendo un fagottino al seno dice «quando la cullo sento che è mia figlia».