Decine di migliaia di bimbe e bimbi sono stati rapiti e rivenduti, oggi grazie al web riscoprono il loro passato.
Vivere diciannove anni senza sapere di avere una sorella è un trauma non da poco. Se poi si scopre di essere state divise, dietro lauto compenso, per volere del proprio padre allora la storia assume dei contorni ancora più tragici.
Separate alla nascita
Ano Sartania e Tako Khvitia sono le due giovani protagoniste di questo dramma, fortunatamente a lieto fine, che ha riportato alla luce il fenomeno delle adozioni illegali, nei Paesi dell'ex Unione Sovietica ma non solo. Per quasi tutta la loro vita le due gemelle hanno vissuto all'insaputa l'una dell'altra, una nella capitale Tbilisi e l'altra a Zugdidi, coltivando una passione che le ha unite anche a distanza: la danza.
Proprio a un concorso di danza, sostenuto all'età di undici anni, qualcuno nota l'incredibile somiglianza tra le due bambine ma il destino non aveva ancora deciso di farle riunire. Nel 2021, come raccontato da Repubblica, una amica di Ano le invia un video preso da TikTok di una ragazza identica a lei, e la giovane sente urgente l'esigenza di ricercarla pubblicando un post su Facebook.
Il suo appello viene raccolto da una conoscente di Tako, e le due ragazze possono finalmente darsi appuntamento alla fermata della metro Rustaveli, nel centro della città di Tbilisi, per riabbracciarsi. Come scritto nell'articolo «per le due ragazze è stato come guardarsi allo specchio».
«Ho sempre avuto la sensazione che qualcuno mi seguisse ovunque andassi, ogni giorno sognavo una bambina vestita di nero che mi faceva domande sulla mia vita» ha raccontato Ano annunciando di essersi riunita alla sorella gemella. Le due ragazze hanno scoperto di avere anche una sorella e un fratello e che la propria madre biologica vive in Germania da diverso tempo.
Dietro la loro separazione, come detto, si nasconde il dramma delle adozioni illegali che, in un'epoca di estrema instabilità, economica e politica, causata dal crollo dell'Unione Sovietica ha proliferato in quelle nuove repubbliche e in tanti altri Paesi del mondo. Le due ragazze sono nate il 20 giugno del 2002 a Kirtski, in Georgia.
La loro mamma, Aza Shoni, entrò in coma poco dopo il parto e il marito, Gocha Gakharia, che aveva sempre sostenuto di non essere il padre delle bambine, nonostante un test del Dna smentirà anni dopo questa sua teoria, le diede in adozione, dietro compenso monetario, a due famiglie diverse.
Alla madre, che aveva già avuto altri figli con l'uomo, venne detto che le bambine erano morte e del loro destino non si seppe più nulla fino a che, nel 2021, sono riuscite a riunirsi e a far chiarezza sul proprio passato.
100mila solo in Georgia
Secondo i dati forniti dalla pagina Facebook “Vedzeb” (in georgiano “Sto cercando”), sarebbero almeno 100 mila i minori adottati illegalmente, tra il 1950 ed 2006, e andati a vivere in Europa, Canada e Stati Uniti. La pagina, fondata da Tamuna Museridze, conta oltre 230mila membri e aiuta tutti coloro che vogliono ritrovare la propria famiglia biologica.
La stessa Tamuna, data illegalmente in adozione ad una nota giornalista televisiva, ha scoperto la verità solo dopo la morte della madre adottiva anche se non è ancora riuscita a rintracciare i propri genitori biologici. Come raccontato al quotidiano Repubblica, il primo caso trattato da Vedzeb, riguardava un ragazzo di nome Gia che aveva saputo dalla madre adottiva di averlo avuto da una ginecologa dell'ospedale in cui era nato dietro compenso di denaro.
A seguito di ulteriori ricerche, si venne a scoprire che l'operatrice sanitaria aveva sottratto il bambino ad una sua figlioccia dicendole che era morto a seguito di complicazioni legate al parto. «La parte più dura-ha raccontato la Museridze - è stata convincere la madre biologica di Gia ad effettuare il test di Dna. C'è voluto un mese. Non poteva accettare che la sua madrina fosse responsabile di una tale crudeltà».
Nella pagina Facebook di Vedzeb gli appelli di coloro che denunciano di essere stati adottati illegalmente, e cercano i propri familiari, continua ad aumentare, a testimonianza di un problema che, rimasto sommerso fino ad ora, è esploso in tutta la sua drammaticità.
«Sto cercando la mia famiglia»
«Se ti sei mai imbattuto in qualcuno che mi assomiglia, ti chiedo dal profondo del mio cuore, per favore, mettiti in contatto», ha scritto la georgiana Mariam Kobelashvili sulla pagina Facebook di Vezdeb.
Come riferito dal Telegraph, la madre della ragazza, nata trentatré anni fa a Tbilisi, aveva messo al mondo due gemelli ma le era stato detto che solo uno era sopravvissuto al parto. Così la giovane aveva portato a casa il bambino bambino mentre la figlia era stata venduta e adottata illegalmente.
Si presume che in Georgia, la piaga delle adozioni illegali sia iniziato già negli anni Ottanta per durare fino all'inizio degli anni Duemila. Migliaia di bambini sono stati dichiarati morti o orfani, con la connivenza di alcuni rappresentanti del personale medico e assistenti sociali, e dati illegalmente in adozione, sia all'interno che fuori dal Paese.
Come risulta dall'articolo del quotidiano britannico, prima del crollo dell'Unione Sovietica, i bambini venivano venduti a famiglie georgiane per 1'500 maneti, la vecchia valuta georgiana, mentre le bambine per 1'000 maneti, che equivalevano allo stipendio medio annuo. Dopo il 1993, invece, il traffico dei bambini è divenuto internazionale con richieste sempre più pressanti da parte di ricche famiglie occidentali disposte a pagare prezzi esorbitanti, fino a 20'000 dollari, per portare a casa un figlio.
Ad adottare soprattutto i Paesi più ricchi
Le adozioni derivanti dalla commissione di un crimine, quale il rapimento, la frode della dichiarazione di adottabilità e la falsificazione di documenti ufficiali, sono un dramma su cui diverse volte si è espresso l'Onu che ha più volte rimarcato il carattere illegale di tale tipo di adozioni, lesive dei diritti dei bambini, oltre che fonte di guadagni impropri.
In una dichiarazione congiunta, numerosi organi delle Nazioni Unite hanno invitato gli Stati ad adottare delle normative in grado di punire severamente questo fenomeno oltre che a dare vita a un database con campioni di Dna per poter individuare ogni caso di sparizione forzata di persone minori.
Non bisogna dimenticare, che solo nel 1995 è entrata in vigore la Convenzione dell'Aia che regola l'adozione internazionale ma che non è stata ancora ratificata da molti Paesi al mondo. Come ricordato da Nigel Cantwell, il fondatore di Defence for Children International, una organizzazione non governativa per la difesa dei diritti dell'Infanzia, molte delle adozioni effettuate tra gli anni Settanta e gli anni Noventa avvenivano “in una sorta di vuoto legale dato che non c'era una legislazione internazionale generale”.
Peter Selman, redattore del rapporto Intercountry Adoption: Development, Trendes and Perspectives, stima che tra il 1950 e il 2021 siano stati adottati illegalmente nel mondo almeno 1,1 milioni di bambini. I Paesi maggiormente coinvolti in questo tipo di traffico sono stati la Russia, l'India, la Romania, la Corea del Sud, la Cina, lo Sri Lanka, il Vietnam, il Guatemala e il Messico e in principali Paesi “riceventi”, negli anni Settanta, sono stati Stati Uniti, Svezia, Paesi Bassi, Danimarca e Norvegia per poi estendersi ad altri Paesi occidentali, quali Canada, Italia e Danimarca.
L'inattesa forza dei social network
Le storie riportate dal Telgraph sono moltissime, da Asheni, nome di fantasia, proveniente dallo Sri Lanka, e adottata in Gran Bretagna, dopo che sua madre l'ha dovuto dar via perché povera e sola al mondo o la coreana Kyung Sook Jung, adottata in Norvegia, che il padre ha cercato di trovare fino al giorno della sua morte.
Dopo la morte della madre, la bambina, povera e malata, era stata affidata dall'uomo ad un istituto, senza però mai dare il consenso per una adozione all'estero. Lo stesso dicasi per Joakim Bern, adottato da una famiglia danese che gli aveva sempre raccontato di essere stato accolto in un orfanotrofio dopo essere stato abbandonato nelle strade di Busan, in Corea del Sud.
In verità, la madre di Bern era una donna single e i suoi documenti vennero falsificati per darlo in adozione. Sempre più persone, grazie anche all'utilizzo dei social, hanno deciso di raccontare le proprie traversie alla ricerca delle proprie origini. E molti di loro sono riusciti anche a incontrare i propri genitori biologici o qualche altro parente.
Come detto da Cantwell «Quello che sta succedendo ora è che gli adottati più anziani stanno trovando la loro voce e di stanno organizzando insieme. Molti stanno facendo un lavoro fantastico nel portare alla luce questo problema». Non resta che augurarsi che, da tanto dolore, possa nascere una strategia globale perché non debbano più esserci adozioni illegali nel mondo.