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Combattono il brutalismo delle città. Arkitekturuppropet guadagna consensi

Il movimento rimette il cittadino al centro del dibattito architettonico
Il movimento rimette il cittadino al centro del dibattito architettonico

Nella penisola scandinava si sta diffondendo un movimento che lotta affinché «gli edifici non sembrino gigantesche scatole di scarpe o giocattoli». Si chiama Arkitekturuppropet (tradotto: la chiamata dell'architettura) ed «è un movimento popolare contro il modernismo, il neo-modernismo e l'omologazione delle città», si legge sul suo sito ufficiale.

Il movimento è cresciuto fino a superare i 50mila iscritti su Facebook e a espandersi in Norvegia, Danimarca, Finlandia, Germania, Stati Uniti, Estonia e nel Regno Unito. Ne fanno parte persone di provenienza ed estrazione sociale differenti, che hanno a cuore il ripristino del concetto di bellezza nelle città.

Un po' di storia - Nel 2016 Arkitekturuppropet diventa un'organizzazione non governativa senza scopo di lucro. La sua finalità è quella di creare un dibattito pubblico, sostenere l'attivismo locale e combattere quello che viene definito «il palese disprezzo da parte degli architetti e dei governanti per ciò che vuole la gente».

Stando ai dati forniti dall'organizzazione, più del 70% della popolazione preferirebbe che si ritornasse a un'architettura tradizionale. Il dato è rafforzato dal fatto che «nemmeno l'1% degli edifici in Scandinavia è costruito in stile di ispirazione tradizionale». Il timore è che si continui a demolire edifici del XVIII e del XIX secolo per costruirne altri «brutalmente contrastanti» con il contesto storico e paesaggistico in cui sono inseriti.

Cosa ne pensano gli esperti? - Pur venendo dal basso, il movimento trova consensi anche tra gli addetti ai lavori. Come specificato dall’architetto dello studio norvegese Mad Kurt Singstad, «quello che costruiamo oggi deve rimanere in piedi il più a lungo possibile. È dunque necessario costruire in modo che l'opera venga amata dal pubblico. Penso che sia più importante che gli edifici vengano considerati belli da coloro che non sono architetti», ha scritto sulle pagine di Bloomberg.

Secondo il blogger Peter Olsson, invece, il movimento «avvicina l'architettura alle persone» perché per riconoscere la bruttezza o la bellezza di un edificio «non è necessario essere un architetto».

La Scandinavia ha sempre esportato i suoi modelli architettonici. A confronto Arkitekturuppropet potrebbe apparire come un movimento di nostalgici, che avanzano un aprioristico rifiuto dell'architettura moderna a fronte di un immotivato ritorno allo stile classico e tradizionale. Ma non è così.

È vero che il movimento rappresenta una critica all'architettura scandinava moderna, definita «noiosa e senza ispirazione», e a quella neo-moderna, dallo stile «anonimo». Ma soprattutto, il movimento vuole riportare al centro del dibattito architettonico il cittadino, le sue esigenze e la sua legittima aspettativa di abitare in un posto funzionale e godibile anche a livello estetico. Da qui il ritorno a un'architettura più classica e dalle linee più armoniose anche se, come visto, ciò non significa un rifiuto della modernità.

Anche se Arkitekturuppropet raccoglie sempre più consensi e ha una indiscutibile rilevanza sociale, non è immune a critiche. Secondo l'architetta Ingrid Halland - storica dell'architettura e professoressa associata all'Università di Bergen - il criterio estetico è di fondamentale importanza per il cambiamento ma «il tipo di estetica superficiale promossa da Arkitekturuppropet non è ciò di cui abbiamo bisogno» di fronte al cambiamento climatico e alle esigenze della società.

Le classifiche - Di bruttezza in città se ne vede parecchia e non è certo un problema confinato alla Scandinavia. Ogni anno vengono stilate le classifiche degli edifici più brutti del mondo.

In cima alla lista, vi è spesso il grattacielo senza finestre situato al numero 33 di Thomas Street a New York. Si tratta di un esempio di architettura "brutalista" nata negli anni cinquanta, che esaltava la rudezza del cemento. Costruito nel 1974 è stato definito «la parete più grande del mondo» dall'urbanista americano William H. Whyte.

ImagoIl grattacielo senza finestre situato al numero 33 di Thomas Street a New York

Molto criticato è stato anche il grattacielo Antilia di Mumbai. È costato due miliardi di dollari ed è di proprietà del miliardario indiano Mukesh Ambani, magnate del petrolio e del gas. Il suo studio è stato inondato di critiche non solo per la forma cubica e irregolare dell'edificio, ma anche perché lo si considera un vero eccesso consumistico in spregio alla situazione economica del Paese.

GettyIl grattacielo Antilia di Mumbai

Molto discussa è anche la Torre Velasca di Milano, da molti considerata un antiestetico concentrato di cemento che ospita uffici e negozi alla moda.

ImagoLa Torre Valesca di Milano

Nella classifica degli edifici più criticati vengono menzionati anche lo Sharp Centre di Toronto, un edificio a forma di scatola costruito nel 1997 da Watanabe Sei. L'ironia della sorte vuole che il progetto si sia aggiudicato il primo premio al Concorso Internazionale di Design in Giappone nel 1988.

ImagoIl Sharp Centre di Toronto

Il gusto estetico è soggettivo e alla domanda se l'architettura debba preservare una sorta di libertà artistica o debba mettersi al servizio dei desideri del cittadino non è facile rispondere. Anche se, sondaggi alla mano, sono sempre di più le persone che vorrebbero vivere in città dove l'innovazione vada di pari passo con la salvaguardia della tradizione e dell'ambiente.


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ImagoIl grattacielo senza finestre situato al numero 33 di Thomas Street a New York

ImagoLa Torre Valesca di Milano

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