L'ombra della tassa di soggiorno, che potrebbe diventare molto (molto) più cara, sulle vacanze nel Belpaese. Tutto quello che c'è da sapere
Il 2024 sarà ricordato come un anno da record per il turismo italiano. Il centro Studi Fiaip, che monitorizza il mercato immobiliare italiano, ha stimato in circa 460 milioni il numero di turisti che transiteranno quest'anno nel Belpaese che, per il suo patrimonio naturalistico e artistico, rimane una meta turistica molto ambita a livello internazionale.
Tra i costi da affrontarsi per soggiornare in Italia, oltre al viaggio e alle diverse soluzioni d'alloggio, non bisogna dimenticare di calcolare anche l'imposta di soggiorno, ossia l'imposta a carico di coloro che alloggiano in strutture ricettive, dagli hotel ai bed and breakfast, case vacanze e agriturismi, in luoghi classificati come località turistiche o città d'arte.
Storia di un balzello - Istituita nel 1910 per le stazioni termali, climatiche e balneari, ed estesa nel 1938 alle città d'arte, venne abolita nel 1989 nella speranza di incentivare il turismo legato ai Mondiali di calcio del 1990.
Tale imposta è stata poi reintrodotta nel 2011, inizialmente per il Comune di Roma con possibilità, in forza del federalismo fiscale, di estenderla ai comuni presenti negli elenchi regionali dei luoghi classificati come turistici e dotati di patrimonio artistico e culturale. L'imposta di soggiorno ha carattere prettamente locale e quindi l'elenco dei comuni che decidono di applicarla è soggetto a continui cambiamenti, a seconda delle decisioni delle autorità preposte, così come le categorie delle persone a cui essa va imposta e le conseguenti esenzioni.
Non esiste neanche un modello unico di calcolo: vi sono, infatti, alcuni comuni che stabiliscono una quota fissa a seconda della natura della struttura ricettiva, mentre altri calcolano l'imposta a seconda del costo della struttura prenotata o, semplicemente, stabiliscono una quota identica a prescindere da dove si alloggi. L'imposta di soggiorno viene pagata direttamente alla struttura ricettiva nel momento in cui si salda il conto del pernottamento a fronte del rilascio della ricevuta di pagamento.
Il primo anno, a richiedere l'applicazione di questa imposta furono solo tredici comuni mentre attualmente, in Italia, sono più di mille le amministrazioni che hanno deciso per la sua applicazione, oltre le Province autonome di Trento e Bolzano. Secondo quanto dichiarato dall'Osservatorio Nazionale sulla Tassa di Soggiorno, così come riferito da Vanity Fair, nel 2023 tale imposta ha generato un introito di 702 milioni di euro, destinato a superare gli 800 milioni nell'anno in corso, per finanziare interventi in materia di turismo, oltre che interventi di recupero e manutenzione dei beni culturali e ambientali e il miglioramento dei sevizi pubblici locali.
Il decreto d'agosto - È di qualche settimana fa la notizia che il Governo italiano stia valutando una riforma sulla tassa di soggiorno che prevede alcune importanti modifiche a quella già esistente. In primo luogo, verrebbe data la possibilità di estendere tale tipo di imposta a tutti i comuni italiani che vogliono applicarla sul proprio territorio, senza vincolarla ai soli luoghi turistici. Un'altra modifica rilevante sarebbe l'aumento significativo di tale tipo di imposta: le prime notizie trapelate con riferimento al cosiddetto 'decreto d'agosto', parlano di aumenti fino a 5 euro per pernottamenti al di sotto dei 100 euro, fino a 10 euro per stanze tra i 100 ed i 400 euro e 15 euro per sistemazione dal costo compreso tra i 400 ed i 750 euro.
Per gli hotel di lusso, poi, con tariffe superiori ai 750 euro a notte, si potrebbe arrivare a dover versare un'imposta di 25 euro. Gli introiti accumulati con il versamento della tassa di soggiorno potrebbero essere destinati non solo al settore turistico, come succede attualmente, ma anche alla gestione dei rifiuti. Gli aumenti proposti sono stati accolti da un coro di critiche da parte degli operatori del settore turistico e degli stessi turisti, anche alla luce del fatto che già alla fine dello scorso anno la tassa di soggiorno aveva subito dei rincari: a Roma, da esempio, dall'ottobre del 2023 si era passati da una media di 3,70 euro a 5 euro a persona, e 10 euro nelle strutture extra lusso.
A Firenze, altra città d'arte molto amata dai turisti, l'imposta era stata aumentata fino a un massimo di 8 euro, mentre a Venezia, oltre alla tassa d soggiorno di 5 euro bisogna versare anche il contributo fisso di 5 euro per i visitatori giornalieri. Anche a Milano i costi sono aumentati, e a fronte dei 4 euro richiesti lo scorso anno ora si pagano 50 centesimi in più negli hotel a tre e quattro stelle.
Le critiche non mancano - Lo scorso anno, inoltre, era stata inserita nella Legge di Bilancio la possibilità per i comuni capoluogo di provincia, oltre alle unioni dei comuni e i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche e città d'arte, di aumentare di 2 euro la tassa di soggiorno in vista del Giubileo del 2025. La Federalberghi, la principale organizzazione imprenditoriale del turistico-ricettivo in Italia, si è subito scagliata contro la prospettiva di ulteriori aumenti all'imposta di soggiorno e, come riferito da Wired, ha evidenziato il fatto che «sono trascorsi solo pochi mesi da quando, in vista del Giubileo, il tetto massimo è stato elevato del 40%, passando da 5 a 7 euro per notte e per persona ed è stata introdotta la possibilità di utilizzarla per coprire i costi della raccolta dei rifiuti, snaturando del tutto la finalità dell'istituto».
«È come se, da un giorno all'altro - spiegano gli albergatori - l'Iva, che è pari al 10%, venisse raddoppiata». Dal canto suo, la Ministra del Turismo Daniela Santanchè, davanti a questo crescente malumore nel settore turistico, ha messo le mani avanti dichiarando, in sostanza, che nessuna decisione definitiva è stata ancora presa e «che il dialogo con le associazioni di categoria andrà avanti a settembre».
In un suo discusso post su X, la Ministra ha altresì sottolineato che “non tutte le tasse sono una tassa. Quella di soggiorno, meglio sarebbe dire di scopo, non lo è”. Questi costanti aumenti hanno esacerbato, come visto, gli animi degli operatori turistici spesso critici nei confronti dell'imposta di soggiorno. Secondo i detrattori si tratta di una tassa ingiusta perché tesa a penalizzare le strutture ricettive di fascia inferiore costrette a far pagare la medesima quota di quelle di fascia superiore potendo, chiaramente, offrire ai turisti minori servizi e prestazioni. Un'altra critica che viene spesso avanzata nei confronti di questo istituto riguarda il fatto che non si possa modificare assecondando la stagionalità del settore turistico.
Per una tassa “flessibile” - Secondo molti operatori, si potrebbe pensare di far pagare meno in bassa stagione e riportare la quota alle cifre ordinarie in alta stagione. Un altro aspetto che presenta molte criticità è il sistema dei controlli. Di fatto, così come previsto dal decreto legislativo n 23 del 2011, spetta al gestore della struttura ricettiva vigilare sul pagamento dell'imposta da parte dei propri avventori e presentare una dichiarazione che certifichi gli avvenuti pagamenti. In caso di non osservanza di tale obbligo, sarà considerato responsabile del pagamento il gestore stesso che però avrà diritto di rivalsa nei confronti dei clienti evasori.
Lo scorso anno, a Roma, vi sono state delle proteste in occasione di controlli voluti dal comune proprio sul versamento della tassa di soggiorno. I proprietari delle strutture ricettive hanno evidenziato, come riportato dal Tempo, «che il Comune ha fatto controlli partendo da presupposti sbagliati, prendendo a bastonate persone corrette che hanno sempre versato il dovuto». Il problema riscontrato dagli operatori di settore è che nel conteggio del dovuto venga preso in considerazione solo l'effettivo numero dei clienti delle strutture senza considerare tutte le persone che rientrano nelle categorie degli esenti dal pagamento del tributo.
In sostanza, quindi, l'imposta di soggiorno potrebbe continuare a sussistere se si apportassero delle modifiche migliorative che la rendessero realmente utile per il suo scopo primario, ossia quello di migliorare e incrementare il comparto turistico italiano, uniformandola a livello nazionale. Si dovrebbe raggiungere un accordo tra operatori del settore ed il Ministero del Turismo di modo che questa imposta, pensata per valorizzare il patrimonio artistico e culturale italiano, non venga percepita dai turisti come un inutile dazio ma un contributo equo e contenuto che possa realmente contribuire al miglioramento dell'offerta turistica del Belpaese.