Se lo chiedono gli esperti di sanità ed economia. E le previsioni non sono ottimistiche
LUGANO - Le conseguenze del coronavirus sull'economia e sul sistema sanitario ticinese non sono facili da prevedere. Gli scenari cambiano di giorno in giorno. Ma nella sua edizione odierna il Caffè prova a fare delle stime, e non sono incoraggianti.
Secondo i dati forniti oggi dal settimanale, dal 25 febbraio al 12 marzo l'Eoc ha effettuato 1170 test del tampone. Di questi il 15 per cento ha dato esito positivo. Il ritmo è aumentato, attestandosi questa settimana a 150 test al giorno. I numeri mostrano «quanto sia veloce» la progressione dell'epidemia, e proprio questo elemento - la velocità - preoccupa maggiormente gli osservatori.
Il sistema sanitario ticinese reggerà? La risposta è: dipende. Secondo le stime del domenicale, se il picco influenzale non si protrarrà oltre le 5-6 settimane (quindi entro fine aprile) i posti letto disponibili nei reparti di terapia intensiva in Ticino dovrebbero risultare sufficienti.
Il problema è che i contagi procedono più rapidamente del previsto. A breve la media potrebbe salire a 50-60 nuovi casi al giorno, la maggior parte non gravi.
Attualmente sono 13-15 i pazienti ricoverati in terapia intensiva. Ma secondo le previsioni più negative entro tre-quattro settimane potrebbero essere occupati un'ottantina di posti letto in cure intense. «Sarebbe un dramma» scrive il domenicale. Tutto dipende dall'effetto che sortiranno le misure straordinarie decise ieri dal Cantone, il cui obiettivo è di "spalmare" lo stesso numero di ricoveri intensi «nell'arco di tre o quattro mesi».
Intanto anche l'economia trema. Secondo Stefano Modenini, direttore dell'Aiti, il danno per l'industria ticinese potrebbe aggirarsi «intorno ai 100 milioni di franchi» se la situazione di crisi attuale dovesse protrarsi. Nel settore della ristorazione invece gli utili delle imprese «sono già calati del 90 per cento» secondo le stime di GastroTicino raccolte dal settimanale. Più difficili da quantificare le conseguenze per il settore bancario (e della cospicua clientela italiana) e nell'edilizia. In quest'ultimo settore, ricorda la Ssic, gran parte delle materie prime e circa il 56 per cento dei lavoratori in Ticino provengono dalla vicina Italia.