Il consigliere agli Stati ticinese prende posizione sulle critiche in merito alla sua candidatura alla presidenza UDC.
«Oggetto misterioso» per la stampa d'oltre Gottardo, il 45enne assicura che non si farà fermare da una padronanza del tedesco per il momento «non perfetta»: «Parlerò una lingua universale». Alla vicepresidenza vorrebbe tre donne: «Ho già in mente qualcuno».
LUGANO / BERNA - Ride divertito Marco Chiesa all’accusa, ripresa dalla SonntagsZeitung, di essere il fedele braccio destro della famiglia Blocher. «Non sapevo di esserlo! - assicura -. Ma non è la prima volta che si cerca di legarmi a doppia mandata con loro».
«Strumentalizzazioni assurde» - «È assurdo che esternazioni anche banali e allo stesso tempo ragionevoli vengano ogni volta interpretate contro la famiglia Blocher», afferma il consigliere agli Stati ticinese contattato da tio/20 minuti. Il riferimento è in particolare alla presa di posizione del collega sangallese Roland Büchel, che lo ha esortato a presentarsi all’elezione con una propria squadra direttiva, smarcandosi, desume la SonntagsZeitung, da Magdalena Martullo-Blocher. «Büchel, con cui ho parlato ancora stamattina, ha detto una cosa assolutamente corretta: normalmente chi assume una tale responsabilità porta con sé anche la sua squadra. Non era però rivolto contro nessuno dell’attuale direzione e lui sa che ho molta stima e fiducia in gente come Dettling, Matter, Sollberger e Grüter, ad esempio. È un po’ una strumentalizzazione delle sue parole», sostiene Chiesa.
Non solo. «È un esercizio sterile»: «È chiaro che l'ex consigliere federale Christoph Blocher è ancora per molti un riferimento per il nostro partito, ma poter contare su un suo parere e una sua valutazione lo considero un grande atout e non certo uno svantaggio come lo si vorrebbe dipingere», spiega il ticinese. «Nella mia attività politica non ho mai preso delle posizioni perché Blocher o la famiglia Blocher la pensavano in un certo modo - garantisce -. E nessuno mi ha mai fatto pressione affinché lo facessi. Sono sempre stato indipendente. E Magdalena, ad esempio, ha sempre rispettato le mie convinzioni anche se non coincidevano con le sue. Questa è democrazia interna e la preserveremo anche in futuro».
«Magdalena Martullo-Blocher propugna dei valori cui tengo molto anch'io» - Proprio per quanto riguarda la figlia del tribuno UDC, Chiesa sottolinea: «Certo, conosco Magdalena Martullo-Blocher, siamo nel comitato direttivo del partito da anni e sedeva dietro di me in Consiglio nazionale! Inoltre, abbiamo sviluppato insieme delle collaborazioni tra UDC Grigioni e UDC Ticino». Di dipendenza, però, il ticinese non ne vede e trova che anche la consigliera nazionale grigionese rappresenti un valore aggiunto per il partito: «Chi meglio di lei, più volte vincitrice del premio d'imprenditrice svizzera dell’anno, può parlare con competenza ed esperienza nell’abito economico? - si chiede il candidato presidente UDC -. Si tratta inoltre di un’imprenditrice contraria alla libera circolazione delle persone e sostenitrice della sovranità e dell’indipendenza della Svizzera, valori a cui anch’io tengo molto».
Vicepresidente per rappresentare tutto il Paese - L’elezione insieme a lei alla vicepresidenza al ritiro di Christoph Blocher, interpretata dai critici come un’estensione del controllo dell’imprenditore sul partito, ha avuto altre ragioni: «La verità è che noi, come Canton Ticino, abbiamo fatto una battaglia affinché nella direzione ci fosse una ripartizione anche linguistica e culturale delle vicepresidenze - afferma Chiesa -. È partita così la cosa. Io, tra l’altro, non sapevo fino all’ultimo che Magdalena avrebbe accettato il ruolo di vicepresidente con Céline Amaudruz (da Ginevra, ndr) e me».
Sono un «oggetto misterioso» - Di fronte alle ricostruzioni della stampa svizzero tedesca, il consigliere agli Stati ticinese sente di essere ancora «un oggetto misterioso e difficilmente etichettabile» per l’opinione pubblica d’oltre Gottardo: «In Ticino è noto che i miei accenti sono più sociali, diversi da quelli dell’economia dura e pura, anche per via della mia esperienza professionale e della mia formazione», sottolinea. Inoltre, «per molti commentatori è destabilizzante abbandonare certi tipi di cliché attribuiti al partito: il contadino, il grande industriale, il politico danaroso - lamenta Chiesa -. Se non fai parte di queste categorie ed esci da questo cliché tentano naturalmente di associarti a una di esse».
Il 45enne luganese, lo ricordiamo, è laureato in scienze economiche e sociali a Friburgo e ha recentemente concluso un master in gestione del capitale umano alla SUPSI. Dal 2005 dirige il Centro sociosanitario Opera Mater Christi di Grono (GR), ma ha dato le dimissioni in luglio «per intraprendere un nuovo orientamento professionale».
Svolta femminista? «Andiamoci piano» - In merito alla squadra direttiva che presenterà all’Assemblea dei delegati il 22 agosto prossimo, il candidato presidente UDC lascia comunque intendere di non voler toccare la vicepresidenza di Magdalena Martullo-Blocher e Céline Amaudruz. Un po’ a sorpresa, rivela però di pensare a una candidata femminile anche come sua sostituta: «Mi auguro che in questa posizione ci possa essere un’altra donna che conosca bene i problemi delle realtà svizzere più periferiche - fa sapere -. Ho in mente una persona che apprezzo molto e che reputo essere molto in gamba, ma mi permetta di non rivelare già oggi il suo nome». Tre donne vicepresidenti insomma? Siamo di fronte a una svolta femminista dell’UDC? «Andiamoci piano, ma sarebbe bellissimo, no? E non sarebbe l’unica svolta, a cominciare dalla mia eventuale elezione»», afferma Chiesa. Del possibile comitato direttivo, però, si discuterà solo «settimana prossima» e la decisione finale spetterà all’Assemblea dei delegati.
«Il mio tedesco non è perfetto, ma... » - Candidato svizzero italiano «che ha studiato in Svizzera francese», Chiesa ci ha parlato anche di come si veda alla presidenza di un partito particolarmente radicato nella Svizzera tedesca: «Anche se, ad oggi, il mio tedesco non è perfetto, sarebbe una grande sconfitta non accettare questa sfida, non solo per me, ma per la multiculturalità della Svizzera», sostiene. «Noi ticinesi siamo rappresentanti di una parte integrante e fondamentale della Svizzera e ci mettiamo tutto l’impegno per far sì di comunicare e relazionarci con il resto del Paese - aggiunge -. Rinunciare solo perché è difficile è un po’ come rinunciare alla Svizzera e ai suoi valori».
Chiesa sa comunque di poter contare, nella Svizzera tedesca, su una squadra di rappresentanti del partito che sono già regolarmente in TV e sulla stampa: «Quando sarà necessario - sottolinea però - faremo tutti la nostra parte». E conclude: «Se eletto, sarò un presidente che parla una lingua universale: quella della passione e della volontà per far sì che la Svizzera resti la Svizzera e che le cittadine e i cittadini di questo Paese possano sempre avere l’ultima parola».