Giorgio Merlani tranquillizza tutti sulla malattia: «Per contrarla ci vuole un contatto molto stretto e prolungato».
Nessun caso è per ora stato registrato in Ticino. E sull'acquisto dei vaccini il medico cantonale fa chiarezza con una metafora bellica: «Mi preoccuperei se con delle scaramucce gli eserciti non cominciassero a comprare delle munizioni».
BELLINZONA - Il vaiolo delle scimmie è sbarcato sabato in Svizzera. Il primo cittadino elvetico a infettarsi è stato un uomo di mezza età del canton Berna che è stato esposto al virus mentre si trovava all’estero.
Dubbi e timori - La notizia del primo contagio su suolo rossocrociato ha subito fatto il giro del web, sollevando dubbi e timori su questa nuova malattia, che nuova alla fine non è. Il vaiolo delle scimmie, infatti, è una patologia nota da decenni - che può provocare febbre, mal di testa, mal di schiena, dolori muscolari, linfonodi ingrossati, brividi e spossatezza - ed è endemica in molti Paesi dell’Africa.
«Diverso dalla pandemia» - «Come prima cosa bisogna fare una riflessione: la pandemia è una cosa. Il vaiolo è un’altra. Non stiamo parlando di una malattia con la stessa contagiosità del coronavirus», spiega il medico cantonale Giorgio Merlani ai microfoni di Radio Ticino. «Sono due concetti completamente diversi. E sono due malattie radicalmente diverse che si trasmettono in maniera totalmente differente». Anche e soprattutto per la maniera in cui ci si infetta. «Per contrarre il vaiolo delle scimmie - continua Merlani - ci vuole un contatto molto più stretto, molto più prolungato e molto più ravvicinato».
Munizioni contro la malattia - Ma allora perché una novantina di contagi in quattordici nazioni ha creato così tanto clamore? Perché una malattia che ha solitamente un decorso blando ha messo in preallarme l’Ufsp che sta già valutando l’acquisto di vaccini anti-vaiolo? Il medico cantonale usa una metafora bellica per rispondere a questa domanda. «Mi preoccuperei se con delle scaramucce gli eserciti non cominciassero a comprare delle munizioni», sottolinea Merlani precisando che un paese come la Svizzera, che ha un sistema sanitario forte e le possibilità economiche, fa bene a premunirsi. «Questo però non vuol dire che da una parte bisogna cominciare a vaccinare e dall’altra che vi sia un problema attivo».
Nessun caso in Ticino - Attualmente, comunque, per il medico cantonale non c'è nessun motivo per preoccuparsi. «Di casi confermati in Ticino non ce ne sono. Venerdì ho ricevuto una telefonata per un caso sospetto, ma non c’è nessunissima conferma». Anche perché il contesto era diverso da quello del paziente "zero" di Berna. Parliamo infatti di una persona che «non ha avuto contatti con casi accertati e non proveniva dalle zone dove sappiamo esserci dei focolai».