L'idea è quella di trasformare gli scarti in elementi costruttivi mediante una stampante 3D
ARZO - Questa mattina alle cave di Arzo è stata presentata una nuova tecnologia sviluppata dal Politecnico federale di Zurigo (ETH) e dall’Istituto scienze della Terra della SUPSI, che potrebbe permettere di risparmiare alla Confederazione fino a 356 milioni di franchi all'anno.
Questa cifra, infatti, equivale al costo dello smaltimento di rifiuti edili e di materiale di scavo (circa 25 franchi a tonnellata).
Si tratta di una stampante 3D in grado di produrre elementi architettonici dagli scarti di cava. In altre parole, questo apparecchio intercetta il flusso di scarti per poi reinserirli nella catena di produzione sotto forma di elementi costruttivi. Ad esempio elementi architettonici ornamentali e personalizzabili, simili alla pietra originale.
Oltre al risparmio, ci sono altri vantaggi? Viene ad esempio favorita un'economia di tipo circolare e c'è anche un punto positivo per l'ambiente, poiché la tecnologia adottata è caratterizzata da basse emissioni di CO2.
Il prototipo è al momento in fase sperimentale, ma potrebbe contribuire a gestire la sfida di smaltire grandi volumi di scarti delle cave (che in Ticino, stima la Supsi, possono raggiungere il 20/40% della produzione totale).
Fra marzo e aprile 2023, per una durata di 4-6 settimane, la stampante 3D è alle cave di Arzo. Per la SUPSI al progetto hanno partecipato anche l’Istituto materiali e costruzioni del Dipartimento ambiente costruzioni e design e il Centro competenze management e imprenditorialità del Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale. Per l’ETH hanno partecipato le cattedre di Digital Building Technologies (Prof. Dr. Benjamin Dillenburger) e di Sustainable Construction (Prof. Dr. Guillaume Habert).