Il rocker dal palco: «Sono qui per sostenere Kamala Harris e Tim Walz»
ATLANTA - «Mi chiamo Bruce Springsteen e sono qui per sostenere Kamala Harris e Tim Walz alle prossime elezioni».
Chitarra a tracolla, jeans e panciotto blu, il Boss è salito sul palco della nera Atlanta, non esattamente il pubblico di uno che per anni ha cantato le gesta della working class e della classe media bianca, per dare il suo contributo alla corsa della democratica assieme a Barack Obama, Spike Lee e altre icone della cultura di sinistra americana.
«Donald Trump corre per diventare un tiranno americano e non capisce il vero spirito di questo Paese», ha attaccato Springsteen accusando il tycoon di «non voler proteggere la Costituzione e la democrazia».
«C'è solo una candidata e io la voterò», ha detto prima di intonare alcuni dei suoi pezzi leggendari come 'Dancing in the Dark' e 'The Promised Land'.
In Georgia è tornato anche Barack Obama, la stella di questi ultimi giorni di campagna elettorale, per la prima volta sul palco accanto all'amica di lunga data Kamala.
«In politica, una buona regola pratica è non dire di voler fare qualcosa come Hitler», ha dichiarato l'ex presidente Usa richiamando l'avvertimento dell'ex capo di gabinetto di Trump il generale John Kelly e ricordando che altre persone che hanno lavorato con The Donald ne hanno denunciato l'autoritarismo, compreso l'ex capo di stato maggiore congiunto Mark Milley. Poi ha rinnovato l'appello agli elettori maschi a rifiutare la misoginia del tycoon e votare per la candidata migliore.
Gli uomini, soprattutto ispanici e neri, sono il punto debole di Harris, come confermano anche gli ultimi sondaggi. Se infatti per la rilevazione del Nyt/Sienna College i due candidati sono testa a testa nel voto popolare, per Reuters/Ipsos solo due punti percentuali separano il repubblicano dalla democratica sul consenso dei maschi ispanici rispetto ai 19 di Joe Biden.
Mentre secondo un nuovo sondaggio Abc news, metà degli americani, il 49%, considera il tycoon un «fascista», contro il 22% che lo pensa della vice presidente. Stando alla rilevazione, inoltre, il 65% degli elettori registrati sostiene che Trump dica "cose non vere", contro il 49% che lo pensa di lei e anche tra i sostenitori dell'ex presidente il 30% ritiene che dica «falsità».
The Donald, intanto, continua con il suo tour aggressivo sia per l'intensità che per il linguaggio. Ad un comizio a Tempe, in Arizona, scagliandosi contro l'immigrazione illegale l'ex presidente ha affermato che gli Stati Uniti sono diventati «il bidone della spazzatura del mondo», perfino ribadendo le accuse contro gli haitiani dell'Ohio di «mangiare cani e gatti».
In tutto questo, a meno di dieci giorni dalle elezioni, continuano a schierarsi anche i grandi giornali e mentre il tabloid di Rupert Murdoch New York Post ha dato il suo sostegno al tycoon - «è la scelta giusta per il futuro» - per la prima volta in 36 anni il liberal Washington Post ha deciso di non dare l'endorsement a nessuno dei due: una decisione dell'editore e amministratore delegato del giornale Will Lewis, che non è piaciuta affatto alla redazione.