La maggior parte dei pazienti dell’ambulatorio è giovane e ha fatto il virus in maniera leggera.
Ma ora, soffre di disturbi che spesso sconvolgono vita professionale e privata.
LUGANO - Problemi della sfera olfattiva, stanchezza persistente, mancanza di respiro e difficoltà neurocognitive. Sono questi i principali sintomi che presentano i pazienti dell’ambulatorio Long Covid della Clinica luganese Moncucco, che da inizio maggio ospita persone che sentono ancora, tempo dopo essere guariti, degli strascichi della malattia. Strascichi, che in alcuni casi hanno un impatto devastante sulla vita delle persone, sfociando in problemi lavorativi e nella gestione dei normali ritmi quotidiani.
Quasi nessuno era grave - Un aspetto interessante, e per molti versi sorprendente, è che la stragrande maggioranza di chi soffre di Long Covid, secondo l’esperienza del Dottor Pietro Antonini, responsabile del programma, ha avuto un decorso blando del virus. «Su una settantina di pazienti visitati, forse cinque sono stati ricoverati».
Anche i più forti - Il paziente tipo dell’ambulatorio è relativamente giovane e attivo professionalmente, spiega Antonini. L’età media si aggira infatti intorno ai 45 anni. «È gente che ha sempre lavorato, e che presenta problemi somatici veri e propri. Molti soffrono doppiamente, perché spesso non vengono creduti da chi sta loro intorno, i loro disturbi vengono sottostimati». Tra chi ha chiesto aiuto, anche chi della forma fisica ha fatto una professione: «Ho avuto in cura addirittura una sportiva d’élite, che in preda all’affaticamento post-virale non riusciva più a competere. Ora è stata inserita in un programma di riabilitazione complessa». E mentre le performance calano, le aspettative degli altri rimangono le stesse: «Questo incide molto sul morale dei pazienti».
Il lavoro - C’è poi la questione dell’odorato. Se a primo acchito un disturbo olfattivo può sembrare un problema banale, la messa in prospettiva del medico fa decisamente cambiare idea: «Chi lavorava nella ristorazione e ora sente gli odori in maniera distorta, non riesce più a operare in questo ambito. Perché è chiaro che se ogni due per tre, a causa di odori percepiti come cattivi, uno deve andare in bagno perché gli viene la nausea, a un certo punto la pazienza del datore di lavoro si esaurisce».
Ritmi impossibili - Alcuni si trovano poi costretti, a causa della sensazione di affaticamento continuo, a ridurre la percentuale. «Una signora che l’ha fatto mi ha confessato che, nonostante ciò, dal giovedì al lunedì passa praticamente tutto il tempo stesa a letto, per recuperare dalla settimana lavorativa. E prima era un leone». Una parte consistente dei pazienti soffre inoltre di problemi di memoria e di concentrazione: «Non riescono più a rendere come prima, si sentono la testa annebbiata. Alcuni vanno in ansia e devono annotarsi ogni singola cosa per fare anche solo una semplice presentazione».
Un piano sociale - Chi ha perso il lavoro per problematiche legate al Long Covid avrebbe bisogno di un’assistenza maggiore in ambito sociale, aggiunge Antonini: «Sarebbe bello poter offrire loro qualcosa in più, perché perdono il lavoro loro malgrado. Faremo una consultazione in questo senso».
La terapia - Curare il Long Covid, con le sue molteplici sfaccettature, è però più facile a dirsi che a farsi. L’approccio terapeutico scelto è quindi di sostegno e accompagnamento: «Li seguiamo in percorsi di cura, insegnando loro degli esercizi per gestire respirazione, memoria, stanchezza e performance fisica». Ogni tre mesi i pazienti tornano poi in ambulatorio per un controllo. «Le possibilità di recupero sono importanti, ma siccome ora buona parte dei contagi sono da ricondurre ai giovani, mi aspetto ancora molta richiesta».