A tu per tu con il giovane chef Diego Della Schiava, fresco di stella, del The View di Lugano
PARADISO - A vederle nel piatto, le portate dei menù di Diego al The View di Paradiso sono delle vere e proprie composizioni d'autore di cromatismi, forme e consistenze: «Non voglio prendermi la responsabilità di essere un innovatore, ma rispecchiano un po' la mia filosofia di cucina: dinamica, colorata e all'insegna della freschezza», ci spiega.
34 anni, nome all'anagrafe Diego Della Schiava, cuoco e chef da una vita e solo da qualche giorno, stellato: «È un po' l'obiettivo che ti poni da quando inizi questo viaggio e quando ci arrivi capisci che, in realtà, è comunque un altro punto di partenza. Ma, cavolo se si sta bene», ride, «è vero che qui al The View c'è sempre stato un certo standard ma c'è da dire che non l'abbiamo mai rincorsa questa stella. Il fatto che sia arrivata è però un premio a tutta la passione e alla dedizione che c'è nella nostra cucina, ed è una cosa bellissima».
Una “gavetta”, quella di Diego, fatta in brigate di alto livello e sempre seguendo un certo tipo di cucina...
«Ho lavorato in molti ristoranti, non solo stellati ma comunque di un certo livello, penso che questa mia propensione sia frutto della scuola che ho fatto (la leggendaria ALMA di cui è stato rettore Gualtiero Marchesi, ndr.) e devo dire che non ho mai avuto dubbi riguardo»
Cosa mette nel piatto Diego Della Schiava?
Tutto parte da un prodotto di qualità, che si trova grazie al lavoro fondamentale dei nostri fornitori. Mi piace scoprire delle chicche e proporle in maniera creativa per sorprendere il palato dei nostri clienti. Mi piace anche molto sperimentare, con occhio aperto e senza pormi confini.
L'ambiente culinario in famiglia è un punto di partenza fondamentale per gli chef, com'era quella di casa tua?
Assolutamente eclettica, con una mamma sarda e un papà friulano e io nato e cresciuto in provincia di Milano... Diciamo che la parola d'ordine è sempre stata apertura mentale e incontro, una cucina rispettosa delle origini ma non ingabbiata ma aperta e pronta... al balzo.
Oltre che chef sei anche papà, si sa che quello in cucina è un lavoro impegnativo, come riesci a equilibrare le cose?
Tento di essere presente il più possibile, e i miei turni non canonici mi permettono comunque di fare quelle cose che magari altri papà non riescono a fare: come accompagnare il piccolo a scuola e andarlo a prendere, per esempio. In ogni caso per me è fondamentale ritagliarmi quanto più tempo di qualità possibile con la mia famiglia. E li ringrazio infinitamente, soprattutto mia moglie, per il supporto che mi hanno dato e che mi ha permesso di arrivare fin qui.
Di questi tempi si parla parecchio di crisi del personale nel settore della ristorazione, è vero anche ai vostri livelli?
Diciamo che ogni azienda necessità di una particolare tipologia di collaboratore, al The View siamo una brigata relativamente piccola in cui tutti devono sapersi muovere in autonomia. Ognuno ha la sua funzione ben precisa, ma tutti - se c'è bisogno - devono sapere fare tutto. Per noi è importantissimo il lavoro di squadra e la capacità di lavorare per il team. In quest'ottica, non tutti i collaboratori che si presentano sono quelli giusti.