Nicola Schönenberger (Verdi del Ticino) analizza la scelta della Germania di rinunciare alle centrali entro il 2038.
Per il capogruppo è «una scelta coraggiosa e consapevole. Va accolta in maniera positiva, ma il passo annunciato non è sufficiente».
LUGANO - Il governo federale di Angela Merkel ha stanziato 40 miliardi di euro che serviranno alla compensazione dei gestori delle centrali e alle misure sociali per i lavoratori che rimarranno senza impiego. Nicola Schönenberger, 43 anni, biologo e genetista delle piante, è entrato in politica per la sua passione per la natura e ricopre anche la carica di consigliere comunale a Lugano.
È sorpreso dalla decisione della Germania?
«Si tratta di una scelta coraggiosa e consapevole che va accolta in maniera positiva, anche perché si sovrappone all’abbandono del nucleare approvato dopo il disastro di Fukushima. La Germania, essendo uno dei maggiori produttori di gas a effetto serra dell’Ue, ha chiaramente una responsabilità elevata».
Le proteste degli ambientalisti sono giustificate?
«Sì, sebbene l’obiettivo prefissato vada in una direzione corretta, a fronte dell’urgenza climatica con la quale siamo confrontati, il passo annunciato dalla Germania non è sufficiente. Fissare l’uscita del carbone al 2038 non permetterà di mettere al riparo dai cambiamenti climatici né di rispettare gli obiettivi dell’accordo di Parigi, vale a dire limitare il riscaldamento medio globale a +1,5°C rispetto all’era preindustriale».
Si calcola che soltanto per Rwe, il più grande produttore tedesco di energia fossile, l’abbandono del carbone implicherà la scomparsa di seimila posti di lavoro. Come si farà fronte ai disagi?
«I 40 miliardi stanziati non comprendono gli investimenti che la Germania dovrà compiere per riuscire a sostituire un terzo dell’energia prodotta con nuove fonti. Ciò vuol dire che si perderanno migliaia di posti di lavoro, ma se ne creeranno altrettanti, se non di più, in un settore, quello delle energie rinnovabili, che è senz’altro più sostenibile».
Mühlenberg, in Svizzera, ha cessato la sua attività da tre mesi. Quando chiuderanno le centrali nucleari più potenti, le altre fonti riusciranno a fornire la quantità di energia necessaria?
«Potenzialmente sì, infatti secondo un recente studio del Politecnico federale di Losanna, sfruttando meglio i tetti presenti in Svizzera con l’installazione di pannelli fotovoltaici, si potrebbe coprire il 40% del fabbisogno di energia elettrica. Purtroppo attualmente si sfrutta solo un decimo del potenziale solare, non è dunque ancora sufficiente a supplire alla mancanza in futuro dell’energia di tipo nucleare».
Quali sono gli altri cambiamenti necessari in ambito energetico?
«Oltre a cambiare vettore, da nucleare a solare, bisognerebbe anche ripensare completamente la maniera in cui si distribuisce l’energia. I tetti infatti sono ripartiti in maniera decentrale, quindi in futuro non avremo poche grosse centrali nucleari, ma avremo una miriade di piccole centrali solari che produrranno in maniera decentralizzata. Non da ultimo bisognerebbe ridurre i consumi energetici tramite, ad esempio, case più efficienti dal punto di vista del riscaldamento».
Lavoratori increduli: «Non sembra ancora vero»
«Non mi sembra ancora vero... Un intero Paese ha approfittato di questa ricchezza naturale». Günther Schwellnus ha iniziato il suo apprendistato da Rwe ed ha lavorato per la multinazionale del carbone più grande della Germania per 46 anni. «La pressione si era fatta sempre più forte e il governo federale ha dovuto cedere. Sarà un processo lento e duro, le energie rinnovabili non sembrano ancora dare sufficienti garanzie per rimpiazzare il 35% del fabbisogno energetico».
Günther Schwellnus, che sui campi messi a disposizione da Rwe per il benessere dei suoi 6'000 dipendenti ha imparato a giocare a tennis, fino a diventare campione del mondo seniori con la nazionale tedesca, sottolinea il riguardo che il colosso ha sempre avuto verso dipendenti e cittadini. «I villaggi abbattuti per estrarre il carbone sono sempre stati pagati in maniera adeguata ai proprietari di case e terreni, fino a ricostruirli nei minimi dettagli a lavoro compiuto. L'immenso bacino di Hambach, a tutt'oggi in funzione, verrà trasformato in un lago per lo svago e la pesca».
Romano Pezzani