Si cura a Bellinzona con terapie alternative, e muore a 18 anni. Le spiegazioni dell'Ente ospedaliero
BELLINZONA- «L’Eoc conferma che la giovane paziente sul cui caso i media italiani e ticinesi hanno ampiamente riferito è stata ricoverata presso il Servizio di Emato-oncologia pediatrica dell’Ospedale San Giovanni di Bellinzona». Comincia così il comunicato diffuso in mattinata dall'Eoc sulla tragica vicenda di Eleonora Bottaro, la 17enne morta di cancro dopo nove mesi di cure alternative. La ragazza, d'accordo con i genitori, si era rifiutata di seguire le cure tradizionali e la chemioterapia. Per questo motivo tra la famiglia e l'ospedale di Padova, che aveva avuto in cura inizialmente la 17enne, era scoppiata una causa legale. Di qui la scelta dei genitori di far ricoverare la figlia in Svizzera.
«Presso la struttura dell’Eoc per la cura delle leucemie - continua la nota - si seguono i medesimi protocolli di terapia impiegati nei paesi vicini alla Svizzera e riconosciuti a livello internazionale». Nel caso evocato dalla stampa, recita il comunicato, in nessun momento la struttura a Bellinzona ha proposto o seguito alcuna pratica alternativa «senza legami scientificamente fondati nella cura di queste patologie».
Purtroppo «malgrado tutti i nostri sforzi, sia la paziente che i genitori hanno continuato a rifiutare qualsiasi terapia chemioterapica; questo tipo di cura oggi è in grado di offrire una possibilità di guarigione definitiva a lungo termine nella misura del’80-85% dei casi. La legislazione svizzera vieta di obbligare una persona capace di discernimento a seguire delle cure proposte dagli specialisti, dopo che queste sono state ampiamente spiegate e dopo aver lasciato il tempo necessario per prendere una decisione» prosegue la nota, che precisa come «tutte le persone coinvolte nella presa in carico della paziente, dai colleghi di Padova al nostro Servizio, si sono prodigati per cercare di far comprendere come, in assenza di cure adeguate, le possibilità di guarigione fossero nulle, tenendo in considerazione le sue paure nei confronti di una terapia che può avere effetti secondari sgradevoli, ma transitori».
«Questo triste episodio ci ha profondamente toccati» conclude il portavoce dell'Eoc Mariano Masserini. «Malgrado tutti i nostri tentativi - aggiunge - non siamo riusciti a far capire alla paziente e ai suoi genitori il nostro impegno per riuscire a guarirla. La giovane paziente è rimasta vittima di credenze che ancora oggi purtroppo riescono a mietere vittime quando invece esistono cure riconosciute internazionalmente e applicate sia in Italia che in Svizzera. Vorremmo anche evitare di veicolare un’immagine distorta del lavoro svolto in maniera professionale presso le strutture sanitarie, sia in Svizzera che in Italia e speriamo vivamente che quanto accaduto possa essere di aiuto per altre famiglie che devono prendere delle gravi decisioni».