Marco Romano, consigliere nazionale PPD/TI
Il Popolo svizzero ha l’abitudine di esprimersi in votazione su temi inerenti alla sicurezza nazionale. Nel 2013 con il 73,2% (in TI 72%) gli svizzeri, in tutti i Cantoni, respinsero seccamente l’iniziativa popolare per l’abolizione dell’obbligo di servire. Da decenni regolarmente la sinistra e il gruppo per una Svizzera senza esercito utilizzano la legittima via della democrazia diretta per realizzare il fine ultimo: abolire e smantellare il nostro esercito. La maggioranza degli svizzeri ha reagito sempre con responsabilità, sensibilità verso i potenziali pericoli, attenzione verso la neutralità e rispetto per un contesto geopolitico internazionale che muta imprevedibilmente.
La Confederazione ha quindi per volontà popolare un esercito di milizia completo ed efficiente. Disponiamo di truppe e professionisti capaci di rispondere a tutte le sfide, adempiendo un mandato sancito nella Costituzione. Negli ultimi anni le risorse e l’organizzazione sono stato adattate. L’esercito interviene in caso di crisi laddove le risorse civili non sono più sufficienti.
La popolazione ha più volte apprezzato questi impegni sussidiari in caso di catastrofi naturali e grandi eventi. Improvvisamente questa primavera con la pandemia abbiamo riscoperto la disponibilità e la funzionalità delle truppe sanitarie, essenziali con i loro mezzi a sostegno degli ospedali e dei servizi di ambulanza. Non dimentichiamo poi la costante disponibilità di sostegno nel controllo ai confini nel quadro dei moti migratori e i vari impieghi di promovimento della pace attivi nel mondo. Ogni truppa e ogni specializzazione è pronta all’impiego, gli scenari sono imprevedibili e molteplici.
In questo quadro occorre leggere la votazione popolare del 27 settembre prossimo per l’acquisto di nuovi aerei atti a sorvegliare i nostri cieli. Un esercito senza aviazione, quindi incapace di controllare e difendere lo spazio aereo, soprattutto pensando alla posizione geografica centrale della Svizzera, non è un esercito. Gli F/A-18 sono a fine vita ed entro il 2030 saranno definitivamente a terra. L’acquisto di nuovi velivoli non è più procrastinabile. Occorre sostituirli e per questo motivo il Parlamento ha deciso di dedicare una parte del budget ordinario dell’esercito, senza creare un ulteriore onere finanziario. Si tratta di 6 miliardi su 10 anni che non impattano in alcuna maniera su altri settori, finanziati dal budget regolare dell’esercito senza aumentare quello complessivo e che – per responsabilità e coscienza – occorre destinare all’acquisto di questi mezzi di cui non possiamo fare a meno. Non ci sono alternative, questo aspetto è stato lungamente verificato dal Governo e dal Parlamento. Teorizzare l’utilizzo di droni o di aerei d’allenamento è fumo negli occhi. Lo spazio aereo va controllato e gestito, e questo è possibile solo con aerei dotati di moderne tecnologie radar, pronti a difendere e attaccare. È un compito essenziale. Affidarsi a terzi (chi?) o entrare nella NATO sarebbe un grave errore politico. Oggi intervengono almeno una volta a settimana per situazioni sospette o di difficoltà. Senza il controllo della terza dimensione possiamo dimenticarci il WEF e le conferenze internazionali che si tengono a Ginevra. Gli F/A18 sono degli anni ’90, nel 2030 deve spiccare il volo la nuova generazione a tutela di scenari oggi assolutamente non preventivabili. SI all’acquisto dei nuovi aerei per l’esercito!