Sempre più aziende chiedono di essere sempre reperibili. L’esperto però avverte: «Legiferare può essere pericoloso».
BERNA - Messaggi, email e chiamate. Non è facile riuscire a "staccare" dai tanti impegni e preoccupazioni per ricaricare appieno le energie, una volta terminata la giornata di lavoro. Il diritto alla disconnessione è stato già riconosciuto da molti paesi. Gli esempi non mancano. In Austria è stata approvata una legge che limita l’obbligo di essere reperibili una volta usciti dall’ufficio. Francia e Belgio seguono a ruota con disposizioni simili.
Berna per ora non si muove - E in Svizzera? Per il momento, Berna osserva, anche se le discussioni negli ultimi anni non sono mancate. Nel 2019 l’ex consigliere nazionale Mathias Reynard (Ps) aveva presentato una mozione al Consiglio federale, poi bocciata, per limitare l’impiego di strumenti digitali da parte del lavoratore al di fuori dell’orario di lavoro.
Il tema è stato rispolverato di recente dalla consigliera nazionale ticinese Greta Gysin (Verdi) con la mozione, inoltrata lo scorso marzo, “Garantire il diritto all'indisponibilità nel tempo libero”. Anche in questo caso il Consiglio federale ha storto il naso proponendo di respingere il testo.
Telelavoro e famiglia - «I vantaggi del telelavoro sono fuori discussione», spiega la politica ticinese nella mozione. «Dall'altra parte ci sono però anche dei rischi reali per la salute delle lavoratrici e dei lavoratori. Travail.Suisse stima che nel 2020 il 30% dei lavoratori si è confrontato molto spesso col problema della reperibilità permanente («"Barometer Gute Arbeit"», Travail.Suisse)». Il telelavoro rende più difficile separare chiaramente il lavoro dal tempo libero. «Sia perché quando si lavora da casa è più richiesta un'ampia reperibilità, ma anche perché il lavoro si sovrappone anche spazialmente con l'ambiente privato».
Il confine tra vita privata e professionale diventa sempre più sfumato, «rendendo quindi più difficile sconnettersi. «La flessibilità nel lavoro deve essere accompagnata da una revisione delle norme di salvaguardia della salute delle lavoratrici e dei lavoratori».
Trovare l'equilibrio - Il tema sollevato da Gysin nasconde, secondo Anne Donou, direttrice per la Svizzera Romanda della rete di reclutamento von Rundstedt, un malessere più profondo. «Si tratta di imparare a porre i limiti tra vita professionale e vita privata», ha spiegato la direttrice al quotidiano 24Heures.
Legiferare questi limiti potrebbe comportare dei rischi. «Non credo sia una buona idea. I metodi di lavoro sono cambiati molto rispetto ad alcuni anni fa, così come le aspettative dei dipendenti. Le richieste di una maggiore flessibilità sono aumentate anche da parte degli stessi lavoratori».
La soluzione migliore, secondo la direttrice, è «lavorare sulle politiche interne delle diverse aziende». «Bisogna stabilire i principi di buona condotta e formare tutte le persone, dipendenti e manager, nella gestione del tempo libero e nella responsabilità. Le regole applicabili alle multinazionali non sono applicabili alle piccole imprese. Sarebbe controproducente uniformare il tutto».