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Crollano le borse, è il momento di arricchirsi?

L'analista finanziario Roberto Malnati: «Forse Trump ha fatto male i conti». Ecco cosa potrebbe succedere nel prossimo futuro
AFP
Crollano le borse, è il momento di arricchirsi?
L'analista finanziario Roberto Malnati: «Forse Trump ha fatto male i conti». Ecco cosa potrebbe succedere nel prossimo futuro

LUGANO - Sullo scacchiere dell’economia globale, la mossa di Trump ha pesato ancora una volta sulle Borse. Dopo il primo crollo di venerdì, la tendenza al ribasso è proseguita con l'inizio della nuova settimana. Anche in Svizzera, con l’indice SMI sceso del 6,9% pochi minuti dopo l’apertura.

I dazi spaventano, ma si tratta di una svolta epocale? Lo abbiamo chiesto a Roberto Malnati, Financial Analyst per Royalfid SA.
«Va detto prima di tutto che questa situazione non è nuova. Qualcosa di simile era già successo nel ‘71 con Nixon e l'abbandono degli accordi di Bretton Woods. Insomma, i riferimenti per capire cosa può succedere quando un cambiamento diventa epocale ci sono. In quel caso la svalutazione del dollaro aveva portato all'abbandono della convertibilità con l'oro. Una manovra che colpì il mondo intero in quanto l'America era il riferimento finanziario mondiale».

Oggi siamo così colpiti dalla volatilità delle borse.
«Ma non nella stessa misura degli americani. Loro hanno un sistema assistenziale che è fortemente dipendente dagli investimenti azionari. I fondi pensione dei lavoratori hanno una componente importante di fondi azionari».

Cosa sta succedendo adesso sui mercati. 
«Il mercato in questo momento è mosso dalla paura e dall'incertezza. Perché nessuno ha la sfera di cristallo e sa quali saranno le aziende giuste in cui investire. L'investitore dunque cosa fa? Vende». 

Con che impatto sulle aziende?
«Per ora nessuno. Lo vedremo nei prossimi giorni cosa accadrà, se ci saranno degli aggiustamenti tariffari o altro. Anche la Svizzera ancora non sa che cosa succederà esattamente».

Voi analisti finanziari come suggerite di muoversi?
«Il nostro lavoro è quello di garantire la sicurezza finanziaria altrui. E se in questo momento non ha senso insistere con la convinzione che il mercato cresce sempre, posso dire che, se si guarda alle crisi del passato, il mondo si è sempre adeguato». 

Perché le borse sono precipitate?
«Quello che è accaduto in questi giorni ha a che fare anche con le modalità con cui il mercato finanziario funziona. Da una parte ci sono i capitali veri degli investitori, dall'altra i margini finanziari concessi dagli operatori e usati per amplificare la salita dei mercati. Questi margini fungono da leva di mercato, ma quando questa leva finanziaria scende, si chiudono i rubinetti. Ecco che accade quello che abbiamo visto venerdì e all’apertura di lunedì: scende tutto, anche i beni rifugio come l’oro. Questo non ha a che fare con il valore delle singole aziende o con quello che gli succederà in futuro, ma con dei meccanismi di funzionamento del mercato. E non è una risposta emotiva, è l’operatore finanziario che ti dice che non hai più liquidità per rimanere in quell’investimento è quindi vende i tuoi titoli». 

Si può spiegare in termini pratici?
«Mettiamo di avere 100 dollari sul conto. Grazie ai margini concessi ci viene data la possibilità di investirne 500 su un titolo come Nvidia, per esempio. Se Nvidia perde il 20%, l’investitore ha praticamente perso quei 100 dollari che aveva sul conto. Quindi quei titoli, che l'operatore finanziario non può più garantire al cliente diventato insolvente, vengono venduti sul mercato».

La strategia di investimenti di Warren Buffett dice di comprare ciò che è deprezzato pensando che risalirà. Ha senso?
«Dipende. Pensiamo ad Apple, ora rischia - causa dazi - di vedere i suoi top di gamma passare da 1700 dollari a 2400 dollari. Buona parte delle aziende tecnologiche americane ha negli Stati Uniti solo la parte marketing, a volte quella progettistica. Ma la catena di approvvigionamento era in Cina ed ora è in India o in Vietnam. Con i dazi, le importazioni avranno un altro costo e spostare la catena di approvvigionamento non è così semplice. Da una parte ci vorrebbero gli anni per farlo, dall’altra i costi lieviterebbero enormemente nel produrre in loco». 

Il valore di queste aziende è destinato a non risalire più come prima?
«Buona parte delle aziende del Nasdaq erano quotate con multipli P/E (Price/Earnings) elevatissimi. Questo perché garantivano guadagni molto elevati. Avevano margini enormi, pagando un prodotto a un prezzo e vendendolo al quadruplo. Se la componentistica di colpo arriva a costare il doppio, questi margini si sgonfiano. Insomma non è che il 25% di discesa di un titolo di un'azienda che prima faceva numeri importanti sia un buon motivo per comprare. Per non parlare del fatto che negli Stati Uniti, queste valutazioni molto elevate hanno anche a che fare con un mercato, quello americano, che è costruito per oltre i due terzi dai consumi. Che a loro volta si poggiano sul debito, sulle innumerevoli carte revolving in circolazione. Con i dazi, ora, anche il potere d'acquisto dell’americano diminuirà. E l’impoverimento del consumatore americano equivale all’impoverimento del PIL americano».

L’idea di Trump è quella di spingere al consumo dei prodotti locali, alla produzione interna. 
«Può funzionare con alcuni settori, ma che costituiscono una percentuale minima del prodotto interno lordo. Ma come faranno con l’automotive o l'elettronica? La componentistica è tutta d’importazione e non si sposta uno stabilimento dall’oggi al domani». 

Trump ha fatto male i conti?
«Parla la matematica. Prendiamo Apple, mettiamo anche che voglia assorbire, avendone le possibilità, i costi in più per la produzione dei suoi prodotti per non farli ricadere sul consumatore. E che lo faccia mentre sposta gli stabilimenti in loco. La quotazione di Apple scenderà e questo si ripercuoterà sui fondi pensione della popolazione che diventerà più povera e non potrà comunque permettersi Apple». 

Le aziende erano avvantaggiate dal sistema attuale, cercheranno di difenderlo?
«Tasse ridicole e lavoro a basso costo sono state una manna per le aziende americane. Facilmente ci saranno degli spostamenti tattici. I dazi in Canada sono più bassi? Ecco l’azienda europea che lì apre una rete commerciale. Ci saranno uffici di facciata che si occuperanno solo di far figurare la merce in entrata in Canada per poi spostarla negli Stati Uniti».

È il momento di arricchirsi investendo?
«Le borse mondiali salgono in media dell'8% all'anno. Tolta l’inflazione rimane un 3% che, probabilmente, quest’anno ce lo siamo già giocato. Ci aspettano forse un paio d'anni di difficoltà, prima di veder risalire l'indice mondiale. C’è chi cercherà di arricchirsi con strumenti che si muovono molto. Ma sono estremamente volatili, quindi rischiosi. L'investitore vero è quello che mette un terzo dei soldi in borsa, un terzo nelle obbligazioni e un terzo negli immobili e, tra gli alti e bassi, continua a guadagnare più o meno quanto ha fatto fino ad ora». 

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