La società si adegua al verdetto della Corte Suprema britannica
LONDRA - Uber cambia lo status dei suoi autisti britannici: non sono più collaboratori autonomi ma dipendenti, ai quali retribuirà il salario minimo, le ferie e anche la pensione.
L'annuncio svolta, in quella che è una prima per il colosso della gig economy, segue il verdetto della Corte Suprema del Regno Unito che ha stabilito che gli autisti di Uber sull'isola vanno considerati dipendenti, non collaboratori 'autonomi'.
«Questa è una giornata importante per i nostri autisti nel Regno Unito. Ci auguriamo che tutti gli altri operatori si uniranno a noi per migliorare la qualità del lavoro», afferma Jamie Heywood, manager di Uber per il nord e l'est Europa.
Un caso che farà scuola? - La svolta di Uber potrebbe spingere gli attivisti a cavalcare il caso britannico per mettere pressione sull'app per auto con conducenti al fine di costringerla riclassificare i suoi autisti come dipendenti. Una missione non facile visto che Uber lo scorso hanno ha vinto una battaglia importante in casa, nella sua California, dove l'ha spuntata e ha ottenuto che i suoi autisti continuassero a essere considerati come liberi professionisti che prestano servizio per l'azienda e non fossero riconosciuti come dipendenti.
Una vittoria importante ottenuta non in tribunale ma alle urne, con un referendum che ha esentato le società della 'gig economy' (economia a prestazione) dall'applicare la legge statale per i loro lavoratori. Nonostante il successo, Uber ha deciso di concedere alcuni benefit, fra i quali l'assicurazione sanitaria, ai suoi autisti californiani, augurandosi che il modello California possa diventare uno standard nazionale negli Stati Uniti.
Nell'annunciare la svolta britannica Uber non precisa quanto costerà l'operazione, limitandosi a dire di non attendersi modifiche nelle previsioni per il trimestre o l'anno.