È quanto emerge da un bilancio del Commissario europeo del lavoro, Nicolas Schmit
BRUXELLES - Il telelavoro e altre forme ibride di lavoro rimarranno nel tempo all'interno dell'Ue: si stima che circa il 37% dei posti di lavoro siano impieghi in cui si può lavorare a distanza.
Nel 2019 solo il 5% degli europei lavorava in smart working. Appena un anno dopo, nell'aprile 2020, il numero è passato al 40%: è questo il bilancio tracciato dal commissario europeo del lavoro Nicolas Schmit in una conferenza sul diritto alla disconnessione organizzata dal Parlamento europeo e dall'esecutivo Ue.
«Il telelavoro può migliorare la produttività, il salario, la flessibilità e incoraggiare un buon equilibrio di vita» ha sottolineato Schmit, avvertendo anche dei problemi causati da questa modalità di lavoro, quali «condizioni di lavoro non idonee, numero d'ore di lavoro eccessivo, orari di lavoro imprevisti».
La Commissione sostiene «la digitalizzazione dell'economia europea», ma intende garantire delle «buone condizioni di lavoro e la sicurezza sul lavoro, compresa la salute mentale, nonché un buon equilibrio vita-lavoro», ha puntualizzato Schmit, mettendo in evidenza la questione degli algoritmi «sempre più presenti nel mondo del lavoro come strumento per gestire e controllare le risorse umane».
Disconnettersi, un diritto fondamentale
«Per il Parlamento europeo il diritto di disconnettersi può e deve essere considerato come un diritto fondamentale e una parte integrante dei nuovi modelli di lavoro nella nuova era digitale», ha sottolineato l'europarlamentare Alex Agius Saliba, relatore della risoluzione dell'Eurocamera sul diritto alla disconnessione, rilevando che «chi lavora da casa ha il doppio di possibilità di superare l'orario di lavoro standard».
«Prendere la comprensione» maturata in questi anni sullo smart working, ed «inserirla in un accordo da tradurre in una direttiva sotto forma vincolante» è la richiesta che proviene dai sindacati europei, rappresentati dalla vice segretaria generale dell'Etuc, Esther Lynch. Più favorevoli a un approccio basato su accordi autonomi con le parti social i datori di lavoro europei, che per bocca del direttore di BusinessEurope, Maxime Cerutti, mettono in evidenza come questa sia una «fase cruciale» in cui occorre «delineare il mercato del lavoro del futuro».