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Casco, casco, delle mie brame, chi è il più bello del reame?

A ognuno il suo. E anche più di uno
Imago
Casco, casco, delle mie brame, chi è il più bello del reame?
A ognuno il suo. E anche più di uno
Una seconda pelle.
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LONDRA - Dimmi che casco hai e ti dirò chi sei. Ebbene sì, lo avete capito, oggi parliamo di caschi.

Sapete, per noi appassionati di F1 questo periodo dell’anno è un po’ come quello in cui le squadre di calcio presentano le nuove maglie. A parte le nuove monoposto e le livree, c’è un altro dettaglio che ci fa salire l’adrenalina a dismisura, e sono appunto i caschi dei nostri amati piloti.

Il casco è come una seconda pelle. Anche ora, nonostante le stagioni nelle quali ogni pilota teneva per tutta la carriera lo stesso design siano ormai lontane anni luce. Su tutti Ayrton Senna, il cui casco era riconoscibile tra i riconoscibili, diventato storia, leggenda, non solo una fotografia ma qualcosa di vivo ancora oggi. Quelle due strisce verde e blu… quanta storia lì sopra. 

In questi anni anche questo fattore è invece cambiato radicalmente. Non esiste più il casco, esistono i caschi. Il pilota non lo si identifica più da quello che spunta dall’abitacolo. E questo è un vero peccato, per esigenze di marketing come anche per sensazioni o vissuti personali. Per esempio, a Monza i piloti della Ferrari sono soliti sfoggiare caschi che sono un tributo alla loro scuderia. A Miami, si vocifera, ne vestiranno invece due dedicati alla Ferrari… nel senso di mercato automobilistico. Imola, invece, per il francese Pierre Gasly è diventato negli anni il palcoscenico per i tributi ad Ayrton Senna. A Monte Carlo Charles Leclerc, per fare un altro esempio, punta invece su livree semplici ma di grande impatto. Nel GP di Messico, molti omaggiano la storia secolare del luogo con disegni che fanno letteralmente impazzire i designer (a proposito, parleremo anche di loro tra qualche settimana). Ricordate quello di Carlos Sainz nel 2024? Era una vera e propria opera d’arte. L’anno scorso, uno dei più apprezzati è infine stato quello di Leclerc a Monza, base in carbonio vivo e scritte in giallo: qualcosa di stupefacente. Ma siamo nel campo dei gusti personali.

Una cosa però è molto vera: i piloti di una volta erano riconoscibilissimi: i vari Clay Regazzoni, James Hunt, Niki Lauda, avevano caschi minimalisti eppure sono entrati nella storia. Oggi descrivere o ricordare un pilota per quello che indossava nella stagione X è invece diventata un’impresa da “Rischiatutto”. Ma va bene così: tutto cambia. Noi ci teniamo i caschi iconici di anni fa, e… teniamo il piede pigiato sul gas, sempre.

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