Dopo la ferrovia, si blocca anche l’autostrada. L’asse viario più importante d’Europa è KO. La preoccupazione dell’economista Remigio Ratti.
AIROLO - «Se facciamo la somma di tutto quello che è capitato quest’estate, ne esce un quadro drammatico». L’economista Remigio Ratti è preoccupato di fronte alla chiusura del tunnel autostradale del Gottardo. Quella crepa di circa 25 metri, manifestatasi nella giornata di domenica, non lo lascia indifferente. «Io l’entità esatta del danno non la conosco. Ma so che in questi casi i tecnici non vogliono e non possono lasciare nulla al caso. Quindi perlustreranno la galleria in lungo e in largo».
Che mazzata – Poche settimane fa il treno che deraglia e che rovina otto chilometri di binari all’interno del tunnel di AlpTransit. Adesso questa nuova mazzata che, di fatto, limita anche il traffico stradale. «Quel “chiuso fino a nuovo avviso” indicato dall’Ufficio federale delle strade lascia presagire che i tempi non saranno brevissimi. A livello economico la chiusura della galleria ferroviaria poteva essere ancora sopportabile. Questa volta il colpo è abbastanza grosso. I camion non li puoi deviare tutti quanti sul passo».
E se nevica? – Passo che da ore è ormai intasato. E che meteorologicamente nasconde un’incognita non da poco. «Si avvicina la stagione fredda. Sul passo potrebbe iniziare a nevicare da un momento all’altro. Il San Bernardino? Ha dei limiti. Questa situazione ci fa rendere conto di quanto la via del Gottardo sia centrale per la viabilità europea e per il commercio internazionale. Lo dico a tutti i livelli: il Gottardo va pensato in un insieme che comprende sia strada sia ferrovia».
Il secondo tubo – Il Ticino rischia di essere"tagliato fuori" per mesi dal resto della Svizzera. «Le Alpi in questo momento sono una barriera. È veramente un problema. Qui si capisce quanto è importante avere messo in cantiere il secondo tunnel autostradale del Gottardo. La Svizzera va lodata perché perlomeno ci ha pensato ed è all’opera. Siamo però vittima di un peccato originale. Avremmo dovuto costruirlo prima. Non l’abbiamo fatto a causa di interessi protezionistici».