Chi finisce in disoccupazione si trova a dovere affrontare situazioni surreali: le ricette di Mirante (Avanti) e Albertini (Ticino&Lavoro).
BELLINZONA - Uffici regionali di collocamento (URC) da ripensare. È l’appello lanciato da Amalia Mirante, parlamentare e co fondatrice di Avanti. Tante le lamentele e le richieste di sostegno per la ricerca di un lavoro raccolte dal movimento in un anno di esistenza. «Il problema più grande – sostiene Mirante – è che gli URC sembrano non riuscire a fare fronte al loro compito più importante: trovare lavoro alle persone residenti in Ticino. Paradossalmente al momento sembrano più efficaci le agenzie interinali».
«C'è chi preferisce arrangiarsi» – Le cifre, aggiornate a novembre 2023, indicano che il 2,7% dei ticinesi è in disoccupazione. Nel 2022 circa 20'000 persone si sono ritrovate a cercare un impiego tramite gli URC: 7'500 ci sarebbero riuscite. «Le statistiche – dice Giovanni Albertini, vice presidente dell’Associazione Ticino&Lavoro – lasciano il tempo che trovano. Tanti cittadini preferiscono arrangiarsi piuttosto che iscriversi agli URC. Il numero reale dei disoccupati potrebbe essere il triplo, come dimostra il tasso di disoccupazione calcolato secondo il metodo dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro».
«Poco legati alla realtà» – «Sicuramente le persone che lavorano agli URC sono competenti – riprende Mirante –. Il problema è che questi uffici sembrano poco collegati alla realtà economica. Non è possibile ad esempio che una persona che per 20 anni ha lavorato in ufficio finisca poi a fare un corso per imparare a scrivere le lettere. Oppure che si chieda nei corsi ai disoccupati di trovare aziende disposte a far loro “finti”colloqui; le aziende non hanno tempo. C’è troppa attenzione alla burocrazia, mentre manca rapidità nel dare risposta alle aziende che cercano collaboratori».
«Manca un legame tra economia e Stato» – Mirante torna sull’allusione alle agenzie interinali. «Ci dimostrano che le aziende sono disposte a pagare affinché si faccia la selezione del personale al loro posto, basta che sia ben fatta. Al momento manca un legame più forte ed efficace tra economia e Stato. Non sono partner quando si tratta di mercato del lavoro e devono diventarlo».
«Serve un vero ufficio di collocamento» – Albertini nell’ultimo decennio ha più volte formulato richieste a livello politico. Basandosi su sondaggi che rivelavano un malcontento evidente. Si va verso un atto parlamentare. «Ci sono leggi federali che pongono limitazioni importanti all’operato degli URC. Attualmente sono semplicemente strumenti di controllo. Verificano che il disoccupato cerchi lavoro e faccia le pratiche correttamente. Possono continuare a essere così. Ma allora bisogna creare un nuovo ufficio statale che si occupi davvero di collocare le persone disoccupate e di proporre formazioni davvero mirate a chi è in disoccupazione».
«Troppi documenti da riempire» – Non è tutto. Secondo Albertini urge una sveglia anche dal profilo digitale. «Al momento le aziende trovano lavoratori in tutti i modi. Ma spesso snobbano gli URC. Anche perché ci sono troppi documenti da riempire per magari essere richiamati quando c’è un profilo ideale. Con l’attuale concezione degli URC, lo Stato non sta offrendo un servizio rapido ai datori di lavoro e soprattutto non sta supportando le persone che hanno bisogno di trovare impiego».