Parla Mark Bryant, direttore del Gun Violence Archive.
WASHINGTON - «C'è chi crede che le sparatorie siano il prezzo della libertà». Scuote la testa Mark Bryant, mentre commenta con noi l’interminabile litania di stragi e incidenti legati alle armi da fuoco che si rincorrono negli Stati Uniti. Il direttore del Gun Violence Archive, da oltre dieci anni appunta danni e vittime di fucili e pistole. La sua organizzazione è il punto di riferimento di decine di studi nazionali. Mentre conversiamo, la conta delle sparatorie di massa (ovvero quelle che coinvolgono almeno quattro persone) tocca quota 283.
Per Bryant parlare di «epidemia di violenza da armi da fuoco» non è una forzatura. «Lo dicono i ricercatori di istituzioni come la Johns Hopkins University o Harvard e gli esperti di salute pubblica che analizzano i dati grezzi che la mia organizzazione raccoglie», spiega l’esperto.
Il problema, in Usa, ha varie sfaccettature. «Innanzitutto, c’è un gruppo, un partito politico che non ha alcun problema ad aumentare le armi. Sono convinti che un numero maggiore di armi renda tutti più sicuri». Effettivamente secondo recenti sondaggi dell’istituto Pew Reserch, quasi un terzo degli adulti statunitensi ritiene che ci sarebbe meno criminalità se più persone possedessero armi. Nulla di più sbagliato per il direttore. «Storicamente, più armi ci sono in un'area, più è probabile che si verifichino episodi di violenza e che le persone vengano uccise o sparate». Compresi suicidi, omicidi e lesioni non intenzionali.
Come i recenti assurdi incidenti che hanno coinvolto vittime giovanissime. Lo scorso 18 aprile ad Austin, capitale del Texas, due cheerleader sono state colpite da un proiettile nel parcheggio di un supermercato, dopo aver cercato accidentalmente di entrare nella macchina sbagliata. Qualche giorno prima, in una zona rurale dello stato di New York, una ventenne è stata uccisa dopo essere entrata in auto nel vialetto della casa sbagliata.
«Le armi sono diventate parte della cultura americana – ammette Bryant - Sono un culto, sotto certi aspetti». A dargli ragione un dato unico nel suo genere: in America ci sono più armi che cittadini, ovvero 120 pezzi ogni 100 persone. Circa il 44% della popolazione vive in una famiglia in cui è presente almeno una pistola. Inutile ricordare che a pagare il prezzo più salato sono come sempre le minoranze: gli adulti afroamericani hanno più del doppio delle probabilità rispetto ai bianchi di aver perso una persona cara in uno scontro a fuoco.
E dal 2020 le armi da fuoco sono diventate ufficialmente la principale causa di morte tra i bambini e gli adolescenti americani, superando gli incidenti automobilistici. Non accade in nessun’altra nazione occidentale. «Negli anni passati – continua Bryant - una rissa tra adolescenti, condita da rabbia e testosterone, finiva con qualche dente saltato. Ora invece ci sono le pistole». Che colpiscono anche i bambini. «Vengono uccisi dalla pistola di mamma o papà perché i genitori hanno dimenticato di riporre l’arma o hanno creduto di nasconderla».
Una riforma che preveda una regolamentazione seria e rigorosa, al momento è completamente fuori discussione.
«Finché ci sarà la polarizzazione politica che c'è ora, mi aspetto ben poco sul fronte delle riforme. Resteranno pensieri e preghiere per le vittime». Null’altro. «In questo momento l'ambiente politico è tale che l’unica cosa in cui possiamo sperare sono piccoli passi, non il grande cambiamento di cui avremmo bisogno per risolvere la questione».
Al centro del dibattito resta il Secondo Emendamento della Costituzione che sancisce il diritto ad armarsi. «Non lo elimineremo mai, per diversi motivi. Non esiste il capitale politico per farlo. Eppure, si basa su un sistema creato alla fine del Settecento e che ha funzionato bene in quel periodo. Ma le cose cambiano, non si può avere una regola statica da secoli», ammonisce il direttore.
Sullo sfondo, l’ostacolo di una Corte Suprema completamente sbilanciata. «Finché sarà così conservatrice, i passi in avanti saranno molto limitati. Se fosse più equilibrata, assisteremmo a un maggior numero di cambiamenti». Per Mark Bryant agli americani che invocano una riforma complessiva, non resta che aspettare. «Dovranno passare almeno due generazioni prima di uscire fuori da questa situazione. Intanto, escludendo i suicidi, ogni giorno cinquanta persone vengono uccise e un centinaio ferite». Centocinquanta famiglie americane colpite ogni singolo giorno dal dramma della violenza delle armi.